tag:blogger.com,1999:blog-32494546437562015242024-03-18T03:43:24.545-07:00madrigale per Luciamadrigale per Lucia onlusUnknownnoreply@blogger.comBlogger1078125tag:blogger.com,1999:blog-3249454643756201524.post-5496263946115313772024-03-18T03:38:00.000-07:002024-03-18T03:41:52.585-07:00Scalare la montagna [vincitore X edizione Premio Lucia Mastrodomenico]<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt;"><br /></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt;">Cominciamo la pubblicazione degli
elaborati dei vincitori della X edizione del “Premio Lucia Mastrodomenico”, con lo
scritto di Angela Germino, vincitrice per l’I.C. "A. Custra" (scuola media).<o:p></o:p></span></p><p>
</p><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt;">(NdR)</span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt;">“Scalare
la montagna”</span></i></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt;">Nulla è irraggiungibile o impossibile,
si può arrivare ad ogni obiettivo, anche se davanti a noi c’è una montagna
ripidissima da scalare, basta non guardare in basso e non ripetere gli errori
del passato, ma volgere lo sguardo al futuro rimanendo nel presente, per
mettere la bandierina di vittoria sulla cima della montagna.</span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt;">L’integrazione è una di quelle montagne
piena di contraddizioni da superare passo dopo passo.Al giorno d’oggi integrare
altre etnie e culture è ancora molto complicato poiché ci sono persone ancora convinte
che il “diverso” sia un delinquente o addirittura un mostro. L’ignoranza genera
paura e la paura genera odio. Molte persone, purtroppo, hanno ancora oggi nel
2024 la convinzione di rientrare in categorie superiori. Sulla base di principi
senza fondamento pronunciano parole e compiono azioni gravissime che possono
incidere pericolosamente sulla vita di altre persone.</span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt;">Giocando a pallavolo sono stata
profondamente colpita dalla vicenda di Paola Egonu: nazionale di pallavolo
2022, lei, una giocatrice italiana, considerata una delle migliori
schiacciatrici a livello mondiale, arrivò al punto di voler mollare tutto per
colpa dei tantissimi commenti razzisti da cui fu assalita. Questa grandissima
atleta mentre giocavala sua partita è crollata in un pianto a bordocampo con il
suo manager dicendo “Non puoi capire, non puoi capire, mi hanno chiesto perché
sono italiana, questa è l’ultima partita con la Nazionale.”</span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt;">Io, da pallavolista, mi sono sentita
male, perché il suo sfogo rivelavatutta la frustrazione che l’assaliva in quel
periodo. Per me è inaccettabile che una ragazza possa ritrovarsi in queste
condizioni, esausta, quando il gioco per lei dovrebbe solo essere un momento
liberatorio e gioioso e invece si è ritrovata sopraffatta dagli insulti, e
questo perché? Perchénonostante la sua forza, la sua determinazione, nonostante
fosseun elemento fondamentale per la squadra, la sua pelle scura la rendeva
sbagliata agli occhi di quanti hanno aspettano il primo errore, il momento “no”
per assalirla concommenti che non c’entrano nulla con lo sport. Voi trovate un
senso logico in questa frase? “Hai la pelle scura quindi non sai giocare a
pallavolo, fai schifo.” Io per niente.</span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt;">Io penso che il relazionarsi con persone
diverse da noi sia una fonte di ricchezza: scopri le loro abitudini, i modi di
fare, le usanze, le culture, ma soprattutto le loro storie che, se ascoltate
con il cuore, possono colpire nel profondo donando insegnamenti importanti. La
scienza dimostra che tutti siamo uguali anche con un colore di pelle diverso, apparteniamo
tutti alla stessa specie, quella dei Sapiens.La storia dovrebbe averci
insegnato che la chiusura nei conforti del diverso genera catastrofi, come testimoniano
le guerre che hanno caratterizzato il secolo scorso.</span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt;">Nella mia vita esiste un’amicizia molto
forte con un ragazzo, Samuel, lo conosco da anni, ci siamo sempre stati l’uno
per l’altro, in ogni situazione, anche quando il nostro rapporto ad un tratto è
cambiato noi c’eravamo sempre l’uno per l’altra. È il fratello che vorrò
proteggere anche quando lui non vorrà più il mio bene, anche se potrà capitare
che dopo la scuola non ci sentiremo più, lui rimarrà sempre nel mio cuore,
perché abbiamo provato ogni tipo di emozione insieme, qualcosa che solo noi conosciamo.Gli
starò sempre un passo indietro per proteggergli le spalle e ogni volta che
vorrà potrà chiamarmi e io sarò sempre lì ad ascoltarlo, a gioire per ogni suo
traguardo, anche se piccolo, io sarò in prima fila a supportarlo. È il ragazzo
più delicato che conosca, un po’complicato, ma ha un cuore di zucchero, bisogna
solo comprenderlo. Non lo ringrazierò mai abbastanza per tutte le risate, i
pianti e gli esaurimenti che mi ha fatto e mi continua a far vivere.</span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt;">Eppure Samuel ha una cosa diversa da me,
qualcosa a cui mai avevo dato peso: la sua pelle è scura. Ma non mi ha mai
derubato, maltrattato, abusato, truffato. Samuel mi fa camminare dal lato del
marciapiede e lui da quello della strada, mi apre la porta e mi fa passare per
prima, mi porta lo zaino se pesa troppo, mi dà la sua merenda se io la
dimentico, mi porta le caramelle, raccoglie i fiori da terra e me li regala,
per trovare la mia felpa mischiata tra le altre riconosce il profumo, mi
abbraccia se piango, viene a vedermi alle partite facendo sempre il tifo per
me. Nonostante abbia la pelle scura Samuelè il ragazzo più puro che io conosca
ed è per i piccoli gesti che fa ogni giorno che non lo ringrazierò mai abbastanza.
Vorrei che tutti potessero vedere Samuel con i miei occhi perché si
renderebbero conto che non è il colore a fare una persona.</span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt;">Bisogna iniziare ad avere uno dei più
grandi segni d’intelligenza: saper cambiare opinione. E’ questo per me l’atto più
nobile che possa esistere, riconoscere i propri errori per non commetterli più
e “adattarsi” alle nuove generazioni e al loro modo di pensare riconoscendo gli
errori passati ed aprendo le porte a tutte le persone che ne hanno bisogno.</span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt;">Per riuscire a far cambiare idea a chi
crede che il diverso sia orribile, bisogna far valere sempre le proprie
opinioni, uscendo fuori dal coro, diventando il solista della situazione,
urlare più forte di quanto gli altri riescono a fare, lottare concretamente per
la giustizia di persone che subiscono le cose peggiori che la vita possa riservare
e che rimangono in silenzio, subendo tutto. Bisogna non avere paura di dire la
propria, anche se il gregge va contro, perché quella montagna bisogna scalarla,
anche se si incontra una pietra davanti che farà fare qualche passo indietro,
bisogna non arrendersi mai e sudare per far valere le proprie ragioni, mostrando
fermezza e fierezza in quello che viene detto.</span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt;">Un esempio di tutto ciò l’ho ritrovato
nel libro di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso: “Non chiamateli eroi”, una
raccolta di biografie importanti: Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Don Pino
Puglisi, Lea Garofalo, Peppino Impastato, Libero Grassi, Giorgio Ambrosoli, persone
che hanno sacrificato la vita pur di dire la propria, non fermandosi mai,
nonostante la consapevolezza di andare incontro alla morte, perché sapevano ciò
che stavano facendo e sapevano anche di agire in nome della giustizia. Queste
persone hanno scalato la montagna, sono arrivate fino in cima. Ed è il loro
esempio che intendo seguiree voglio credere sempre che “Tutto è possibile
persino l’impossibile”.</span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt;">Angela
Germino<o:p></o:p></span></i></p>Associazione ArticoloNovehttp://www.blogger.com/profile/02971488276373760014noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3249454643756201524.post-62482183762759532372024-03-15T12:47:00.000-07:002024-03-18T03:34:54.430-07:00Non è il colore a fare una persona<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"></p><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 12pt;">Venerdì
15 marzo 2024, in un’atmosfera da <i style="mso-bidi-font-style: normal;">“pratica
del fare insieme”,</i> presso la splendida cornice del Complesso della
Pietrasanta, in Napoli, si è celebrata la festa dei premiati della decima
edizione del concorso per le scuole “Lucia Mastrodomenico”.</span></p>
<div style="text-align: justify;"><span style="font-size: 12pt;">In
presenza è tutt’altra cosa.<br /> </span><span style="font-size: 12pt;">La
premiazione del 23 marzo, si era svolta online, si erano nominati <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>i vincitori, letti gli scritti e visti i video
dei ragazzi, ma…..in presenza è tutt’altra cosa.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: 12pt;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;"><span style="font-size: 12pt;">La
bellezza dell’incontro e della relazione che si è creata tra i partecipanti
(studenti, insegnanti, dirigenti, volontari, ospiti) è difficilmente
riproducibile.<br /></span><span style="font-size: 12pt;">Circolava
tanta energia positiva e tanto entusiasmo che, mi permetto di dire, anche chi
ha lavorato alla realizzazione del Premio, ha vinto, oggi, il suo personalissimo
scudetto.</span><br /></div>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 12pt;">Le docenti referenti:</span></i><span style="font-size: 12pt;"> Michela Conte, Maria Costagliola, Lucrezia Girardi,
Elvira Picciola, Vera Panico, Laura Sannino, Virginia Varriale. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 12pt;">La coordinatrice </span></i><span style="font-size: 12pt;">: Maria Colaizzo. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 12pt;">Le presidi presenti: </span></i><span style="font-size: 12pt;">Fabrizia Landolfi e Antonietta Portarapillo.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 12pt;">Le socie e le amiche</span></i><span style="font-size: 12pt;"> di “Madrigale per Lucia ETS” : Emanuela Di Guglielmo,
Luisa Festa, Cinzia Mastrodomenico, Maria Vittoria Montemurro, Maria Luisa
Ronza.<o:p></o:p></span></p>
<div style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 12pt;">Gli entusiastici ragazzi</span></i><span style="font-size: 12pt;"> che hanno partecipato oggi, come alla realizzazione
degli elaborati in concorso, ben 224.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Ricordando
i nomi dei vincitori intendiamo ringraziare tutti i partecipanti.<br /></span><span style="font-size: 12pt;">Ecco
chi ha vinto:</span></div>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 12pt;">Liceo Di Giacomo</span></i><span style="font-size: 12pt;">: Biagio Borrelli, Diana Casillo, Angelica Sannino,
Emma Noviello, Chiara Coppola, Carolina Tammaro, Antonio Guadagno;<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 12pt;">Liceo Vico</span></i><span style="font-size: 12pt;">: Giordana Marigliano, Michela Vitone, Leonardo
Monarca;<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 12pt;">Liceo Umberto I</span></i><span style="font-size: 12pt;">: Ludovica Maria Taglioni;<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 12pt;">ICS Nicolini</span></i><span style="font-size: 12pt;">: Fulvio Ambrosino;<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 12pt;">ICS Custra</span></i><span style="font-size: 12pt;">: Angela Germino;<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 12pt;">ICS Russo</span></i><span style="font-size: 12pt;">:<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Emanuele
Zilocchi, Carol G. Vivenzio, Giuseppina Vitiello.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 12pt;">Pubblicheremo
nei prossimi giorni i tre scritti ed i tre video dei vincitori.</span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 12pt;">Voglio
salutare i nostri lettori con una frase di una delle vincitrici: Angela Germino,
studentessa giovanissima che, stamani, ha fatto commuovere me e, con le sue
parole, avrebbe riempito di gioia il cuore di Lucia.</span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 12pt;">Angela
racconta: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Eppure Samuel ha una cosa
diversa da me, qualcosa a cui mai avevo dato peso: la sua pelle è scura. Ma non
mi ha mai derubato, maltrattato, abusato, truffato. Samuel mi fa camminare dal
lato del marciapiede e lui da quello della strada, mi apre la porta e mi fa
passare per prima, mi porta lo zaino se pesa troppo, mi dà la sua merenda se io
la dimentico, mi porta le caramelle, raccoglie i fiori da terra e me li regala,
per trovare la mia felpa mischiata tra le altre riconosce il profumo, mi
abbraccia se piango, viene a vedermi alle partite facendo sempre il tifo per
me. Nonostante abbia la pelle scura Samuel è il ragazzo più puro che io conosca
ed è per i piccoli gesti che fa ogni giorno che non lo ringrazierò mai
abbastanza. Vorrei che tutti potessero vedere Samuel con i miei occhi perché si
renderebbero conto che non è il colore a fare una persona”</i></span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 12pt;">Roberto Landolfi</span></i></p><p></p>Associazione ArticoloNovehttp://www.blogger.com/profile/02971488276373760014noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3249454643756201524.post-553809167491205222024-03-13T05:44:00.000-07:002024-03-13T05:44:46.454-07:00Premio Lucia Mastrodomenico 13 e 15 marzo<div style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">Si è appena conclusa, alle ore 13 del 13
marzo 2024, la proclamazione online dei vincitori della Decima Edizione del
Premio Lucia Mastrodomenico.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;"><br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">I vincitori sono stati 16, tra singoli e
partecipanti a lavori di gruppo. 6 le scuole partecipanti. Numerosi i
menzionati.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;"><br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Pubblichiamo a seguire la locandina
della festa della premiazione che avverrà venerdì 15 marzo alle ore 10,30
presso il Complesso della Pietrasanta in Napoli, con la partecipazione di tutti
i premiati e i docenti referenti del Premio.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;"><br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">La Redazione</span></div>
Associazione ArticoloNovehttp://www.blogger.com/profile/02971488276373760014noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3249454643756201524.post-54607756111728075682024-03-13T05:43:00.000-07:002024-03-13T05:43:53.552-07:00<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhSj6YwwvzqdJ4bSV3EZ247xeA5AMzLa8oJl4tuI1OpDB6SdUTRy84DEBv0vW19yn7DuALWnZzQ51UrNDGZwkZYu1x3C2aYBZFHcrtVr7x_jUBYHBeN43w-PppXHX7EXqpQ1j3q2DIapOsqysVZR-A5KFPiGiJHTkydFSQh5IYicG9r5q5dVcmaaijMBAee/s2245/Locandina%2015%20marzo%20,%20Napoli.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2245" data-original-width="1587" height="852" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhSj6YwwvzqdJ4bSV3EZ247xeA5AMzLa8oJl4tuI1OpDB6SdUTRy84DEBv0vW19yn7DuALWnZzQ51UrNDGZwkZYu1x3C2aYBZFHcrtVr7x_jUBYHBeN43w-PppXHX7EXqpQ1j3q2DIapOsqysVZR-A5KFPiGiJHTkydFSQh5IYicG9r5q5dVcmaaijMBAee/w602-h852/Locandina%2015%20marzo%20,%20Napoli.jpg" width="602" /></a></div><br /> <p></p>Associazione ArticoloNovehttp://www.blogger.com/profile/02971488276373760014noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3249454643756201524.post-90019895958519791872024-03-11T02:05:00.000-07:002024-03-11T02:05:44.736-07:00Premio Lucia Mastrodomenico: la Decima a Marzo 2024<div style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Siamo giunti alla fase di proclamazione
dei vincitori della X edizione del Premio per le scuole dedicato a Lucia
Mastrodomenico.<br /> </span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;"><o:p> <br /></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">La presentazione è avvenuta il 13
dicembre 2023, a cura del Liceo Salvatore Di Giacomo, scuola organizzatrice. È
poi iniziato il lavoro dei docenti referenti, delle studentesse e degli studenti.
A febbraio, come previsto dal bando, sono stati consegnati gli elaborati
redatti dagli studenti. In queste ultime settimane si sono riunite le
commissioni valutatrici, formate da insegnanti delle scuole partecipanti e
volontari dell’ETS Madrigale per Lucia.<br /> </span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;"><o:p> <br /></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Hanno partecipato al Premio sei scuole,
tre licei e tre scuole medie (istituti comprensivi statali). Sono pervenuti
molti elaborati (scritti, disegni, video), alcuni dei quali frutto di lavori di
gruppo.<br /> </span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">È stato realizzato un notevole lavoro organizzativo
e di coordinamento. Basti pensare che sono pervenuti 156 contributi e che gli
studenti partecipanti alla decima edizione del Premio, tra singoli e gruppi,
sono stati 224.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">224 ragazze e ragazzi, adolescenti, giovani
che hanno argomentato pensieri e parole, a partire dall’analisi di una frase di
Lucia. È questo, per noi, il risultato più importante.<br /> </span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Aver fatto conoscere Lucia a tanti
giovani. <span style="mso-spacerun: yes;"> <br /></span></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;"><o:p> <br /></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Il nostro ringraziamento va a tutti
coloro che hanno partecipato al lavoro del premio, in particolare alla
coordinatrice, Maria Colaizzo; senza l’impegno continuativo e qualificato di
Maria non saremmo potuti giungere alla conclusione dei lavori; lavori che, culmineranno,
nelle due giornate dedicate alla premiazione.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;"><o:p> <br /></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Il 13 marzo alle ore 10,30 avverrà la
proclamazione online dei 6 vincitori. Abbiamo scelto di fare la premiazione online,
in quanto sarebbe stato estremamente complesso far spostare, in una sede al
centro della città, intere classi provenienti da scuole di diverse aree di
Napoli e provincia.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;"><o:p> <br /></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Due giorni dopo, venerdì 15 marzo alle
ore 10,30 avverrà la festa di premiazione cui interverranno i vincitori delle 6
scuole, le loro famiglie, i docenti referenti, i dirigenti scolastici.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;"><o:p> <br /></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Quest’ultima fase della premiazione
avverrà presso il Complesso della Pietrasanta, via Tribunali Napoli, grazie
alla disponibilità del suo Presidente, Raffaele Iovine.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">A seguire pubblicheremo una sintesi dei
lavori delle due giornate e tutti gli elaborati prodotti dai vincitori.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;"><o:p> <br /></o:p></span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Roberto
Landolfi</span></i></div>
Associazione ArticoloNovehttp://www.blogger.com/profile/02971488276373760014noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3249454643756201524.post-9713696278731637422024-03-11T02:02:00.000-07:002024-03-11T02:02:15.905-07:00<p style="text-align: center;"> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgbjnsIXkJA7kVcMNqxLOVwX8vw6ciOipt6pbBhi8ttnS0toPvQySfAzkiY7nqu8GuEpi07Jq-i4_AXXKw30Qncs92a2fgQiHcpHirQYXefnh-5CmAUOKOwmEwHB2EpMAoJKZNRPhMzTQNnrq2KEvv1EIxlXVlCw7wpT6ezP8StO1B9aWLfSCQeITRVhqVi/s5031/Picciola%20web-2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="5031" data-original-width="3579" height="894" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgbjnsIXkJA7kVcMNqxLOVwX8vw6ciOipt6pbBhi8ttnS0toPvQySfAzkiY7nqu8GuEpi07Jq-i4_AXXKw30Qncs92a2fgQiHcpHirQYXefnh-5CmAUOKOwmEwHB2EpMAoJKZNRPhMzTQNnrq2KEvv1EIxlXVlCw7wpT6ezP8StO1B9aWLfSCQeITRVhqVi/w637-h894/Picciola%20web-2.jpg" width="637" /></a></div><br /><p></p>Associazione ArticoloNovehttp://www.blogger.com/profile/02971488276373760014noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3249454643756201524.post-5010875453401485962024-03-08T07:14:00.000-08:002024-03-08T07:14:55.580-08:00<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjUGqy9RmhvgY8sFowCXnoFfnXQzwlIjQ0EUeBGAYlv7V0isM8FsEm2KN2M5Be_RPraEuodqZEN5IjGPmMxEPMy9nCjW5oG_fETogmf9aEGMFHcy7PZZigu1Ng1CMstXRteaR3dHlZRwcsVj__nzjBn4FUtkW94G8TIZfpUXsEujkoTmdRaGhOyviKdlyDH/s4000/Locandina%20Biblioteca%20Nazionale%20Napoli%20corretta.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4000" data-original-width="3000" height="851" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjUGqy9RmhvgY8sFowCXnoFfnXQzwlIjQ0EUeBGAYlv7V0isM8FsEm2KN2M5Be_RPraEuodqZEN5IjGPmMxEPMy9nCjW5oG_fETogmf9aEGMFHcy7PZZigu1Ng1CMstXRteaR3dHlZRwcsVj__nzjBn4FUtkW94G8TIZfpUXsEujkoTmdRaGhOyviKdlyDH/w638-h851/Locandina%20Biblioteca%20Nazionale%20Napoli%20corretta.jpg" width="638" /></a></div><br /><p></p>Associazione ArticoloNovehttp://www.blogger.com/profile/02971488276373760014noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3249454643756201524.post-74917209527665809142024-03-08T07:13:00.000-08:002024-03-08T07:13:57.915-08:00Sguardi di Donne<div style="text-align: justify;"><div style="text-align: center;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: left;">COMUNICATO</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: left;"> </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: left;">STAMPA</span></div><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;"><div style="text-align: justify;"><i><span style="font-size: 12pt;"><br /></span></i></div><div style="text-align: justify;"><i><span style="font-size: 12pt;">“Sguardi di Donne a 30 anni dalla Conferenza Mondiale delle Donne di Pechino
4-15 settembre 1995” </span></i><span style="font-size: 12pt;">Reportage
Fotografico di Luisa Festa</span></div></span></i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;"> <o:p></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;"><o:p> <br /></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Nell’ambito delle manifestazioni del
Marzo donna 2024 del Comune di Napoli, il <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>giorno 11 marzo 2024 alle ore 16,30 si terrà
presso la sala Rari<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>della Biblioteca Nazionale
la presentazione del libro ” Sguardi di donne<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>a 30 anni dalla Conferenza Mondiale delle donne -Pechino 1995”<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Reportage Fotografico di Luisa Festa, a cura
di Michele Miscia, <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>edito da Delta 3.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Il libro gode del patrocinio della
Fondazione Nilde Iotti, del Comune di Napoli, della Consulta Femminile della
Regione Campania, di Noi Rete Donne, dell’ETS Madrigale per Lucia e della
Biblioteca Autori Irpini.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;"><o:p> <br /></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Apriranno i lavori i saluti di Lucia
Marinelli Direttrice Delegata Biblioteca Nazionale di Napoli, della Sen. Valeria
Valente e dell’Assessore alle Pari Opportunità del Comune di Napoli.<br /> </span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Seguiranno gli interventi di Esther
Basile, Daniela Carlà, Anna Maria Carloni, Maria Iannotti, Michele Miscia, Liviana
Zagagnoni; riprese di Maria Rosaria Rubulotta; modera Carmela Maietta.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;"><o:p> <br /></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Il reportage Fotografico di Luisa Festa
consta di 100 fotografie a colori realizzato in occasione della IV Conferenza
Mondiale delle Donne di Pechino del 1995” dal titolo “Uguaglianza, Sviluppo e
Pace”.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Il reportage fotografico riprende un
breve diario di viaggio, dei momenti più salienti della Conferenza ad Huairou <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>( 30 agosto-8 settembre) e di Pechino ( dal 4
al 15 settembre)<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>. Molte foto di momenti
significativi sono rimaste fuori dalle pubblicazioni e dalle esposizioni e
quindi immagini inedite.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;"><o:p> <br /></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Ho partecipato al Forum di Huairou nel
1995, afferma Luisa Festa, in rappresentanza di alcune associazione di donne,
ed ero spinta dal desiderio di costruire reti, comunicare e capire come le
altre donne del mondo affrontassero i diritti delle donne per un vero
cambiamento del mondo; “Guardare il mondo con gli occhi di donna” era lo
slogan, ed io che ho sempre accompagnato la mia passione politica con la
passione della fotografia , desideravo<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>porgere <i style="mso-bidi-font-style: normal;">il mio sguardo di donna</i>
attraverso l’obiettivo per riportarlo alle altre donne cercando di restituire a
chi non c’ era quella precisa atmosfera.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;"><br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">I
miei scatti avevano la pretesa di fermare ogni avvenimento, i sorrisi tra le
donne, le manifestazioni giornaliere, gli sguardi pieni di speranza. Volevo fermare
i pensieri e le parole che le donne si sono scambiati nei 500 incontri
giornalieri: sulla pace, sulle discriminazioni e per un economia più giusta e
solidale, per la lotta contro la povertà e le guerre. Mi colpi la proposta di
una biblioteca del Sud nei paesi del mediterraneo per diffondere gli studi delle
donne. Le donne africane e le asiatiche avevano capito l’importanza della
cultura per emergere e difendere così i propri dritti.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Mi
hanno colpito le bambine cinesi e le giovani danzatrici che ci hanno salutato
con uno spettacolo augurale il primo giorno <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>allo stadio di Pechino e ci hanno regalato
uno spettacolo emozionante, e la folla variopinta delle donne giunte in
rappresentanza di almeno 7.000 ONG di tutto il mondo, ma soprattutto la
presenza del femminismo italiano per la prima vota nella storia delle conferenze
mondiali.”</i></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><br /><o:p></o:p></i></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Fotografie che testimoniano e
documentano la partecipazione di 35 mila donne provenienti da 186 paesi del
mondo che attraverso cinquemila workshop hanno dato via ai temi della Piattaforma
e la Dichiarazione di Pechino.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;"><o:p> <br /></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Nel Reportage sono presenti, oltre le
donne dei vari paesi del mondo, “le europee gruppi di maghrebine, di pakistane,
di guatemalteche, di nepalesi, iraniane, africane, cinesi, giapponesi, donne
indigene .tibetane …tutte insieme per rivendicare i diritti delle donne, anche tra
le 150 donne della delegazione italiana del governo ( come Susanna Agnelli,
Tina Anselmi, Tina Lagostena Bassi, Silvia Costa, Daniela Carlà) <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>e delle Ong italiane (Lidia Menapace, Bianca
Pomeranzi, Marisa Rodano, Maria Rosa Cutrufelli, Adriana Buffardi, Luisa
Gnecchi, Daniela Colombo, Irene Giacobbe, Alessandra Mecozzi).<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;"><o:p> <br /></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Tutte le partecipanti vissero una
straordinaria esperienza, con la consapevolezza di essere parte di un evento
che avrebbe indirizzato il percorso femminile in direzione dei diritti
fondamentali e della<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>parità di genere.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Il Libro è dedicato a Marisa Rodano e a
Bianca Pomeranzi, protagoniste della Conferenza, che sono scomparse
recentemente. La Prefazione del libro è <i style="mso-bidi-font-style: normal;">di
Livia Turco,</i> la presentazione è a cura della <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Senatrice Valeria Valente</i> ed arricchito dalle testimonianze di
alcune donne che hanno partecipato alla Conferenza.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;"><o:p> <br /></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">La Conferenza di Pechino del ‘95 (ultima
Conferenza Mondiale) fu un importantissimo evento che ha segnato un momento
essenziale per la conquista dei diritti delle donne. E’ quindi il risultato di
due decenni di azioni e strategie poste in essere dall’ONU per la condizione
della donna a livello globale.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;"><o:p> <br /></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Per la prima volta a Pechino i diritti
delle donne sono stati riconosciuti diritti umani e inalienabili, così come
sono state affermati i principi di empowerment e mainstreaming.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;"><br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">“La Conferenza Mondiale dell’ONU raccoglie
infatti le novità più significative dei movimenti delle donne, soprattutto del
femminismo del Sud del mondo, incentrate sulla valorizzazione della differenza
di genere come leva per una critica delle forme attuali di sviluppo e della
convivenza sociale ”. </i></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">(Livia Turco)</i></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><br /><o:p></o:p></i></span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">“La
Dichiarazione e la Piattaforma d’azione di Pechino adottate alla Conferenza
dell’ONU<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>sono nei fatti - <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>La Carta Internazionale dei diritti - delle
donne : finalmente riconosciuti i diritti delle donne come diritti umani e
fissati obiettivi in ogni campo secondo le parole chiave, come
empmpawerment,owerment,networking,mainstraming,equality,equity,gender,accountability”. </span></i></div><div style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">(Valeria Valente).</span></i></div><div style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;"><br /> </span></i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Luisa Festa con questo catalogo ha
voluto ricordare questo evento straordinario a livello globale ricco di
passione sul piano umano e politico. Dare visibilità e valore alla delegazione
italiana che nel 1995 ha dato un contributo importante alla Piattaforma e
Dichiarazione di Pechino, ancora molto attuale.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;"><o:p> <br /></o:p></span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">“Ritengo
che è importante conservare dall’oblio ognuno delle tappe della evoluzione
femminile perché in questo modo si riafferma l’importanza dei diritti
conquistati e se ne promuove la reale applicazione, oggi purtroppo violati da
alcuni paesi, e vuole essere un contributo per raccontare alle nuove
generazioni le conquiste ottenute e passare il testimone per una società più
equa e attenta ai diritti delle donne. Ho voluto realizzare questo progetto con
uno sguardo verso l’oggi a quasi 30 anni da quella esperienza insieme con le
autrici del libro che ringrazio, per dare forza alla coralità degli interventi,
</span></i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">afferma
ancora Luisa.<br /><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><o:p></o:p></i></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;"><o:p> <br /></o:p></span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Oggi,
a 30 anni dalla Conferenza, in Italia purtroppo dobbiamo riflettere sugli
ostacoli e le barriere culturali che impediscono la parità di genere, secondo
gli ultimi dati statistici ci vorranno ancora 131 anni per raggiungerla. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>In Italia l’occupazione femminile è trai le
più basse d’Europa e persiste un divario salariale tra donne e uomini
soprattutto nel privato; va segnalato il fenomeno delle dimissioni delle
lavoratrici madri (40mila e più) per mancanza di servizi per l’infanzia e
scarsa attuazione dei congedi parentali.</span></i><br /></div>Associazione ArticoloNovehttp://www.blogger.com/profile/02971488276373760014noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3249454643756201524.post-1479585023465840782024-03-06T00:56:00.000-08:002024-03-06T00:56:21.259-08:00Indomite <p style="text-align: center;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi6Twzidyctjt5d9hHgDG7kX7plfQwyQzU3pVCtFfTW2AaI2mTJN24VtVOHA568jICbPnsCGHXi7GBUyR_9sNsRZ0kc4PkTC28vXnUTE_5VJz4r_IqhDwQrnDvU4IrUn0q70KlNc7CegHcpJsN53s30hyphenhyphenZVUINffgEepZTrOdDkmxJUH-s6StvATO4Wt0_r/s1110/1.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="530" data-original-width="1110" height="280" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi6Twzidyctjt5d9hHgDG7kX7plfQwyQzU3pVCtFfTW2AaI2mTJN24VtVOHA568jICbPnsCGHXi7GBUyR_9sNsRZ0kc4PkTC28vXnUTE_5VJz4r_IqhDwQrnDvU4IrUn0q70KlNc7CegHcpJsN53s30hyphenhyphenZVUINffgEepZTrOdDkmxJUH-s6StvATO4Wt0_r/w586-h280/1.png" width="586" /></a></div><p></p><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Penelope Bagieu è una illustratrice e
scrittrice francese, che ha legato il suo nome al racconto illustrato di storie
di donne nella loro vita quotidiana ma non per questo meno straordinarie quando
non sensazionali.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">“Indomite”, pubblicato in Italia da Bao
Publishing, è una sua raccolta di trenta biografie narrate con rara capacità
espressiva e straordinaria energia. I disegni hanno colori decisi ed “indomiti”
proprio come le trenta donne inarrestabili che hanno lottato con coraggio per
affermare la loro singolarità ed il valore della loro differenza. Sono ritratti
di donne che hanno accettato e fatto comprendere il coraggio della quotidiana
fatica di vivere senza avere corpi omologati, spiriti allineati e comportamenti
dovuti.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Da “Indomite” è tratta anche una
bellissima serie francese di brevi film di animazione trasmessi in Italia da
RaiPlay, nella sezione dedicata ai ragazzi, la cui narrazione è affidata alla
voce espressiva di Isabella Ragonese.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">E’una vera e propria galleria di brevi
ritratti, durano tre minuti, di donne fuori dal comune, alcune del passato ed
altre contemporanee; tutte loro hanno fatto della loro peculiarità e dei loro
desideri la loro personalissima cifra, imponendosi in difficili contesti
culturali e sociali.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Vorrei ricordarne alcune, anche se la
serie vale la pena vederla per intero. Ad esempio Agnodice, archetipo della prima
ginecologa dell’antica Grecia, che si laureerà ed eserciterà travestita da
uomo, pur di consentire alle donne un buon parto. Ancora Josephine van Garkum
il cui amore per il marito di religione diversa andrà oltre la tomba
consentendo per la prima volta il superamento del pregiudizio tra cattolici e
protestanti. Katia Krafft insigne vulcanologa che ha contribuito alla
costruzione della più importante banca dati sui vulcani oltread aver intuito
che le popolazioni esposte per salvarsi dovessero essere preparate a gestire
gli eventi tellurici. Degna di nota Annette Kellerman, che dalla sua condizione
di rachitismo attraverso la pratica del nuoto diventerà la più grande
nuotatrice dei primi del Novecento, e soprattutto disegnerà ed indosserà con
non poco scandalo (sarà anche imprigionata) il primo costume da bagno con le
gambe e le braccia libere che diventerà un vero e proprio modello (il modello
Kellerman). E la bellissima Josephine Baker che metterà la sua fama al servizio
dei neri e della libertà contro il nazismo a fianco del generale De Gaulle.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Poi Therese Clerc, attivista politica
che contribuirà alla legge per la depenalizzazione dell’aborto nel 1975 in
Francia, e che, guardando alla madre, fonderà la prima residenza autogestita
per anziane a Montreil nel 2012. Formidabile Temple Grandin, la cui condizione
di autistica le farà scoprire nel ranch di famiglia la relazione con gli
animali e l’importanza del loro benessere, divenendo nel 1974 la autrice di un
metodo zootecnico che lei diffonderà soprattutto per dar voce alla sua
condizione di autistica.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">La lista è lunga trenta biografie tutte
meritevoli di attenzione e riflessione, di quello sguardo di apertura sul Mondo
che rischia di essere sempre più miope e sempre meno visionario.</span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">Maria
Vittoria Montemurro</span></i></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 10.0pt;">riferimenti:
<a href="https://www.raiplay.it/programmi/indomite">https://www.raiplay.it/programmi/indomite</a></span></p>Associazione ArticoloNovehttp://www.blogger.com/profile/02971488276373760014noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3249454643756201524.post-85299892431072614622024-03-05T02:23:00.000-08:002024-03-05T02:23:08.816-08:00Spiritualità e meditazione influenzano l’aspettativa di vita, ecco perché<div style="text-align: left;"><i style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">di Franco Berrino | 14 novembre 2023</span></i></div><div style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">ripreso dal Corriere della Sera</span></i></div>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Il professore:
«Certi i benefici e la ricaduta sulla salute, secondo la statistica. Causa ed
effetto vanno ancora esplorati, ma spiritualità e meditazione fanno comunque
bene»</span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Da sempre la<b> dimensione
spirituale </b>fa parte della vita dell’uomo, ma solo recentemente il
mondo medico ha iniziato a occuparsi seriamente dei suoi <b>effetti sulla
salute</b>. La spiritualità mette in sospetto gli accademici positivisti, e
l’accademia della medicina insegna a essere positivisti, meccanicisti e
riduzionisti. Da anni vari piccoli studi avevano suggerito che chi ha una vita
religiosa, chi prega e va in chiesa, muore meno, ma era difficile stabilire una
relazione di causa-effetto, perché chi va in chiesa è diverso da chi non ci va
per numerosi fattori di rischio (<b>tabacco, alcol, promiscuità sessuale, vita
sedentaria, alimentazione smodata</b>). In occidente, inoltre, partecipare a
funzioni religiose implica maggiori contatti sociali, opportunità di crearsi
una rete di relazioni, <b>maggiore supporto sociale</b>, tutti fattori che
influenzano la mortalità. Recentemente sono stati pubblicati alcuni studi che
hanno ben controllato per questi fattori confondenti.</span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Spiritualità e
aspettative di vita<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Uno studio molto
significativo è quello dell’<b>Università di Harvard </b>sulle infermiere
americane. Interrogate sulla frequenza con cui andavano al tempio (il «tempio»,
perché erano cattoliche, protestanti, ebree e di altre religioni) 15.148
infermiere avevano risposto di recarvisi più di una volta a settimana, 30.410
circa una volta, 12.103 meno di una volta a settimana e 17.872 mai o quasi mai.
Nel corso di 16 anni sono stati registrati 13.533 decessi. Dopo aver tenuto
conto di una lunga serie di <b>fattori potenzialmente confondenti </b>(età,
indice di massa corporea, esercizio fisico, stato menopausale, trattamenti
ormonali, reddito della famiglia, stato civile, scolarità del marito, tabacco,
alcol, abitudini alimentari, indicatori di supporto sociale) si è
constatato che<b> le grandi frequentatrici del tempio avevano un rischio
di morte del 33 per cento inferiore rispetto alle infermiere che non mettevano
mai piede in un luogo di culto</b>. Poiché molti vanno in chiesa solo per
consuetudine e non per devozione è possibile che la protezione sia ancora
maggiore. <b>Gli autori dello studio non danno alcuna interpretazione dei
risultati,</b> ma segnalano che la protezione era maggiore per le
infermiere afroamericane che per le donne bianche. Viene da pensare che ciò
dipenda dal fatto che le donne nere, quando vanno al tempio, cantano i gospel
(i vangeli) e i salmi, e<b> cantare libera la mente, </b>produce
endorfine, aumenta l’ossitocina (l’ormone dell’amore) e le immunoglobuline A,
diminuisce il cortisolo (l’ormone dello stress), diminuisce la depressione,
l’ansia, la rabbia, e migliora la memoria delle persone anziane e la qualità di
vita dei pazienti oncologici.</span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Oriente e
Occidente<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">In Oriente la
pratica religiosa implica molto meno la frequentazione di luoghi di culto e la
creazione di reti di supporto sociale, mentre è più rivolta alla meditazione e
a pratiche religiose più personali. <b>Uno studio condotto a Taiwan, dove
la popolazione è buddista o taoista</b>, due religioni che non riconoscono
l’esistenza di un dio creatore, ha seguito per 18 anni circa 4.000
ultrasessantenni che hanno risposto alle domande sulla frequenza con cui
pregano, leggono testi religiosi o praticano riti o altre forme devozionali per
le divinità, gli antenati, i santi. Anche in questo caso l’analisi statistica
ha controllato per un gran numero di fattori potenzialmente confondenti e <b>ha
riscontrato una mortalità significativamente ridotta in chi aveva dichiarato di
avere una vita spirituale</b>. È probabile che la preghiera, il canto, la
recitazione dei mantra e le pratiche meditative riducano la mortalità perché
spengono i geni dell’infiammazione (Vedi Capitolo 52, Il cibo dello spirito) e
riequilibrano il sistema nervoso autonomo.</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Gli effetti
della meditazione<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Magari un giorno
tutto sarà spiegato da meccanismi che nulla hanno a che fare con la
trascendenza e si troverà un farmaco che ha lo stesso effetto della
frequentazione del tempio, ma intanto <b>è saggio dedicare ogni giorno un
po’ di tempo alla meditazione </b>e cercare di trascorrere le nostre
giornate con attenta consapevolezza. Aiuterà a dare un senso alla esistenza,
ridurre l’ansia legata al fine vita, facilitare il perdono, la pazienza, la
gratitudine. Più studi su persone con gravi patologie croniche hanno mostrato
che<b> la serena accettazione della malattia, accompagnata o meno da fede
religiosa, comporta una prognosi migliore e una riduzione della mortalità</b>.
Chi reagisce con rabbia (perché proprio a me?) o con disperazione ha invece
prognosi peggiore.</span></p>Associazione ArticoloNovehttp://www.blogger.com/profile/02971488276373760014noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3249454643756201524.post-84870462280147455862024-03-05T02:21:00.000-08:002024-03-05T02:21:40.577-08:00<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhTl9vG5UpWursjeHDQR9yZK-v3HJZ28Jbt8TWWrm2ijwBTB0h9xD856ya-8S90lMR0AABrk27YuyOLctbgNxiNrVjg1GW_uXeLW9j-eI500yHLD7nw09j9xJOlHekOr_tgprWYeYMBVAF28GfC2HtKRr2xWs2JAKOivHeJE87on7RVTgPqabUfJoZCb8qL/s1754/rosanna%207%20marzo.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1754" data-original-width="1240" height="808" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhTl9vG5UpWursjeHDQR9yZK-v3HJZ28Jbt8TWWrm2ijwBTB0h9xD856ya-8S90lMR0AABrk27YuyOLctbgNxiNrVjg1GW_uXeLW9j-eI500yHLD7nw09j9xJOlHekOr_tgprWYeYMBVAF28GfC2HtKRr2xWs2JAKOivHeJE87on7RVTgPqabUfJoZCb8qL/w570-h808/rosanna%207%20marzo.jpg" width="570" /></a></div><br /> <p></p>Associazione ArticoloNovehttp://www.blogger.com/profile/02971488276373760014noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3249454643756201524.post-72047108559774541242024-03-01T04:02:00.000-08:002024-03-01T04:02:32.002-08:00Scienze computazionali. Come fu che un italiano del '400 inventò il punto decimale<div style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">di Davide Re<br /></span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">tratto da Avvenire del 21 febbraio 2024<br /> </span></i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><o:p> <br /></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"><i>Fu ideato
150 anni prima di quanto si pensasse: l'intuizione del mercante e matematico
italiano Giovanni Bianchini.</i></span></div><div style="text-align: justify;"><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><br /></span></i></div><div style="text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; font-style: italic; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjE8REAgHufOhhsI1IqDIth5S8m_9jqzjaBzndxTKYtllv_KFlp4X2z_Sh9fe78qiwkM-w4SaFCXJiZd8ZVlBpN60loRPLlZx0NeIJrwhp8Q-3-2bWL9KUNvu0Ru28F7zPI8DbollxUxGxWWffrLP1iTpDnYZ65Pw3XDOsaFC_R1qum8KxrmYgrIR07-F05/s1024/1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="682" data-original-width="1024" height="361" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjE8REAgHufOhhsI1IqDIth5S8m_9jqzjaBzndxTKYtllv_KFlp4X2z_Sh9fe78qiwkM-w4SaFCXJiZd8ZVlBpN60loRPLlZx0NeIJrwhp8Q-3-2bWL9KUNvu0Ru28F7zPI8DbollxUxGxWWffrLP1iTpDnYZ65Pw3XDOsaFC_R1qum8KxrmYgrIR07-F05/w542-h361/1.jpg" width="542" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><p class="MsoNoSpacing" style="font-style: italic;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 10.0pt; mso-fareast-language: IT;">Algoristi contro abacisti - Typ 520.03.736, Houghton
Library, Harvard University<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Sorpresa: il
punto decimale è stato inventato circa 150 anni prima di quanto si pensasse. A
rivelarlo un'analisi delle tavole astronomiche compilate dal mercante e matematico
italiano Giovanni Bianchini negli anni Quaranta del Quattrocento, pubblicata
su Historia Mathematica. Gli storici affermano che questa scoperta
riscrive le origini di una delle convenzioni matematiche più importanti e
suggerisce che Bianchini, la cui formazione economica contrastava nettamente
con quella dei suoi colleghi astronomi, avrebbe potuto svolgere un ruolo più di
rilievo nella storia della matematica più di quanto creduto in precedenza.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">"E' una
scoperta molto bella", ha detto Jose' Chaba's, storico dell'astronomia
presso l'Università Pompeu Fabra di Barcellona, in Spagna. "Il punto
decimale è stato un passo avanti per l'umanità, consentendo la facilità e
l'efficienza dei calcoli che sono alla base della scienza e della tecnologia moderne",
ha continuato Chaba's. In precedenza, si riteneva che la sua prima
apparizione fosse in una tavola astronomica scritta dal matematico tedesco
Christopher Clavius nel 1593. "Ma ora è chiaro che l'ispirazione è stata
presa da Bianchini", ha precisato lo storico dell'astronomia. Bianchini
lavorò come mercante veneziano prima di diventare amministratore dei beni della
potente famiglia d'Este, che all'epoca governava il Ducato di Ferrara. Oltre a
gestire i beni e a guidare gli investimenti, Bianchini era responsabile della
stesura degli oroscopi, il che significava che doveva padroneggiare
l'astronomia. Pubblicò diverse opere su argomenti che spaziavano dai moti
planetari alla previsione delle eclissi. Glen Van Brummelen, storico della
matematica presso la Trinity Western University di Langley, in Canada, sperava
che il lavoro di Bianchini potesse contribuire a rivelare come e quando le
conoscenze astronomiche islamiche raggiunsero l'Europa invece si è capito, da
quello scritto, che il punto decimale non è un'eredità di quella cultura ma una
vera e propria invenzione del commerciante italiano.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">"Come
mercante - ha affermato Brummelen - Bianchini avrebbe viaggiato dappertutto;
quindi, sembra naturale che abbia trovato qualcosa nella scienza islamica
durante i suoi viaggi e l'abbia usata come ispirazione. Invece, sembra che
molte cose che ha fatto siano state semplicemente frutto della sua mente
incredibilmente creativa". All'epoca di Bianchini, gli astronomi europei
utilizzavano esclusivamente il sistema sessagesimale, su base 60, ereditato dai
babilonesi. Il sistema sessagesimale è ancora oggi in uso per scrivere
latitudini e longitudini, sia celesti che terrestri. Divide un cerchio completo
in 360 gradi, ogni grado in 60 minuti e ogni minuto in 60 secondi. Ma, è difficile
eseguire operazioni come la moltiplicazione con i numeri sessagesimali.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Gli astronomi
dovrebbero convertire un valore nell'unità più piccola per effettuare il
calcolo, ad esempio, e poi riconvertirlo in seguito. Ai commercianti e ai
contabili, invece, veniva insegnato a calcolare utilizzando i pesi e le misure
del mondo reale, in cui le unità potevano essere divise in vari modi: ci sono
12 pollici in un piede, per esempio, e 3 piedi in una iarda. Per consentire
calcoli più semplici, Bianchini inventò un proprio schema decimale, descrivendo
un sistema di misurazione delle distanze in cui un piede, 30 centimetri, era
diviso in dieci parti uguali, chiamate “untie”, ognuna delle quali era divisa
in dieci minuta, e poi in dieci ”secunda”. Questo sistema non ebbe successo e
si pensa che la sua inclinazione per la base 10 non abbia influenzato la sua
astronomia. Ma, esaminando un trattato che Bianchini scrisse nel 1440,
intitolato Tabulae primi mobilis B, Van Brummelen si è reso conto
che in alcuni punti utilizzava non solo un sistema di numeri decimali, ma anche
un punto decimale come quello che usiamo oggi.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Van Brummelen
suggerisce che la formazione di Bianchini in economia potrebbe essere
stata la chiave della sua invenzione, perché non si era occupato di numeri
sessagesimali fin dall'inizio della sua carriera, come invece avevano fatto
altri astronomi. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Ma il suo
approccio era forse troppo rivoluzionario per essere adottato all'inizio.
"Per capire quello che Bianchini stava facendo, bisognava imparare un sistema
aritmetico completamente nuovo", ha concluso Van Brummelen.</span></p></div></div>
Associazione ArticoloNovehttp://www.blogger.com/profile/02971488276373760014noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3249454643756201524.post-41709348935418324902024-03-01T03:59:00.000-08:002024-03-01T03:59:29.140-08:00Basta un poco di zucchero<div style="text-align: justify;"> <br /><div style="text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhuWcA1m-c1NAHO-jgCPEpcRXsF2UH-8ZoQmyXTKjgKuynljG7rt8Awv-4ASB3xoGH6jycUHH5h1fN4dDnVx9h_DQmfewyFlQanzgaTRCYPCZSuelGzk7XGFs3zWRf7uWxz75zIestc1OxVyH7z187-sDzfrICTx1-ECsQmL3-NTYaUi3QgubdqDpJ8gG3T/s1440/1.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="708" data-original-width="1440" height="303" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhuWcA1m-c1NAHO-jgCPEpcRXsF2UH-8ZoQmyXTKjgKuynljG7rt8Awv-4ASB3xoGH6jycUHH5h1fN4dDnVx9h_DQmfewyFlQanzgaTRCYPCZSuelGzk7XGFs3zWRf7uWxz75zIestc1OxVyH7z187-sDzfrICTx1-ECsQmL3-NTYaUi3QgubdqDpJ8gG3T/w618-h303/1.png" width="618" /></a></div><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 8.0pt; letter-spacing: .25pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT; mso-bidi-font-weight: bold; mso-bidi-language: AR-SA; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT; text-transform: uppercase;"><i>THE WEATHER PROJECT,
ELIAFUR OLASSON</i></span></div><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT; mso-font-kerning: 18.0pt;"><br /></span></i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><o:p> <br /></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">L’arte
sensoriale del danese-islandese Olafur Eliasson.<br /></span><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">di Marco
Arrigoni – tratto da Il Tascabile del 18.2.2020<br /></span></i><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><o:p> <br /></o:p></span></i><a href="https://www.iltascabile.com/author/marco-arrigoni/"><i><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT; text-decoration: none; text-underline: none;">Marco
Arrigoni</span></i><i><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"> </span></i></a><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">si è laureato in lettere moderne all'Università di Milano e ha conseguito
la specialistica in Storia dell'arte dopo aver studiato alla Sorbonne Nouvelle
e all'École Normale Supérieure de Paris. Ha scritto per anni per ATPdiary e ne
è stato assistente editoriale. Ha frequentato la Scuola del Libro di Roma ed è
il vincitore del Premio di Laurea Fondazione Prada 2018, grazie al quale sta
frequentando il Postgraduate Programme in Curating alla ZHdK di Zurigo.<br /><o:p></o:p></span></i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><o:p> <br /></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Qualche tempo fa
ne </span><a href="https://www.iltascabile.com/letterature/destino-romanzo-1/" target="_blank"><i><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT; text-decoration: none; text-underline: none;">Il destino del romanzo, parte prima</span></i></a><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"> su <i>Il
Tascabile,</i> Vanni Santoni ha definito l’arte contemporanea come “un
linguaggio le cui più rilevanti espressioni sono ormai fruibili solo da
un’élite di iniziati”, dove quasi per caso “attraverso mediazioni e giudizi
qualificati si arriva a una effettiva valorizzazione”. </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><br /><o:p></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Non è la prima
volta, ovviamente. Sono gli arcani dell’arte su cui ragiona anche chi l’ha
studiata, ne scrive e cerca di cavarne un significato che lo convinca a
decidere di spenderci gran parte del proprio tempo. Più si è dentro, più i nodi
si fanno stretti.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Quante volte
capita che un amico a una mostra di arte contemporanea chieda: “Ma questa è
un’opera?”. Accade anche con opere d’arte che ormai sono parte della storia,
come l’insalata di Anselmo tra due pezzi di granito o la Merda d’artista. Ma
davvero? Cosa vuol dire? Perché costa così tanto?</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Non è sempre
semplice spiegare senza sofismi e locuzioni “da sistema” cosa significa quello
a cui ci troviamo di fronte, perché ci vuole uno spirito di trasporto genuino e
la volontà di sforzarsi per rompere le barriere della prevedibilità razionale o
della logica della riconoscibilità. Se questo piccolo passo verso l’opera non
viene compiuto, chi la fa o la spiega si chiude a riccio oppure si sente nella
posizione di dover giustificare l’azione artistica, l’esistenza di un’opera
d’arte, la sua possibilità di nascita. </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">L’arte è davvero
questione di pochi iniziati? Solo gli eletti riescono e possono capire? Io
credo che l’arte sia assolutamente democratica nel fruirla e nel riceverne
un’esperienza, non è una questione di élite, a meno che per essa si intenda
quella cerchia di persone che si approccia al discorso artistico senza troppi
dubbi o riguardi. Il primo passo che bisogna fare per incontrare l’arte è
recepirla con umiltà, senza pregiudizi e con un filo di entusiasmo; sembra una
banalità ma è così. </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Credo che un
artista che possa favorire un rapporto facilmente simbiotico con l’arte sia il
danese-islandese Olafur Eliasson, classe 1967, che da una vita fa dell’arte
un’esperienza fisica, sensoriale, erogena prima che emotiva, concettuale,
simbolica. Perché Eliasson crede che sia fondamentale arrivare allo spettatore
in un modo diretto e palese per pretendere poi lo sforzo intellettuale e
cognitivo della scoperta di un messaggio nascosto; e magari poi anche della
lettura del catalogo che spesso diventa estensione e completamento dell’opera.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><br /></span></div><div style="text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjPiMENwIyfoUbkEzIXneJx08mzmyePE2T5KUwfF64xxV3YAxL4DE78P5dClKMEAeKqlNik7vVPm12lQGUijNPnzg_OUbdTWTF4gxCGS3KgTp0Ed6tzzs-0MirQ7kVlvbGyi4NN02WsTtXQykitJy9tBgSVqP3OWVkMXQOckUPAfKC4-8-33IjHBAnF3_lQ/s600/2.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="500" data-original-width="600" height="431" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjPiMENwIyfoUbkEzIXneJx08mzmyePE2T5KUwfF64xxV3YAxL4DE78P5dClKMEAeKqlNik7vVPm12lQGUijNPnzg_OUbdTWTF4gxCGS3KgTp0Ed6tzzs-0MirQ7kVlvbGyi4NN02WsTtXQykitJy9tBgSVqP3OWVkMXQOckUPAfKC4-8-33IjHBAnF3_lQ/w516-h431/2.png" width="516" /></a></div><p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><i>The </i></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 10.0pt; mso-fareast-language: IT;"><i>Weather Project, Olafur
Eliasson, Tate Modern</i><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 10.0pt; mso-fareast-language: IT;"><br /></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Una delle sue
opere più famose è <i>The weather project</i> che nel 2003 è stata
presentata nella Turbin Hall della Tate di Londra. Lo spettatore era immerso in
una nebbia eterna creata con acqua e zucchero, illuminata da un enorme sole
arancione che irradiava tutto lo spazio e colorava ogni piccola goccia
dell’atmosfera umida. Il soffitto era un grande specchio in cui il visitatore
si vedeva riflesso come piccola sagoma scura, al di là di quel fluttuare aereo.
Forse vi si è ispirato Lars von Trier per <i>Melancholia</i>, restituendo
quell’apocalisse calda, tragica ma morbida di bellezza. Negli anni Eliasson ha
sviluppato vari progetti modificando le condizioni atmosferiche e luminose di
spazi chiusi, con lo scopo di produrre nello spettatore un disorientamento che
lo facesse riflettere su varie possibilità di percezione, sulla modificazione
sensoriale in base all’ambiente che ti ospita. Le sue opere cercano le
potenzialità delle materie esistenti, dei materiali di cui siamo circondati,
senza ricorrere a prodotti artificiali o manipolazioni.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Così è per
l’uranina, un composto organico non tossico ed ecologico che a contatto con
l’acqua la colora di verde, dipingendo lo spazio con ciò che esso stesso crea:
basta il contatto (<i>Green River</i>). Ma ha creato anche grandi cascate a New
York, costruendo sistemi di pompe dell’acqua per deviarne il corso abituale e
porre attenzione su qualcosa che l’abitudine fa scomparire (<i>The New York
City Waterfalls</i>). A Copenaghen, Parigi e Londra Eliasson ha esposto in
spazi pubblici venti grandi blocchi di ghiaccio provenienti dalla Groenlandia,
disposti a formare un orologio (<i>Ice Watch</i>). Il pubblico viveva
quotidianamente lo scioglimento dei ghiacciai e in tanti si relazionavano a questi
enti inerti sottoposti al cambiamento climatico con compassione,
abbracciandoli, baciandoli, poggiandoci l’orecchio per sentirne la storia
antica.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Eliasson non
considera l’opera d’arte come un ente passivo, ma come un ospite che si prepara
e muove in vista dell’arrivo del pubblico, cercando di anticipare e forse
soddisfare le loro aspettative ma anche i loro bisogni: hanno fame? sete? sono
stanchi o nervosi? L’opera prende forma e si adatta a un ambiente, non pretende
di nascere in un luogo e poi essere piazzata in un altro senza averlo prima
visitato ed esperito. Quindi l’opera comunica con chi la ospita e insieme con
chi lei stessa va ad ospitare, e nel tempo si ingrandisce come se su di essa
ogni sguardo depositasse un piccolo strato di vita: l’opera d’arte è per
Eliasson l’occasione generosa per gli incontri di traiettorie. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Il critico che
scriverà della mostra, il curatore che la introdurrà, l’artista stesso che la
illustrerà ma anche lo spettatore multiplo che la sventrerà con le sue mille
visioni personali non sveleranno l’arcano con le parole, né paleseranno il
Significato, ma intensificheranno un’esperienza, la indirizzeranno. Come un
cuore l’opera comincia a battere e pulsare sangue e vivendo si scopre in nuove
forme, sbaglia direzione per raggiustarsi, comunica e sparge messaggi. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Questo significa
allora prendere l’idea iniziale e incarnarla nelle persone, scoprendo come essa
si spalmi sul mondo attraverso l’uomo e come venga plasmata da questo processo.
A volte ne viene abbacinata, non si riconosce più, a volte fa un salto di
coscienza e come una cometa si lancia verso un’altra meta lasciando una scia di
luce. Oppure l’opera d’arte è come un edificio che nasce per essere vissuto e
internamente modificato dalle tante vite che vi prendono parte e insieme lo
consumano e modificano ai passi col tempo, mantenendo quindi in vita quello
scarno insieme di mattoni: l’arte è per Eliasson una relazione e come ogni
conoscenza deve avvenire con spontaneità, senza infierire con la domanda
dubbiosa sulla fregatura. Andare spesso per musei permette di avere almeno una
folgorazione, come su Tinder quando tra mille match almeno uno porta un
batticuore nella realtà. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;">
</p><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Eliasson dice
che l’opera d’arte produce realtà.</span></p><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: center;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjA-7_cRsFs3xK9NZz_42qoEDaaC9L2wmvdzrz1LLIY2kfvHiLh1mRDGiHTQEWkmLVrz6WgdxotcXcCNtOG96Gxdy_X5GmvJRm3XMd1LAtwUHJyJOjNtItF7Yjc_irEoiFXfhr42uGO_-CvRRg2Iaz9e7Zdv_bFp6z7fMKDY6J0uQvoZDPmZMQ_oBpp0lzL/s800/3.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="544" data-original-width="800" height="343" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjA-7_cRsFs3xK9NZz_42qoEDaaC9L2wmvdzrz1LLIY2kfvHiLh1mRDGiHTQEWkmLVrz6WgdxotcXcCNtOG96Gxdy_X5GmvJRm3XMd1LAtwUHJyJOjNtItF7Yjc_irEoiFXfhr42uGO_-CvRRg2Iaz9e7Zdv_bFp6z7fMKDY6J0uQvoZDPmZMQ_oBpp0lzL/w504-h343/3.png" width="504" /></a></div><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 10.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT; mso-bidi-language: AR-SA; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: IT; mso-fareast-theme-font: minor-latin;"><i>Ice Watch, Olafur Eliasson</i></span><p></p><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Dunque, partire
dai sensi, conquistarli. Non era Orazio a dire: <i>Omne tulit punctum, qui
miscuit utile dulci</i>? Unire l’utile al dilettevole, per dirla con parole
semplici, può sempre portare i suoi frutti. È un po’ come il “Spoonful of sugar
helps the medicine go down” di Mary Poppins: a volte l’arte ammalia e aiuta con
l’inganno a intrattenerci sulle tematiche che cerca di veicolare. L’arte non ti
dice cosa fare ma può avvolgere i tuoi sensi e farti sentire e scoprire te
stesso e il mondo, e il pensiero, l’emozione e l’azione saranno poi attivamente
stimolati. Di conseguenza l’arte può andare da tutt’altra parte rispetto alla
dimensione paralizzante che ci pongono le centinaia di news a cui siamo
sottoposti giornalmente, perché permette di raggiungerle non sbattendole
addosso senza filtri, ma racchiudendole come in una nuvola che prima ti
raggiunge fisicamente con un bacio e poi ha un risvolto sulla volontà.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Per titillare la
percezione dell’osservatore, Eliasson lavora con l’“immateriale”, ovvero con
qualcosa che non si mostra con un corpo definito e un colore dominante ai
nostri occhi, ma lancia il sasso e poi ritira la mano, suona il campanello ma
non si fa vedere. L’artista utilizza giochi di luce, riflessi, lenti che
deformano la realtà, vapori, suoni di sottofondo, crepuscoli artificiali,
ghiacci antartici che si sciolgono, cascate d’acqua, cambiamenti cromatici
delle acque fluviali, arcobaleni. Senza forme fisiche salienti e stabili,
Eliasson vuole fare dell’esperienza dell’arte un lavorio mentale e
intellettuale sulla percezione, per rendersi conto di provare qualcosa di
fronte ad un’opera che è esperienza, vita vissuta, un’esistenza che, pulsa,
avvolge, stravolge.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Solo dopo
scopriamo i risvolti ecologici, climatici, l’impegno dell’artista in progetti e
attività a favore dei più poveri e molto altro.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">L’arte per
Eliasson è uno spazio che accoglie e si muove con te, si modifica al tuo
respiro, segue lo sguardo e cerca di capire se valga la pena ingrandirsi ancora
di più o restringersi, rimanere immobile.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">A Zurigo fino al
22 marzo c’è una mostra di Olafur Eliasson alla Kunsthaus, dove provare a
vivere l’arte in modo avvolgente, sentire il miele che plasma le papille,
vedere se siete colti e se questa infusione vi porta poi la curiosità di
individuare la ricerca che c’è dietro ogni progetto e che in mostra prende la
forma di una mappa fatta da articoli, estratti di libri, immagini, foto di
altre opere d’arte che sono le centinaia di riferimenti e ispirazioni e basi di
un lavoro simile<u>.</u> Il grosso fardello informativo si trova solo alla fine
della mostra, prima aspettano bolle di luce, temporali di vapore, specchi in
cui scomparire, macchine di sogni. </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Mentre siete lì
immersi vi chiedete ancora cos’è l’arte? A cosa serve? Sapreste cosa
rispondere? <br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Io sì.</span></div></div>
Associazione ArticoloNovehttp://www.blogger.com/profile/02971488276373760014noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3249454643756201524.post-13179918545467183402024-02-27T08:27:00.000-08:002024-02-27T08:27:40.908-08:00<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjN_u32Oh_lhOEaUrIWL2E_4Q5auPwG8vTHN9LQVjgfSIPl_oT0-fbzLYAIOFnaXXWMRZIAqkEvNLMwPgjdYclxzXIJIhQb9LtznHGej6mAL3R8A8IFjWwLTJMZcnCVr9KsPUI-EAGC3xvV_FdiYEn5p3xV3eta1LCQGBbK0b-tqohyphenhyphene3-vzEYhQwMmH7Q3/s1600/foto%20certamen.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1131" data-original-width="1600" height="455" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjN_u32Oh_lhOEaUrIWL2E_4Q5auPwG8vTHN9LQVjgfSIPl_oT0-fbzLYAIOFnaXXWMRZIAqkEvNLMwPgjdYclxzXIJIhQb9LtznHGej6mAL3R8A8IFjWwLTJMZcnCVr9KsPUI-EAGC3xvV_FdiYEn5p3xV3eta1LCQGBbK0b-tqohyphenhyphene3-vzEYhQwMmH7Q3/w644-h455/foto%20certamen.jpg" width="644" /></a></div><br /> <p></p>Associazione ArticoloNovehttp://www.blogger.com/profile/02971488276373760014noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3249454643756201524.post-5402172381137683092024-02-27T08:26:00.000-08:002024-02-27T08:26:53.111-08:00La lettera di Albert Einstein e Hannah Arendt sulla deriva fascista di Israele<div style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">tratto da World politics, blog<br /></span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">a cura di Giulio Chinappi<br /></span></i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><o:p> <br /></o:p></span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Il 2 dicembre 1948, ventotto intellettuali ebrei, tra
i quali Albert Einstein ed Hannah Arendt, inviarono una lettera alla redazione
del New York Times per denunciare la deriva fascista imposta dal futuro primo
ministro Menachem Begin alla natura dello Stato israeliano, fondato nel maggio
dello stesso anno.<br /></span></i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><o:p> <br /></o:p></span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Agli editori del New York Times<br /></span></i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Fra i fenomeni
più preoccupanti dei nostri tempi emerge quello relativo alla fondazione, nel
nuovo stato di Israele, del Partito della Libertà (Tnuat Haherut), un partito
politico che nell’organizzazione, nei metodi, nella filosofia politica e
nell’azione sociale appare strettamente affine ai partiti nazista e fascista. È
stato fondato fuori dall’assemblea e come evoluzione del precedente Irgun Zvai
Leumi, un’organizzazione terroristica, sciovinista, di destra della Palestina.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><o:p> <br /></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">L’odierna visita
di Menachem Begin [1], capo del partito, negli Stati Uniti è stata fatta con il
calcolo di dare l’impressione che l’America sostenga il partito nelle prossime
elezioni israeliane, e per cementare i legami politici con elementi sionisti
conservatori americani. Parecchi americani con una reputazione nazionale hanno
inviato il loro saluto. È inconcepibile che coloro che si oppongono al fascismo
nel mondo, a meno che non siano opportunamente informati sulle azioni
effettuate e sui progetti del Sig. Begin, possano aver aggiunto il proprio nome
per sostenere il movimento da lui rappresentato.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><o:p> <br /></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Prima che si
arrechi un danno irreparabile attraverso contributi finanziari, manifestazioni
pubbliche a favore di Begin, e alla creazione di una immagine di sostegno
americano ad elementi fascisti in Israele, il pubblico americano deve essere
informato delle azioni e degli obiettivi del sig. Begin e del suo movimento.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><o:p> <br /></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Le confessioni
pubbliche del sig. Begin non sono utili per capire il suo vero carattere. Oggi
parla di libertà, democrazia e antimperialismo, mentre fino ad ora ha
apertamente predicato la dottrina dello stato fascista. È nelle sue azioni che
il partito terrorista tradisce il suo reale carattere, dalle sue azioni passate
noi possiamo giudicare ciò che farà nel futuro.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><o:p> <br /></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Attacco a un
villaggio arabo<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Un esempio
scioccante è stato il loro comportamento nel villaggio arabo di Deir Yassin.
Questo villaggio, fuori dalle strade di comunicazione e circondato da terre
appartenenti agli ebrei, non aveva preso parte alla guerra, anzi aveva allontanato
bande di arabi che lo volevano utilizzare come una loro base. Il 9 aprile,
bande di terroristi attaccarono questo pacifico villaggio, che non era un
obiettivo militare, uccidendo la maggior parte dei suoi abitanti (240 tra
uomini, donne e bambini) e trasportando alcuni di loro come trofei vivi in una
parata per le strade di Gerusalemme. La maggior parte della comunità ebraica
rimase terrificata dal gesto e l’Agenzia Ebraica mandò le proprie scuse al re
Abdullah della Transgiordania. Ma i terroristi, invece di vergognarsi del loro
atto, si vantarono del massacro, lo pubblicizzarono e invitarono tutti i
corrispondenti stranieri presenti nel paese a vedere i mucchi di cadaveri e la
totale devastazione a Deir Yassin.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">L’accaduto di
Deir Yassin esemplifica il carattere e le azioni del Partito della Libertà.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">All’interno
della comunità ebraica hanno predicato un misto di ultranazionalismo,
misticismo religioso e superiorità razziale. Come altri partiti fascisti sono
stati impiegati per interrompere gli scioperi e per la distruzione delle unioni
sindacali libere. Al loro posto hanno proposto unioni corporative sul modello
fascista italiano. Durante gli ultimi anni di sporadica violenza
antibritannica, i gruppi IZL [2] e Stern inaugurarono un regno di terrore sulla
comunità ebraica della Palestina. Gli insegnanti che parlavano male di loro
venivano aggrediti, gli adulti che non permettevano ai figli di incontrarsi con
loro venivano colpiti in vario modo. Con metodi da gangster, pestaggi,
distruzione di vetrine, furti su larga scala, i terroristi hanno intimorito la
popolazione e riscosso un pesante tributo. La gente del Partito della Libertà
non ha avuto nessun ruolo nelle conquiste costruttive ottenute in Palestina.
Non hanno reclamato la terra, non hanno costruito insediamenti ma solo
diminuito le attività di difesa degli ebrei. I loro sforzi verso l’immigrazione
erano tanto pubblicizzati quanto di poco peso e impegnati principalmente nel
trasporto dei loro compatrioti fascisti.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><o:p> <br /></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Le discrepanze<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">La discrepanza
tra le sfacciate affermazioni fatte ora da Begin e il suo partito, e il loro
curriculum di azioni svolte nel passato in Palestina non portano il segno di
alcun partito politico ordinario. Ciò è, senza ombra di dubbio, il marchio di
un partito fascista per il quale il terrorismo (contro gli ebrei, gli arabi e
gli inglesi) e le false dichiarazioni sono i mezzi e uno “stato leader” è
l’obbiettivo.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Alla luce delle
soprascritte considerazioni, è imperativo che la verità su Begin e il suo
movimento sia resa nota a questo paese. È ancora più tragico che i più alti
comandi del sionismo americano si siano rifiutati di condurre una campagna
contro le attività di Begin, o addirittura di svelare ai suoi membri i pericoli
che deriveranno a Israele sostenendo Begin. I sottoscritti infine usano questi
mezzi per presentare pubblicamente alcuni fatti salienti che riguardano Begin e
il suo partito, e per sollecitare tutti gli sforzi possibili per non sostenere
quest’ultima manifestazione di fascismo.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><o:p> <br /></o:p></span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Firmato:<br /></span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Isidore Abramowitz, Hannah Arendt, Abraham Brick,
rabbi Jessurun Cardozo, Albert Einstein, Herman Eisen, M.D., Hayim Fineman, M.
Gallen, M.D., H.H. Harris, Zelig S. Harris, Sidney Hook, Fred Karush, Bruria
Kaufman, Irma L. Lindheim, Nachman Maisel, Seymour Melman, Myer D. Mendelson,
M.D., Harry M. Oslinsky, Samuel Pitlick, Fritz Rohrlich, Louis P. Rocker, Ruth
Sagis, Itzhak Sankowsky, I.J. Shoenberg, Samuel Shuman, M. Singer, Irma Wolfe,
Stefan Wolfe<br /></span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">New York, 2 dicembre 1948<br /></span></i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><o:p> <br /></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Note:<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">[1] Begin
avrebbe ricoperto successivamente il ruolo di ministro tra il 1967 ed il 1970,
poi di primo ministro di Israele dal 1977 al 1983, e nel 1978 fu addirittura
insignito del Premio Nobel per la Pace. Nel 1973, aveva lasciato il Partito
della Libertà per fondare il Likud, il partito attualmente al governo di
Israele sotto la guida di Benjamin Netanyahu.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><o:p> <br /></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">[2] Irgun Zvai
Leumi, un gruppo paramilitare sionista, giudicato terrorista dal Regno Unito,
che operò nel corso del Mandato britannico sulla Palestina dal 1931 al 1948.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;"><o:p> <br /></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;"><o:p> <br /></o:p></span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt;">(segnalato
da Cinzia Mastrodomenico e Virginia Varriale)</span></i></div>
Associazione ArticoloNovehttp://www.blogger.com/profile/02971488276373760014noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3249454643756201524.post-34897733093517608082024-02-26T02:36:00.000-08:002024-02-26T02:36:31.373-08:00Perché è importante dare dignità alle lingue madri nelle scuole<div style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">di Franco Lorenzoni, insegnante<br /></span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">tratto da Internazionale di 21 febbraio 2024<br /> </span></i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><o:p> <br /></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Mi è capitato di
recente d’incontrare la responsabile di una grande organizzazione umanitaria
che mi ha detto di avere ancora alcune difficoltà nell’esprimersi in italiano.
Figlia di una polacca e di un italiano, ha passato gran parte della sua
infanzia soprattutto con sua madre, che si vergognava di parlarle in polacco.
Riteneva la sua una lingua minore, che non avrebbe aiutato l’inserimento di sua
figlia, così le ha sempre parlato solo in italiano, ma in un italiano
approssimativo, povero di parole, perché non era la sua lingua. Nonostante la
figlia abbia una vita lavorativa ricca e soddisfacente, a decenni di distanza
sente ancora il peso di quella ferita linguistica originaria, di quella
mancanza di parole.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Torno a questo
ricordo perché oggi, 21 febbraio, è la </span><a href="https://www.onuitalia.it/giornata-internazionale-della-lingua-madre/"><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">giornata internazionale della lingua madre</span></a><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">, proclamata dall’Unesco nel 2000 per “promuovere le diversità linguistiche
e culturali ed il poliglottismo”. Spesso noi maestre e maestri delle scuole
primarie suggeriamo alle mamme immigrate di parlare ai loro figli in italiano a
casa, commettendo, a volte inconsapevolmente, un grave errore. Avere pieno
possesso della propria lingua madre, infatti, è una importante premessa per
imparare la lingua del paese in cui si vive.<br /><o:p></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">La lingua madre
è una lingua </span><a href="https://dizionario.internazionale.it/parola/humus#:~:text=humus%20s.f.%20%E2%80%9Csuolo%2C%20terreno%E2%80%9D."><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">humus</span></a><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">, un terreno
fertile indispensabile per dare linfa alle lingue della formazione e
dell’incontro. Così sostiene Graziella Favaro, instancabile ricercatrice e
attivista nel campo dell’intercultura, citando </span><a href="https://www.internazionale.it/tag/autori/tullio-de-mauro"><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Tullio De Mauro</span></a><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">: “Una lingua,
voglio dire la lingua materna in cui siamo nati e abbiamo imparato a orientarci
nel mondo, non è un guanto, uno strumento usa e getta. Essa innerva dalle prime
ore la nostra vita psichica, i nostri ricordi, associazioni, schemi mentali (…)
È dunque la trama visibile e forte dell’identità”.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Nei miei anni
d’insegnamento ho collezionato alcune prove di quanto un rapporto intenso con
la propria lingua materna aiuti figlie e figli di origini immigrate, ma anche
le loro compagne e i loro compagni, che così hanno occasione di accorgersi di
quanto è grande il mondo e di come la sua bellezza stia nell’infinita varietà
delle espressioni umane che lo popolano.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Per diverse
stagioni, ad esempio, ci siamo interrogati su dove si nascondesse la matematica
e Nisrin, di origine marocchina, un giorno ha detto: “La matematica è un omino
che va in bicicletta dentro la testa. Se si ferma, cade, se corre risolve tutti
i problemi”. L’immagine era così bella che l’abbiamo scritta a caratteri grandi
sul muro della classe. La trovavo particolarmente efficace perché, ogni volta
che osservavo un bambino in difficoltà di fronte a un problema, pensavo a quel
disequilibrio e a quella caduta così ben descritta da Nisrin, che nasceva da
una sua difficoltà reale, sofferta.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Un giorno,
parlando con suo padre, gli ho raccontato della frase di sua figlia e lui mi ha
detto che in arabo matematica si dice <i>alriyadiaat</i>, parola che ha la
stessa radice di sport e di esercizio fisico, aggiungendo che evoca anche
l’idea di acrobazia. Scopriamo così che l’origine della metafora di Nisrin si
trova nella sua lingua madre, in cui a volte pensa e forse sogna.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">È vero che ogni
lingua incarna una visione del mondo diversa, o addirittura che impone
specifici schemi di pensiero a chi la parla?</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><div style="text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjkgERxGyn37Yfm7LpN-0hObwIOMJu_9nGzAw7Ge7D2TJfxhZTqzVZB9vVKUMwhpcO9Mq_5H1K4u4N8R18w-MWcD53qUh5uyGi5-bRLtaWeejV8-4xIjL3j7SYKvSTMQnOfZjP6QBAOvKfwp78igRcDORBOdhOeZIyNw4HDkNRiC90uzUiQceOGqtXyt6P_/s1024/1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1002" data-original-width="1024" height="394" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjkgERxGyn37Yfm7LpN-0hObwIOMJu_9nGzAw7Ge7D2TJfxhZTqzVZB9vVKUMwhpcO9Mq_5H1K4u4N8R18w-MWcD53qUh5uyGi5-bRLtaWeejV8-4xIjL3j7SYKvSTMQnOfZjP6QBAOvKfwp78igRcDORBOdhOeZIyNw4HDkNRiC90uzUiQceOGqtXyt6P_/w403-h394/1.jpg" width="403" /></a></div><p class="MsoNoSpacing"><a href="https://www.internazionale.it/tag/autori/james-mcelvenny"><i><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman", "serif"; text-decoration-line: none;"><span style="font-size: x-small;">James McElvenny</span></span></i></a><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></i></p><div style="text-align: justify;"><div><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Sono sempre
stato attratto dalle parole intraducibili e a volte in classe abbiamo giocato a
collezionarne alcune in diverse lingue. Sono parole che evocano l’unicità e la
lontananza di una lingua e di una cultura e, insieme, invitano a bussare a
quella porta chiusa. La parola spagnola <i>ensimismarse</i>, per esempio,
utilizzata in <i>Cent’anni di solitudine</i> da Gabriel García
Márquez per descrivere il carattere di alcuni componenti della famiglia
Buendía, azzarda la possibilità di rendere transitiva la più riflessiva e
immobile delle azioni, che è l’entrare in noi stessi.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Per anni la
nostra classe è stata gemellata con una di Ayuub, un villaggio nel sud della
Somalia nato per accogliere orfani e vedove sopravvissute alla guerra civile.
Mana Sultan, la straordinaria donna che lo ha fondato, in visita nella nostra
scuola ci ha raccontato che il somalo è una delle lingue africane che da meno
tempo conosce la scrittura. Osservando un testo scritto in somalo abbiamo
scoperto che nella trascrizione dall’orale chi aveva assegnato dei segni
scritti a quella lingua aveva scelto di arricchire molte parole di doppie
vocali, così da renderle vicine alle sonorità del parlato. Mana ci ha spiegato
che loro vivono prevalentemente in campagna, sempre all’aperto, e dunque si
chiamano e parlano a distanza. Se non ci fosse questo prolungamento dei suoni
non ci si riuscirebbe a sentire. Ecco che, in quel caso, la lingua ci parla
anche del paesaggio, dei luoghi in cui sono nati quei suoni.</span><br /></div>
<p class="MsoNoSpacing"><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Una
gerarchia ingiusta<o:p></o:p></span></b></p>
<div><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Il problema è
che anche le lingue subiscono ingiustizie e sono sottoposte a gerarchie rigide,
che a volte sconfinano in forme d’esclusione, o di vero e proprio razzismo
linguistico. È quello che è successo ai nostri dialetti nei decenni
caratterizzati dalle grandi migrazioni interne, prima della diffusione della
televisione che, insieme alla scuola di massa, ha modellato la lingua
nazionale.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Negli anni
settanta la nascita del tempo pieno, oltre ad andare incontro ai nuovi bisogni
lavorativi delle famiglie, si diffuse soprattutto nelle scuole del nord per
rispondere alla necessità pedagogica di avere più tempo per affrontare in modo
positivo le difficoltà create dalla presenza di grandi differenze linguistiche
portate dalle bambine e bambini immigrati dal mezzogiorno.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Sono più dell’11
per cento gli studenti di famiglie immigrate che, oltre a non avere diritto
alla cittadinanza, vivono sulla loro pelle una scissione linguistica netta,
dovuta molto spesso a una totale rimozione della loro lingua madre nella
scuola.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Tra i molti
progetti di educazione interculturale di qualità che si sperimentano non ha
ancora trovato lo spazio che merita la valorizzazione delle lingue madri,
mentre credo sia della massima importanza nelle nostre classi trovare tempi e
modi per dare spazio alla presenza di lingue materne di più continenti, che
vivono nelle memorie e accompagnano pensieri ed emozioni di bambine e bambini.</span></div><div><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Nelle </span><a href="https://www.istruzione.it/sistema-integrato-06/linee-pedagogiche.html"><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">linee pedagogiche 0-6 del 2021</span></a><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">, un documento del ministero dell’istruzione di grande importanza – la cui
scrittura fu coordinata da Giancarlo Cerini, uno dei migliori ispettori
scolastici che abbia avuto la nostra scuola – s’invita ad “avere attenzione
alla lingua parlata nel contesto familiare, che costituisce la base per l’apprendimento
della lingua italiana”. E poi: “Creare contesti nei quali si possono usare più
lingue consente di riconoscere il patrimonio culturale di ogni bambino, di
sviluppare abilità comunicative diversificate, di sollecitare curiosità ed
esplorazione di lingue diverse”.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">In un
altro </span><a href="https://www.miur.gov.it/documents/20182/0/Orientamenti+Interculturali.pdf"><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">documento</span></a><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> ministeriale
del marzo 2022, che delinea con lungimiranza gli orientamenti interculturali
che dovrebbero arricchire le nostre scuole, c’è scritto: “Un’educazione al
plurilinguismo (…) si deve porre obiettivi quali: il riconoscimento delle
lingue parlate da bambine e bambini nei contesti extrascolastici e la raccolta
delle biografie linguistiche; la valorizzazione di ogni lingua e della
diversità linguistica presente nella comunità; l’attivazione di processi
metalinguistici e di comparazione e scambio tra le lingue”.</span><br /><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Su un foglio
Kaifa si disegna con due linee colorate che gli escono dalla testa,
commentando: “Io parlo bangla e italiano. Le lingue sono nella mia testa e sono
come fumo. Il bangla è forte e rosso, l’italiano è leggero e di colore verde”.
Mentre Rayan dice: “Le mie lingue sono come una sciarpa. Prima girano insieme intorno
al collo, poi si dividono in due parti: una va a destra e una a sinistra”.</span><br /><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Anche le
questioni aperte che sono state raccolte durante la ricerca sono di grande
interesse. Una bambina si disegna divisa tra due bandiere, sotto cui si
domanda: “Sono indiana </span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">o</i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> sono italiana?”. Un altro bambino
decide di sostituire la </span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">o</i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> con la </span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">e</i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">, affermando
convinto: “Sono italiano e sono albanese”. Altri esempi interessanti si trovano
sul sito </span><a href="https://www.mammalingua.it/" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"><span style="color: windowtext;">Mammalingua</span></a><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">.</span><br /></div>
<div><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Favaro – che per
anni ha anche diretto la meritoria rivista interculturale Sesamo, edita da
Giunti – racconta di un’interessante ricerca condotta in alcune scuole
dell’infanzia e primarie, in cui bambine e bambini di classi multietniche sono
stati invitati a disegnare le compresenze linguistiche che incarnavano.<br /></span></div>
<p class="MsoNoSpacing"><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Una
questione delicata<o:p></o:p></span></b></p>
<div><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Durante un
piccolo spettacolo preparato a dicembre di qualche anno fa nel piccolo paese
umbro di Giove, non posso dimenticare l’emozione che traspariva nei volti delle
mamme romene quando ascoltarono due canzoni cantate nella loro lingua dall’intera
scuola primaria. Un gesto di accoglienza che riconosceva alle numerose famiglie
romene presenti nel paese piena dignità alla loro lingua.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">La questione
naturalmente è molto delicata. C’è sempre il pericolo dell’esotismo e del
paternalismo, e spesso bambine e bambini appartenenti a famiglie immigrate non
amano che siano rimarcate le loro differenze, anche linguistiche, perché sanno
sulla loro pelle quante volte la percezione delle differenze scivola in forme
evidenti o nascoste di discriminazione.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Se assumiamo
tuttavia la compresenza in classe di memorie che attingono a universi
linguistici diversi e lontani come possibilità di arricchimento culturale per
tutti le cose possono cambiare. E poiché la lingua non è solo uno strumento di
comunicazione, ma di creazione di mondi, e traccia viva dei diversi modi di
abitare e di convivere, ecco che si aprono campi di ricerca che possono
appassionare e mettere in moto piccoli e grandi.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Ngũgĩ wa
Thiong’o, grande scrittore keniano che ha pubblicato i suoi primi romanzi in
inglese, a un certo punto decise di tornare alla sua lingua madre scrivendo in
gikuyu. A chi lo criticava, sostenendo che la sua lingua era capita da pochi,
rispondeva citando Dante, a cui fu rimproverato di rinunciare all’immortalità,
scrivendo la sua Commedia in italiano: “La lingua gikuyu per me è come latte
materno di cui non posso fare a meno”.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Dal punto di
vista linguistico nelle famiglie immigrate succede di tutto. Ci sono a volte
madri che vivono gran parte del loro tempo isolate in casa, che non parlano
quasi l’italiano ma che più o meno lo capiscono, perché i loro figli si
rivolgono a loro nella lingua dei compagni, della scuola e del gioco. Ci sono
bambine e bambini a cui a volte è cambiato il nome, sostituito per precauzione
con uno italiano, sospettando che gli italiani difficilmente compiranno lo
sforzo di chiamarli per esempio con il loro nome cinese. La doppia appartenenza
è così sancita addirittura da nomi diversi, impiegati in contesti diversi, che
può generare scissioni di cui non abbiamo ancora piena consapevolezza.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Il poliglottismo
in molti paesi del sud del mondo è la norma, per via di secoli di
colonizzazione e per i continui spostamenti di popolazioni. Raccontando di un
suo incontro con Ivan Illich, Alexander Langer ha appuntato queste sue frasi
intorno a cui sarebbe interessante riflettere e discutere: “Ricreare un’aura di
convivenza, di tolleranza dell’alterità (anche linguistica) è il presupposto
per la riscoperta del plurilinguismo: questo conta molto di più che non i corsi
di lingua o le invenzioni scolastiche. Pensate quante caratteristiche del
parlare si sono cancellate e uniformate: dall’intonazione agli accenti, dal
tono alla voce, dalla melodia alla frequenza dei vocaboli. Le lingue sono molte
di più di quante non ne segni la linguistica, le cui pretese ideologiche devono
essere smascherate come tutte le altre pretese di delimitazioni scientifiche
fatte in realtà in nome dell’economia, per rendere più misurabile,
amministrabile e dominabile il mondo”.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">C’è ancora molto
lavoro da fare perché tutte le lingue madri trovino un loro posto nella scuola,
nonostante sia evidente che costituiscano ponti indispensabili per una
comprensione reciproca più aperta e profonda. Tutto deve partire dalla
curiosità di noi insegnanti, che dovremmo sempre coltivare attenzione verso il
mondo intimo e spesso nascosto delle bambine e dei bambini a cui insegniamo.</span></div></div></div></div>
Associazione ArticoloNovehttp://www.blogger.com/profile/02971488276373760014noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3249454643756201524.post-4435485603685728122024-02-26T02:29:00.000-08:002024-02-26T02:29:19.849-08:00Se occupi, ti boccio. La scuola che vuole Valditara è fuori dalle regole <div style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT; mso-font-kerning: 18.0pt;">di Vitalba Azzolini<br /></span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT; mso-font-kerning: 18.0pt;">tratto da “Domani” del 19
febbraio 2024<br /></span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT; mso-font-kerning: 18.0pt;">ripreso da Valigia Blu<br /></span></i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT; mso-font-kerning: 18.0pt;"><o:p> <br /></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Secondo le
disposizioni in vigore, il voto in condotta deve valutare la maturazione e la crescita
civile e culturale dello studente durante l’intero anno scolastico. Non può
essere deciso da un singolo episodio. Un’eventuale norma che consideri
responsabili di danneggiamenti tutti quelli che partecipano all’occupazione,
salvo dimostrare di esserne estranei, solleva perplessità in diritto.</span><a href="https://www.editorialedomani.it/abbonamenti/"><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT; text-decoration: none; text-underline: none;"><br /></span></a><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Chi occupa e devasta una scuola deve essere bocciato, ha affermato il ministro
dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, a proposito di ingenti danni causati
durante occupazioni scolastiche. Il ministro ha pure detto di avere allo studio
«</span><a href="https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2024/02/12/valditara-chi-occupa-e-danneggia-dovrebbe-essere-bocciato_3c6ed5ae-6336-4e3f-8e43-8741173570d7.html"><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT; text-decoration: none; text-underline: none;">una norma</span></a><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"> per far sì che chi occupa, se non dimostra di non essere coinvolto
nei fatti, risponda civilmente dei danni che sono stati cagionati». Le
affermazioni di Valditara sollevano diversi dubbi e, pertanto, è necessario
valutarle alla luce del diritto.<br /><o:p></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><o:p> <br /></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Occupare è reato<span style="text-transform: uppercase;">?<br /></span></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Occorre,
innanzitutto, verificare come stanno le cose sul piano penale. Per la
giurisprudenza prevalente, l’occupazione di scuole non concretizza il reato di
“invasione di terreni o edifici” (art. 633 c.p.). Manca, infatti, la volontà di
prendere possesso del bene in maniera duratura, elemento previsto dalla norma
penale: il fine delle occupazioni è solo quello di protestare per ottenere
l'accoglimento di certe istanze. La Corte di Cassazione (sentenza n. 1044/2000)
ha anche affermato che non c’è reato di invasione perché l’edificio scolastico,
«pur appartenendo allo Stato, non costituisce una realtà estranea agli
studenti», i quali possono accedervi anche al di fuori delle ore di lezione.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Tuttavia,
potrebbe ricorrere il reato di “interruzione di pubblico servizio” (art. 340
c.p.), se con l’occupazione si impedisce il regolare svolgimento delle lezioni,
e “violenza privata” (art. 610 c.p.), nel caso in cui venga impedito l’accesso
nella scuola a chi ha diritto a entrare.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Qualora poi nel
corso dell’occupazione si verifichino atti di vandalismo, può configurarsi il
reato di “danneggiamento di beni pubblici” (art. 635 c.p.) e “deturpamento e
imbrattamento di cose altrui” (art.639 c.p.).<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><o:p> <br /></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Il Ministero
dell’Istruzione:<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Con una </span><a href="https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2024/02/05/mim-denunce-per-chi-occupa-e-pagamento-danni-alle-scuole_435d6ad2-503c-45d9-b856-99d977535c2b.html"><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT; text-decoration: none; text-underline: none;">nota del 5
febbraio scorso</span></a><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">, il ministero dell’Istruzione ha definito i principi
che i dirigenti scolastici devono seguire in caso di occupazione. Essi sono
tenuti a denunciare eventuali reati – come quelli sopra indicati – e dovranno
porre a carico degli studenti responsabili «le spese per le pulizie
straordinarie e per il ripristino di arredi, pc e ogni altra attrezzatura di
proprietà della scuola».<br /><o:p></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Provvedimenti
condivisibili: “chi rompe paga”. È vero che le spese, di fatto, sono sostenute
dai genitori, ma è pure vero che questi ultimi non sono esenti da
responsabilità: ai sensi del codice civile, hanno il potere-dovere di
esercitare il controllo e la vigilanza sul comportamento dei figli minori, e
rispondono degli illeciti da essi compiuti. A carico dei ragazzi, oltre al
rischio di denunce penali, ci sono le misure previste nei regolamenti di
istituto. E altre saranno sancite dalla </span><a href="https://www.senato.it/leg/19/BGT/Schede/Ddliter/57724.htm"><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT; text-decoration: none; text-underline: none;">riforma</span></a><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"> in materia di “valutazione del comportamento di studenti e
studentesse”, predisposta dal ministro e attualmente in discussione.<br /><o:p></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><o:p> <br /></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Le Affermazioni
e le regole:<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Dopo alcune
polemiche, Valditara ha chiarito che l’eventuale bocciatura legata al
comportamento dello studente resta rimessa all’autonomia scolastica. Non
potrebbe essere diversamente. Il voto in condotta, dal quale può derivare una
bocciatura, non può basarsi su un singolo episodio, ma «deve scaturire da un
giudizio complessivo di maturazione e di crescita civile e culturale dello
studente in ordine all’intero anno scolastico» (decreto ministeriale n.
5/2009).<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Inoltre, tale
voto è personale, e non può essere assegnato in base ad un comportamento
collettivo (DPR n. 249/1998). Il «maggiore peso» che al voto in condotta è
attribuito dalla citata riforma di Valditara non incide su questi principi.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT; text-transform: uppercase;"><o:p> <br /></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Rovesciare le
responsabilità:<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Una norma come
quella ipotizzata da Valditara, che consideri in ogni caso responsabili degli
eventuali danneggiamenti tutti i ragazzi presenti all’occupazione, salvo quelli
che dimostrino di esserne estranei, solleva perplessità sul piano del diritto.
Chiunque, per ottenere un risarcimento, deve provare che il danno è stato
commesso dalla persona da cui vuole essere risarcito.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Le scuole
godrebbero, invece, di una posizione di privilegio, attraverso un ribaltamento
dell’onere della prova, di cui non si comprendono le motivazioni. Peraltro,
l’occupante dovrebbe fornire una prova negativa - non aver partecipato al
danneggiamento - che è una prova diabolica, e lede il diritto di difesa.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Come fa presente
la Corte di Cassazione (sent. n. 5744/1993), i “fatti negativi” sono «fatti non
accaduti, e (…) non è possibile dare la dimostrazione di un “non accadimento”».
Ci si augura che su questo punto il ministro cambi idea. Per insegnare ai più
giovani la cultura della responsabilità si evitino forzature, anche di diritto.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><o:p> <br /></o:p></span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Vitalba Azzolini<br /> </span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Giurista, lavora presso un'Autorità indipendente. È
autrice di articoli e paper in materia giuridica, nonché di contributi a libri
per IBL. A titolo personale.</span></i></div>Associazione ArticoloNovehttp://www.blogger.com/profile/02971488276373760014noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3249454643756201524.post-35110821611054702062024-02-23T05:51:00.000-08:002024-02-23T05:51:45.953-08:00L’esempio di Alexandra Ndolo<div style="text-align: left;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">di Olga
Campofreda<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">tratto da </span><a href="http://www.ultimouomo.com/" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">www.ultimouomo.com</span></a><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;"> del 16 febbraio 2024</span></div><div style="text-align: left;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; letter-spacing: .2pt; mso-fareast-language: IT;">Pubblichiamo un estratto di “Fondamentali. Storie di atlete che hanno
cambiato il gioco”, nuovo libro sullo sport femminile edito da 66thand2nd a
firma di Giorgia Bernardini, Olga Campofreda, Elena Marinelli, Tiziana
Scalabrin e Alessia Tuselli. Se volete acquistare il libro potete farlo </span></i><a href="https://www.ibs.it/fondamentali-storie-di-atlete-che-libro-vari/e/9788832973204" target="_blank"><i><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; letter-spacing: .2pt; mso-fareast-language: IT;">cliccando qui</span></i></a><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; letter-spacing: .2pt; mso-fareast-language: IT;">.</span></i></div>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; letter-spacing: .2pt; mso-fareast-language: IT;">Due schermitrici si fronteggiano su una pedana: una è la quarta spadista
più forte del mondo, l’altra invece è la numero trentasette del ranking
internazionale. A chi le osserva da fuori risulta evidente quanto ciascuna a
suo modo stia cercando di stemperare l’ansia in vista dell’assalto che sta per
cominciare. Sono atlete professioniste, sappiamo che entrambe hanno lavorato
molto per arrivare a così pochi passi dalla medaglia d’oro, eppure, in questo
preciso istante, la sola cosa che conta è la risposta a una domanda ben
precisa: chi è – delle due – quella che ha più paura dell’avversaria?</span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; letter-spacing: .2pt; mso-fareast-language: IT;">Nel video della semifinale di spada femminile ai mondiali del Cairo 2022,
su un totale di ventitré minuti ben centottanta secondi sono occupati dagli
sguardi che Rossella Fiamingo e Alexandra Ndolo lanciano l’una in direzione
dell’altra, mentre aspettano che l’incontro abbia inizio. Ci sono stati
problemi tecnici al tabellone che registra il tempo e le stoccate, ma nessuna
delle due atlete si sposta da quei quattordici metri di metallo. Nessuna delle
due vuole essere la prima ad allontanarsi, in attesa che arrivi l’arbitro ad
annunciare l’inizio. Sono tre minuti di grande tensione che la telecamera
riconosce e non può fare a meno di catturare nel dettaglio. L’operatore che
quel giorno si trova dietro la macchina da presa deve sapere quanto il
linguaggio del corpo delle due atlete contenga informazioni preziose per
decifrare lo scontro che sta per essere disputato.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; letter-spacing: .2pt; mso-fareast-language: IT;">Gli occhi dell’italiana sullo schermo sono grandi, spalancati, ad
abbracciare tutti gli esiti possibili che di lì a poco potrebbero verificarsi;
Ndolo, invece – atleta afroeuropea che indossa i colori della Germania – ha
un’espressione divertita, quasi distratta. Di tanto in tanto muove le gambe sul
posto, accenna un veloce riscaldamento che sembra riprendere dei passi di
danza, come se intorno ci fosse una musica leggera piuttosto che il silenzio
assordante dell’attesa.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; letter-spacing: .2pt; mso-fareast-language: IT;">La telecamera insiste sulle due scene, le alterna, e nel farlo presenta i
profili di due avversarie che si incontrano in due momenti molto diversi delle
loro carriere. Fiamingo, due volte campionessa del mondo, vanta in curriculum
un argento olimpico individuale a Rio 2016 e un bronzo a squadre a Tokyo 2020.
Ndolo, dal canto suo, alle Olimpiadi non c’è mai arrivata. Dopo un bronzo e un
argento europei nel 2017 e nel 2019, questo match sancisce l’accesso al suo
primo podio mondiale.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; letter-spacing: .2pt; mso-fareast-language: IT;">La scherma può essere uno sport estenuante. Negli eventi internazionali,
nell’arco di sole quarantotto ore si passa dai gironi di qualificazione alle
eliminazioni dirette, e forse è stata proprio quell’apparente assenza di
fatica a colpirmi la prima volta che ho visto Alexandra Ndolo sulla pedana.
Quel giorno al Cairo la schermitrice tedesca era in sincronia con il tempo,
anzi, il tempo riusciva proprio a vederlo: per chi insieme a me stava seguendo
da casa la diretta sul canale YouTube del Mondiale, c’era la strana sensazione
di percepire tutte le altre atlete come al rallentatore, mentre solo lei,
Ndolo, entrava veloce nei movimenti d’attacco bloccando le avversarie con la
loro gamba anteriore ancora sospesa da terra, nell’atto di accennare un passo.
Benché efficace e precisa, trovavo qualcosa di inafferrabile nella scherma
della spadista tedesca, nel suo stile non propriamente elegante, non bello ma
esatto, in quella guardia solida che, all’improvviso, al momento decisivo si
rivelava agile… Chi era quella donna dai risultati incostanti che però sapeva
stare in piedi senza indietreggiare davanti a un’indiscussa regina della spada
come Rossella Fiamingo?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; letter-spacing: .2pt; mso-fareast-language: IT;">Il palmarès dei campioni e delle campionesse riporta sempre e solo una
parte della storia, quella che è degna di essere registrata negli annali;
l’altra parte dell’arazzo però è fatta di cuciture e sfilacciamenti, di
occasioni mancate, di sconfitte e ritardi, senza i quali non potrebbe esserci
il grande disegno frontale. Una delle cose che non si raccontano quasi mai, ma
che in uno sport minore come la scherma risulta determinante, è il motivo per
cui un’atleta ha deciso di dedicare la sua vita proprio a questa disciplina.
Una sala d’armi vicino casa, un professore appassionato che mette su un piccolo
doposcuola con fioretti e maschere di plastica, un genitore o un familiare che
in gioventù si era distinto in pedana sono solo alcuni dei motivi ricorrenti
che possono accendere il desiderio di cominciare a combattere. Poi ci sono
altre ragioni, forse perfino più importanti, e sono quelle che – nonostante
tutti i lividi e le stoccate prese – col passare del tempo sulla pedana ti
convincono a restare. Certe volte la motivazione ha a che fare con l’aver assistito
alla vittoria di un campione o di una campionessa che ci ha toccati nel
profondo, e in parte è proprio questo aspetto che si colloca al cuore della
storia di Alexandra Ndolo. Raccontarla significa anche ragionare sull’impatto
decisivo dei modelli femminili nel mondo dello sport e sulla loro visibilità.</span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; letter-spacing: .2pt; mso-fareast-language: IT;">Nel saggio Anonymous is a Woman la storica iraniana Nina Ansary ha discusso
il rapporto tra <i>role model</i> ed emancipazione delle donne
partendo dall’assunto che è difficile «essere ciò che non puoi vedere»; per
«essere», e quindi incarnare un futuro, è necessario prima di tutto immaginare
una strada e pensarla possibile, un processo che si realizza soprattutto grazie
a esempi di esperienze precedenti. In un mondo come quello dello sport, in cui
il racconto delle discipline maschili occupa uno spazio di gran lunga maggiore
rispetto a quello delle discipline femminili, per una donna immaginare di
trasformare la propria passione sportiva in una carriera non è un passo
immediato. Se poi l’atleta in questione appartiene a una minoranza, la
situazione è ancora più complessa. Quanto la questione dei modelli di
riferimento fosse centrale nel percorso di Alexandra Ndolo l’ho capito solo nel
cor- so di quella semifinale mondiale seguita a distanza, nel 2022, catturata
da un gesto che mi è sembrato familiare. Ancora oggi, tornando alle riprese di
quell’assalto, nei primi secondi dell’ultimo round possiamo vedere Ndolo – in
leggero vantaggio – che colpisce l’italiana con un balzo in avanti, eseguito in
contrattacco su un tempo perfetto. Lo fa accovacciandosi sulle gambe,
sottraendo il proprio corpo alla punta dell’altra. Per una schermitrice si
tratta di un movimento coraggioso: non si può contare sull’equilibrio totale,
e se la stoccata non va a segno si rischia di esporre troppo la spalla del
braccio armato. Mentre guardavo il match in tempo reale, mi sono chiesta il
perché di un’azione tanto avventata in un momento così delicato, allora sono
tornata a rivedere il video più volte, fino a quando alla silhouette di Ndolo
che colpisce Fiamingo si è sovrapposto il ricordo di un altro assalto, ben
più famoso, ormai lontano decenni. Quel gesto – quel balzo in contrattacco –
è un amuleto che aiuta l’atleta a sentirsi invincibile, e rinnova di volta in
volta una rivelazione importante collocata proprio all’inizio della sua storia.
Nei mesi successivi al Mondiale egiziano ho cercato Alexandra perché me la
raccontasse di persona.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; letter-spacing: .2pt; mso-fareast-language: IT;">Bayreuth è una città di provincia non troppo lontana da Monaco di
Baviera. È un luogo sonnolento e immobile, nel quale ogni abitante si
assomiglia: sono tutti bianchi, di una certa borghesia benestante, perlopiù
conservatori. È in questo contesto che negli anni No- vanta Alexandra Ndolo
inizia a muovere i primi passi sulla pedana. Vent’anni dopo, quella bambina dai
capelli riccissimi con gli occhi scuri sarebbe diventata la prima donna nera
della nazionale femminile di spada e – tra il 2017 e il 2022 – anche la
spadista tedesca più forte in campo internazionale. Classe ‘86, attivista del
movimento Black Lives Matter e femminista, nel 2022 quest’atleta ha scritto una
pagina di storia sportiva portando in una Coppa del Mondo di scherma i colori
del Kenya. Con un piccolo dettaglio: per farlo ha dovuto fondare dal nulla una
federazione che la sostenesse.</span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; letter-spacing: .2pt; mso-fareast-language: IT;">Se certe carriere sportive possono essere lette come parabole, questo è
vero in modo particolare per la storia di Alexandra Ndolo, una donna che
attraverso lo sport è stata chiamata a fare i conti con le proprie radici
culturali. Nella sua biografia il sangue kenyano del padre si intreccia a
quello polacco della madre, e perfino il suo stile schermistico, a osservarla
con attenzione, riflette in pieno l’esperienza di chi ha fatto degli innesti
culturali un punto di forza, una forma tutta personale di libertà. Il fisico
imponente e longilineo assorbe la solidità di una posizione di guardia di
stampo ungherese – a schiena dritta, non protesa verso l’avversario –, la
precisione dei passi – misurati e ingannevoli – prende spunto dalla scherma
italiana, mentre la predilezione per i colpi d’arresto arriva dalla scherma
francese.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; letter-spacing: .2pt; mso-fareast-language: IT;">Negli anni Ndolo si è lasciata ispirare dalle avversarie che ha incontrato
lungo il suo percorso, dai maestri che ha incrociato, dalla scherma che le è
girata intorno negli eventi internazionali. La spada per lei è sempre stata
questo: l’arma dell’estrema libertà, quella che permette di andare a segno
senza l’impaccio della convenzione. Se nel fioretto o nella sciabola sono
privilegiati i colpi d’attacco o quelli che seguono una parata, non è così
nell’unica disciplina che invece si qualifica come arma totale. Nella spada
c’è il colpo doppio, perché nei duelli, toccandosi con la lama nello stesso
istante, ci si sarebbe feriti a vicenda. E allora la strategia diventa più
complessa, più drammatica ma anche più creativa.</span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; letter-spacing: .2pt; mso-fareast-language: IT;">«Mi stai dicendo che posso fare tutto quello che voglio con una spada in
mano a patto che non esca dalla pedana?» aveva chiesto Ndolo, da bambina.
Qualcuno le ha detto di sì e a lei deve essere sembrato un sogno.</span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; mso-bidi-font-weight: bold; mso-fareast-language: IT;">Olga Campofreda ha un PhD in Italian studies.
Insegna scherma nell'Under 20 del GB team.</span></i></p>Associazione ArticoloNovehttp://www.blogger.com/profile/02971488276373760014noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3249454643756201524.post-70407155308943251302024-02-21T06:59:00.000-08:002024-02-21T06:59:48.336-08:00Sanità frantumata<div style="text-align: left;"><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT; mso-font-kerning: 18.0pt;">L’articolo che segue, tratto
da Quotidiano Sanità, mette bene in evidenza le differenze regionali in materia
sanitaria, esistenti in Italia. È un trend che va avanti dal 2001, anno in cui
fu approvata la modifica del titolo V della Costituzione che ha introdotto, tra
l’altro, il regionalismo sanitario.<o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT; mso-font-kerning: 18.0pt;">In sanità le Regioni comandano. A Governo e
Parlamento restano essenzialmente funzioni di Coordinamento e Verifica. La
Gestione è saldamente in mano alle Regioni e, tramite queste ultime, alla
Aziende Sanitarie Locali ed Ospedalieri.<o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT; mso-font-kerning: 18.0pt;">Dopo 20 anni e più il Servizio
Sanitario Nazionale(SSN) è quanto mai frantumato. Ci sono regioni dove i
servizi ambulatoriali ed ospedalieri funzionano bene; altre in cui funzionano
male se non del tutto assenti. Tra queste ultime, e non sorprende, vi sono
anche alcune regioni del Nord (ovest), come si evince dalla tabella che segue. <o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT; mso-font-kerning: 18.0pt;">In Italia l’applicazione dei
Livelli essenziali di Assistenza (Lea) è disomogenea e manca uniformità nell’erogazione
delle cure, sia in materia di prevenzione che di assistenza territoriale ed
ospedaliera.<o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT; mso-font-kerning: 18.0pt;">I fautori dell’Autonomia
Differenziata (AD) dovrebbero riflettere su questi allarmanti dati. L’applicazione
dell’AD, comporterebbe un ampliamento delle differenze regionali in sanità, e
coinvolgerebbe la scuola, i servizi sociali, gli asili nido, la protezione
civile etc.</span></i></p><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT; mso-font-kerning: 18.0pt;">Un’Italia sempre più “differenziata”, sempre
più divisa, difficilmente digeribile, in primo luogo, da parte degli assertori
di una Italia/ Nazione, unita e forte. </span></i></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT; mso-font-kerning: 18.0pt;">(RL)</span></i></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT; mso-font-kerning: 18.0pt;"><b>“Più della metà delle Regioni non garantisce le cure essenziali”. </b><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT; mso-font-kerning: 18.0pt;">Al top Veneto, Emilia-Romagna e Toscana. Flop in Valle d’Aosta, Calabria e
Sardegna. I dati provvisori dei Lea per il 2022.</span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">di Luciano Fassari,</span></i><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><br />
tratto da Quotidiano Sanità del 19 febbraio 2024</span></i></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">È quanto emerge dai primi dati provvisori del
Ministero della Salute che fotografano un peggioramento sulla fornitura delle
cure essenziali con ben 12 tra regioni e Pa che risultano insufficienti in
almeno uno dei tre macro indicatori (prevenzione-ospedale-territorio) e appena
9 che raggiungono la sufficienza. Un dato in peggioramento rispetto all'anno
precedente.</span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-bidi-font-weight: bold; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Peggiorano i
risultati sulle cure essenziali in Italia. Nel 2022 appena 9 regioni su 21 le
garantiscono a pieno. Sono ben 12 (erano solo 7 nel 2021) tra regioni e Pa che
non riescono ad essere sufficienti in tutte e tre le macro aree
prevenzione-ospedale-territorio). Al top troviamo il Veneto, seguito da
Emilia-Romagna e Toscana. Bene anche Lombardia e Pa Trento. Flop in Valle
d’Aosta, Calabria e Sardegna. Sono i dati (ancora provvisori) del Ministero
della Salute che sono stati presentati in audizione in Senato dalla Direzione
Programmazione.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Nel 2022 le
Regioni che presentano un punteggio inferiore alla soglia in una o più
macro-aree sono:<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-bidi-font-weight: bold; mso-fareast-language: IT;">in una macro-area</span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">: Bolzano (Prevenzione), Liguria (Prevenzione), Lazio
(Prevenzione), Abruzzo (Prevenzione), Molise (Prevenzione),<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-bidi-font-weight: bold; mso-fareast-language: IT;">in due macro-aree</span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">: Piemonte (Distrettuale, Ospedaliera) Campania
(Prevenzione, Distrettuale), Basilicata (Distrettuale, Ospedaliera) Calabria
(Prevenzione,Distrettuale), Sicilia (Prevenzione, Distrettuale), Sardegna
(Prevenzione, Distrettuale);<o:p></o:p></span></p>
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT; mso-bidi-font-weight: bold; mso-bidi-language: AR-SA; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: IT; mso-fareast-theme-font: minor-latin;">in
tre macro-aree</span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT; mso-bidi-language: AR-SA; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: IT; mso-fareast-theme-font: minor-latin;">: Valle d'Aosta.</span></div><div style="text-align: left;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT; mso-bidi-language: AR-SA; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: IT; mso-fareast-theme-font: minor-latin;"><br /></span></div><div style="text-align: left;"><div style="text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJR7G5cW3DsGLa2JI_GHZ9DU10MRl1BGfUwuFNZxVsiDFeJ-XaX4A5HttD6wStc3v72wZpi3fKcOkkiW-_Irm90I4I3Ap_MDva5u8NLlslH1qR82L9nhL131rR9dlYrgHLd3wM_FaSVO7d89GfXZtwrmHIghp6y7K-NRbj-9qZU9GiTulR7HEzmfVZH3gv/s2174/1.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1194" data-original-width="2174" height="360" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJR7G5cW3DsGLa2JI_GHZ9DU10MRl1BGfUwuFNZxVsiDFeJ-XaX4A5HttD6wStc3v72wZpi3fKcOkkiW-_Irm90I4I3Ap_MDva5u8NLlslH1qR82L9nhL131rR9dlYrgHLd3wM_FaSVO7d89GfXZtwrmHIghp6y7K-NRbj-9qZU9GiTulR7HEzmfVZH3gv/w653-h360/1.png" width="653" /></a></div></div><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT; mso-bidi-language: AR-SA; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: IT; mso-fareast-theme-font: minor-latin;"><br />
<!--[endif]--></span></div>Associazione ArticoloNovehttp://www.blogger.com/profile/02971488276373760014noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3249454643756201524.post-32118460049815088792024-02-19T02:22:00.000-08:002024-02-19T02:22:10.485-08:00Anne Marie Mètailiè. L'editrice che inventò Sepúlveda<div style="text-align: left;"><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">di Irene Moro<br /></span></i><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT; mso-bidi-language: AR-SA; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: IT; mso-fareast-theme-font: minor-latin;">tratto da Lucy sulla Cultura del 16.02.2024</span></i></div><div style="text-align: left;"><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT; mso-bidi-language: AR-SA; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: IT; mso-fareast-theme-font: minor-latin;"><br /></span></i></div><div style="text-align: left;"><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">All’incirca
quattro anni fa, all’età di 70 anni e in un periodo storico impietoso, moriva
di covid Luis Sepúlveda. Lo scrittore cileno, mai davvero amato dalla critica
sudamericana ma popolarissimo in tutta Europa, è stato un fenomeno editoriale
degli anni Novanta. Ma se da noi ormai tutti conoscono <i>quel </i>vecchio
che leggeva romanzi d’amore, molti non sanno che il merito è di una sagace
donna francese: Anne Marie Métailié. <br /><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Quando si
passeggia per le vie parigine, si ha la sensazione di poter vedere solo la
superficie, l’esterno della città, dei <i>bâtiments </i>a sei, sette
piani che crediamo nascondere vite meravigliose e inaccessibili, anche se
spesso non sono altro che esistenze strette in tane di tredici metri quadri,
nei cunicoli mansardati. A volte ci si riesce a intrufolare nei cortiletti
interni e li si scopre contornati da facciate sbeccate, da scale disordinate e
poco intuitive, che hanno però l’assurda pretesa di sostituire un comodo
ascensore. Uno di questi cortiletti, nel luminoso VI <i>arrondissement</i>,
sulla<i> rive gauche</i>, ospita la sede di Editions Métailié. </span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Anne Marie
Métailié è una signora minuta ed elegante, di quell’eleganza che sembra propria
solo del popolo francese, senza eccessi e senza sforzo. Ha quasi ottant’anni,
ma è difficile crederlo. </span></p><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: left;">Da ragazza, Anne Marie
studia Lingue e linguistica a Parigi, per poi iscriversi alla facoltà di
Scienze Politiche. Inizia a lavorare alla Maison des Sciences de l’Homme come
ricercatrice e diviene assistente del sociologo Pierre Bourdieu, che le propone
di condurre uno studio sulla funzione dell’editore in ambito intellettuale.
Métailié sceglie come referente e informatore Jérome Landon, direttore e
fondatore delle iconiche Editions De Minuit. Dopo oltre cinquanta ore di
interviste e dialoghi, gli aneddoti e i sermoni di Landon convertono la giovane
ricercatrice, che nel 1975 decide di fondare Editions Métailié.</span></p><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Traduttrice,
insegnante e sociologa, Anne Marie non sa nulla di editoria o di gestione
d’impresa. Per acquisire credibilità, sceglie di affidarsi a uno stampatore
della Provenza noto nel mercato editoriale. La giovane editrice arriva al loro
primo incontro in auto. Non ha ancora preso la patente, è il marito a
guidare. <br /></span><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">“Enchanté,
Monsieur Métailié”,<br /></span></i><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">“Désolé</span></i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">, si sbaglia, io sono solo lo <i>chauffeur</i>. <i>Editions
Métailié, c’est Madame”</i> .</span></div><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Negli anni
Settanta in Francia le case editrici a direzione femminile sono ancora un’inconsistente
minoranza, Anne Marie lo sa bene ma questo non la scoraggia dal dare il proprio
nome al progetto. Di fronte all’imbarazzo dello stampatore, probabilmente le
tornano in mente i moniti di chi, conoscendo gli ostacoli imprenditoriali per
una donna, ha provato in quei mesi a dissuaderla. Eppure, in un curioso
incastro di fraintendimenti e preconcetti, entra nella stanza un’altra donna,
che Métailié ricorda come “alta e ben vestita": è la moglie dello
stampatore e la responsabile delle finanze dell’impresa. Non sapremo mai cosa
la spinse a scommettere su quella gracile trentenne parigina, se l’amore per
l’azzardo o magari un fugace abbozzo di alleanza femminile. “<i>C’est bien</i>,
va bene. Stamperemo i tuoi libri a un prezzo di favore, ma devi fare una
promessa: non fallire, <i>réussis</i>!”.</span></p><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">E così, un po’
per caso e un po’ per scommessa, Éditions Métailié prende vita. Le prime
pubblicazioni sono di carattere sociologico, il primissimo testo è <i>Nus,
feroce et anthropophages</i> di Hans Staden, sull’incontro tra un
mercenario tedesco e la popolazione dei Tupinambas in Brasile. Ma la
letteratura straniera entra presto in catalogo, a partire dagli autori
brasiliani mai o mal tradotti che Anne Marie aveva studiato in lingua originale
all’Università, Machado de Assis e Carlos Drummond de Andrade.<br /><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Il progetto
editoriale intanto si sviluppa, cresce, si apre a lingue e narrazioni diverse.
Poi, in un nebbioso ottobre di fine anni Novanta, poco dopo la <i>rentrée
littéraire</i>, Anne Marie incontra una storia. Forse è più opportuno dire che
è una storia a imbattersi in Anne Marie. In francese useremmo il verbo <i>tomber</i>,
cadere. Una storia <i>cade </i>su Anne Marie Métailié. E lei la
raccoglie.</span></p><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">La Fiera del
libro di Francoforte del 1991 non ha nulla di diverso dalle edizioni
precedenti. In uno dei rituali aperitivi di quei giorni o forse una mattina tra
i tavoli disordinati di un bar, Anne Marie viene fermata da un’agente
letteraria tedesca, una delle tante che incontrerà in quei giorni. Frettolosa,
le mette tra le mani un libricino rilegato male, le pagine di carta scadente
quasi si scollano dalla copertina. Il titolo, in caratteri verdi acido, si
legge a stento: <i>Un viejo que leía novelas de amor</i> di tale Luis
Sepúlveda.</span></p><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">
<i>Un viejo que leía novelas de amor</i> aveva vinto nel 1988 il premio
Tigre Juan della città di Oviedo, senza però venire pubblicato. A inizio anni
Novanta il giornalista cileno Juan Pablos Cárdenas conosce Sepúlveda a casa
della giornalista tedesca Anna Petersen ad Amburgo, dove l’autore si era
trasferito nel 1979. Nel 1990 Cárdenas pubblica <i>Un viejo que leía
novelas de amor</i> a Santiago del Cile, per la casa editrice Emisión. La
donna che cerca di attirare l’attenzione di Anne Marie Métailié a Francoforte nel
1991 è proprio Petersen e l’edizione che le dà in mano è quella cilena, ormai
ritirata dal mercato dopo lo scarso interesse ottenuto.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">È l’ultimo
giorno di fiera e l’editrice deve rientrare a Parigi. Il volo è in ritardo di
qualche ora: inizia la lettura distratta del romanzetto quasi per caso, seduta
al gate, per ingannare l’attesa dell’imbarco. Al momento dell’atterraggio
chiama Petersen: “Compro i diritti!”.</span></p><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">L’editore e
scrittore serbo Vladimir Dimitrijević diceva che un buon editore dev’essere
traghettatore e giardiniere. Métailié è decisa, appassionata, lungimirante:
commissiona subito la traduzione ma non è convinta, non la soddisfa, quel
passaggio al francese non fa onore allo stile di Sepulveda, non va bene, è da
rifare. Lo traduce lei, di nuovo, quasi integralmente: con la cura e la
meticolosità che si deve al proprio giardino. Quando presenta il testo al
commerciale della casa editrice, la prendono in giro: troppo entusiasta, come
sempre. Quante copie potrà mai vendere un esordio straniero, ignorato anche in
patria? Ma Anne Marie ha deciso di scommettere e scrive a mano, una a una,
centocinquanta lettere personali rivolte ad altrettanti librai francesi, a cui
allega qualche capitolo del manoscritto. “Lo sapevo. I librai funzionano come
me: amano le storie alla follia”. </span></p><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Al Salon du
Livre di Parigi, qualche settimana dopo, solo cinque di quei centocinquanta
librai hanno letto il romanzo di Sepulveda. Ma saranno sufficienti l’entusiasmo
di quei cinque e un fortuito passaparola per accrescere la deflagrante
curiosità dell’editoria francese. In una settimana vengono vendute 3000 copie e
il libro va subito in ristampa. All’uscita della prima recensione sulla stampa
francese, <i>Le vieux qui lisait des romans d’amour</i> ha già
venduto 36.000 copie. In un anno si venderanno 90.000 copie. Era il 1993 e solo
in quel momento, dopo il successo francese, Luigi Brioschi, direttore
editoriale della casa editrice Guanda, decide di acquisire i diritti per la
traduzione italiana.</span></p><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT; mso-bidi-language: AR-SA; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: IT; mso-fareast-theme-font: minor-latin;">Métailié pubblicherà tutte
le opere di Sepúlveda fino alla sua morte, il 16 aprile 2020. </span></p><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">L’incontro tra
Anne Marie Métailié e Luis Sepúlveda cambia inaspettatamente la vita di
entrambi: la casa editrice acquista finalmente uno spessore nel panorama
francese e internazionale. L’autore viene conosciuto in tutto il mondo e i suoi
romanzi diventano bestseller nel giro di pochi mesi. Padre di </span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Storia di
una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare</i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> e de </span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Il
mondo alla fine del mondo, </i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Sepúlveda verrà tanto amato dal pubblico
quanto rimproverato dalla critica latinoamericana (e non) per le sue narrazioni
leggere, per un linguaggio che non tenta nemmeno di nascondere una morale
ritenuta spesso spicciola. Ma le sue storie si assicureranno l’affetto del
pubblico, con una tenerezza che guida i lettori e gli permette di tenersi
stretto il successo. </span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Tra l’editrice e
lo scrittore cileno nasce un’amicizia intensa, che porta subito alla luce la
generosità impegnata di Sepúlveda. Nel 1999, per celebrare i vent’anni di
Editions Métailié, Luis chiama Anne Marie: vuole portare in un tour francese
gli autori sudamericani del catalogo Métailié. Sa che la sua presenza attirerà
un pubblico numeroso e crede sia una perfetta occasione per far conoscere i
giovani autori esordienti. Partono in sei con un furgoncino, è Sepúlveda a
guidarlo. A Montpellier sono più di trecento le persone che li accolgono
applaudendo quella strana combriccola. “Potete applaudire una volta ancora?
Nessuno ha mai applaudito per me” chiede Anne Marie emozionata. Ci sarà un
altro applauso e un altro e uno ancora.</span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Oggi Editions
Métailié è conosciuta per la sua ricerca letteraria internazionale, con oltre
quattrocento autori in catalogo, di cui più dell’80% esordienti. Tra gli altri,
Métailié porterà l’opera completa di Camilleri in Francia. Nonostante
l’acquisizione da parte del gruppo editoriale Seuil nel 2009, l’autonomia del
progetto e delle scelte editoriali di Anne Marie continuano a perseverare
nell’esplorazione di nuove voci e nuove storie.</span></p></div><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT; mso-bidi-language: AR-SA; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: IT; mso-fareast-theme-font: minor-latin;"></span>Associazione ArticoloNovehttp://www.blogger.com/profile/02971488276373760014noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3249454643756201524.post-9893767511777451552024-02-16T02:59:00.000-08:002024-02-16T02:59:04.900-08:00Mi hai ingabbiato nella salsedine della tua lingua. Alda Merini e Giorgio Manganelli<div style="text-align: left;"><i style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">di Marilena Garis<br /></span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">tratto da Pangea del 14 gennaio 2024</span></i></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><o:p> <br /></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">“Aveva la pelle
di un certo colore di pesca, come se fosse stato estremamente giovane: il mio
solo, virtuale ragazzo di tutta la vita. Manganelli veniva a vedermi sul
Naviglio. Mi vedeva nascere di lontano, come un puntino piccolo piccolo
che trasvolava diritto nelle sue braccia capaci. Era una grande madre, una
grande sorella”, scrive Alda Merini nel brano in prosa che apre la
raccolta <i>La palude di Manganelli</i> (1992), all’indomani della
scomparsa dello scrittore Giorgio Manganelli, nel 1990.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Alda e Giorgio si
incontrarono alla fine degli anni Quaranta nel salotto di Giacinto Spagnoletti
in via del Torchio a Milano dove si riunivano, tra gli altri, David Maria
Turoldo, Luciano Erba, Maria Corti. Fu proprio in quel periodo, nel 1947,
che Alda incontrò “le prime ombre della sua mente” e dovette essere internata
per un mese nell’ospedale psichiatrico di Villa Turro, con la diagnosi di
disturbo bipolare. Manganelli le fu molto vicino, la accompagnò dai migliori
psichiatri e la guidò nella scrittura. “Ogni sabato pomeriggio” scrive la Corti
nella sua introduzione a <i>Vuoto d’amore </i>(1991) “lei e
Manganelli salivano le lunghe scale senza ascensore del mio pied-à-terre in via
Sardegna e io li guardavo dalla tromba della scala: solo Dio poteva sapere cosa
sarebbe stato di loro. Manganelli più di ogni altro la aiutava a raggiungere
coscienza di sé, a giocarsi bene il destino della scrittura al di là delle
ombre di Turro”.</span></div><div style="text-align: center;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><br /></span></div><div style="text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEil05Qzl9Z4Iy8mZJbYAJ4_wVL3jAp_Ny1X8csW7FXpg-5h9zvpF31BgNvOkNnUe8WyaIS9VzM-XXwrx0qz-_ebLIxj5gcyrs5zZv_rYtvUgBXlWnzxJnjSv6lD4ceer-PjtYtK9gjKkZ2oB7xPHZ252Gv-1xHBWs9IayEjcJj1jCBwEViVLE2Yrxx4GGoO/s1024/a.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1024" data-original-width="622" height="521" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEil05Qzl9Z4Iy8mZJbYAJ4_wVL3jAp_Ny1X8csW7FXpg-5h9zvpF31BgNvOkNnUe8WyaIS9VzM-XXwrx0qz-_ebLIxj5gcyrs5zZv_rYtvUgBXlWnzxJnjSv6lD4ceer-PjtYtK9gjKkZ2oB7xPHZ252Gv-1xHBWs9IayEjcJj1jCBwEViVLE2Yrxx4GGoO/w316-h521/a.jpg" width="316" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"><p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Alda ha sedici
anni, Giorgio venticinque ed è sposato con una figlia. I loro incontri
clandestini si dipanano tra le parole del loro mondo interiore: condividono le
loro paure e rivoluzioni, felicità e tormenti, infinite pagine di letteratura e
poesia. Tentano di lottare contro un amore impetuoso, imprevisto e
inevitabile, di farne sola parola, ma ne sono travolti</span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; letter-spacing: -.75pt; mso-fareast-language: IT;"><i>“Oh, lui parlava fitto e
innamorato<br />
come una rondine stellata,<br />
pieno di germi d’addio.<br />
Era un linguaggio provenzale<br />
con una cadenza andalusa<br />
e con le mani sfiorava i miei libri,<br />
invece del volto, e diceva:<br />
“Che strano frumento<br />
ti cresce nei capelli”.<br />
Allora, con la falce del viso,<br />
tentava di mietermi il sorriso<br />
finché finimmo<br />
nel gergo della passione”.<o:p></o:p></i></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; letter-spacing: -.75pt; mso-fareast-language: IT;">(La palude di Manganelli)</span></i></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Quelli furono
anni intensi per Alda Merini: il 1950 segnò il suo ingresso in letteratura, con
l’inserimento delle sue prime poesie nell’<i>Antologia della poesia italiana
contemporanea</i> di Spagnoletti. Nel 1951 venne inclusa, su spinta di
Eugenio Montale e Maria Luisa Spaziani, nell’antologia di Scheiwiller, <i>Poetesse
del Novecento.</i> Arrivò quindi la pubblicazione della sua prima raccolta
poetica <i>La presenza di Orfeo</i> (1953), dedicata a Manganelli.
Nel poema omonimo, di straordinaria intensità, Alda si rivolge in poesia ad un
“novello Orfeo”, anch’egli poeta, per rivendicare la propria “presenza” – in
contrapposizione all’“assenza” che Orfeo va cercando – e ribaltare così il
mito, come spiegherà più avanti in <i>Reato di vita</i> (1994)<i>:</i><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; letter-spacing: -.75pt; mso-fareast-language: IT;"><i>“E la figura di Orfeo che simbolo è? Orfeo sono io. E io sono Euridice.
Sono l’ambivalenza, l’androgino”.</i></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Tra mistico e
carnale, nel componimento si respira tutto il battito irrespingibile della
passione, come preme nell’età giovanile, per giungere alla “garanzia
dell’immanenza”, una definitiva fusione di anima e corpo, espressa dalla Merini
con prodigiosa precocità, come ebbe a dire Pier Paolo Pasolini.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Oltreché in
poesia, per una volta vorremmo un lieto fine anche nel reale, ma il “benessere
assoluto” dell’amore immanente, con cui si chiude l’<i>Orfeo,</i> presto
scomparve dalle loro vite. Manganelli chiese il divorzio dalla moglie ma non
riuscì ad ottenerlo. La foresta dei gineprai tra lui e Alda si fece sempre più
fitta, finché si arrivò ad un punto di non ritorno nel 1953. E lui, esausto,
decise di “autodeportarsi a Roma”.</span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Alda stava
ancora elaborando dentro di sé la voragine di quella cocente separazione quando
conobbe Ettore Carniti, proprietario di alcune panetterie milanesi. Quasi
a contenere la tracimazione esistenziale e poetica che la divorava, decise di
sposarsi l’anno successivo, nel 1954, e si trasferì con Ettore in un piccolo
appartamento in Ripa di Porta Ticinese dove rimase poi per tutta la vita.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Da lì in poi i
fatti paiono ramificazioni di un destino già scritto:</span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; letter-spacing: -.75pt; mso-fareast-language: IT;"><i>“La battaglia di Manganelli<br />
fu spericolata:<br />
ingaggiò mille gendarmi<br />
e un dicitore di fole.<br />
Vedendomi bambina<br />
cominciò a dirmi<br />
che forse avrei conosciuto<br />
il metallo di una vita<br />
più vera, migliore.<br />
Mi risvegliai fiorita,<br />
di colpo in manicomio”.<o:p></o:p></i></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; letter-spacing: -.75pt; mso-fareast-language: IT;"><i>(La palude di Manganelli)</i></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">L’internamento
della Merini segnò quasi un ventennio di silenzio poetico che si interruppe con
la composizione del suo capolavoro, <i>La Terra Santa</i> (1984), cui
si affiancò <i>L’altra verità. Diario di una diversa</i>, con
un’introduzione sbalorditiva di Manganelli, nel 1983. Bastano poche righe per
sentire la forza inaudita del verbo che si fa quasi carne per risollevare di
peso le sorti del suo antico, mai sopito, amore:<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; letter-spacing: -.75pt; mso-fareast-language: IT;"><i>“Questo libro, nato da una esperienza da cui non pare lecito salvarsi, ha
in sé una elastica, fantastica, selvatica irruenza […] Incredibilmente, lo
scatto, la lattile consistenza verbale, offrono una sorta di sconvolgente
letizia, quale è possibile solo nel luogo retto e posseduto dalle parole. Credo
che di rado sia stata più fermamente sperimentata la qualità empirea della
parola impegnata nella ricognizione dell’inferno […] Grazie alla parola, chi ha
scritto queste pagine non è mai stata sopraffatta, ed anzi non è mai stata
esclusa dal colloquio con ciò che apparentemente è muto e sordo e cieco; la
vocazione salvifica della parola fa sì che il deforme sia, insieme, se stesso e
la più mite, indifesa e inattaccabile perfezione della forma. Solo angeli e
dèmoni parlano lo stesso linguaggio, da sempre”.</i></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Dentro le parole
vissero dunque Alda e Giorgio; malgrado tremende raffiche di vento, la loro
candela rimase accesa per quasi mezzo secolo: </span></p><div><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">“A te, Giorgio, / noto istrione
della parola, /mio oscuro disegno, / mio invincibile amore, / sono sfuggita,
tuo malgrado, / eppure mi hai ingabbiato/ nella salsedine/ della tua lingua
[…]”. E ancora: “Molta gente mi ha/domandato di te, /come se fosse
possibile/domandare a un morto/che cos’era in vita. […] Giorgio, non sono un
valzer, /e se l’opera d’arte casualmente lo è, / è semmai come il valzer triste
di Sibelius, / una cosa amara e dolcissima/ che traligna verso la morte. / Sai,
una donna decomposta,/ come sono io,/ un uomo decomposto,/com’eri tu,/ non
potevano che trasmigrare/ in due figure di sogno […]” <br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">(La palude di
Manganelli).</span></i></div></div></div>
Associazione ArticoloNovehttp://www.blogger.com/profile/02971488276373760014noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3249454643756201524.post-33695025839564068992024-02-16T02:36:00.000-08:002024-02-16T02:36:59.761-08:00 La macchina della dipendenza<p><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">Lo smartphone è
stato progettato per rubarci l'attenzione, e il tempo: esiste un modo per
disintossicarsi?</span></p><div style="text-align: left;"><i style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">di Diego Viarengo<br /></span></i><i style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">tratto da “Il Tascabile” del 7 febbraio 2024</span></i></div><div style="text-align: left;"><i style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><br /></span></i></div><div style="text-align: justify;"><div><a href="https://www.iltascabile.com/author/diego-viarengo/"><i><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT; text-decoration: none; text-underline: none;">Diego
Viarengo </span></i></a><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">lavora nell’editoria digitale, si occupa di crescita
dei blog e strategia dei contenuti. <br /></span></i><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Ha studiato filosofia, collaborato con
Pagina 99 e vive a Torino.</span></i></div><p><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></i></p><p style="text-align: center;"><i></i></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><i><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2780M466wGiWRBoQAkIxEjnArKIiZT8cuIKchvqkmzbjWEJ074lquYpDsNok3QTEJVtGR5bGukP1Ni4II9Lgs00eeJVOq7-c2xddLxhVpg1YtwNTTIZT9uJKEy0KklZ77GwfDmpSITIC82WYbw_rFIBcmqfQ1ytR0XO7oatXLisW8EXB07S7s-JcmTN9H/s1440/6.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="708" data-original-width="1440" height="329" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2780M466wGiWRBoQAkIxEjnArKIiZT8cuIKchvqkmzbjWEJ074lquYpDsNok3QTEJVtGR5bGukP1Ni4II9Lgs00eeJVOq7-c2xddLxhVpg1YtwNTTIZT9uJKEy0KklZ77GwfDmpSITIC82WYbw_rFIBcmqfQ1ytR0XO7oatXLisW8EXB07S7s-JcmTN9H/w671-h329/6.jpg" width="671" /></a></i></div><div style="text-align: justify;"><i><br /></i></div><p></p><p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">“You don’t get cured”. In una </span><a href="https://www.youtube.com/watch?v=Ll6GxYVJcuo" target="_blank"><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-decoration-line: none;">battuta</span></a><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"> di <i>The West Wing</i>, scritta da Aaron Sorkin, c’è una
lezione sulle dipendenze. Leo è il capo gabinetto del Presidente degli Stati
Uniti, il personaggio che risolve problemi: affronta crisi di stato con
incrollabile senso di giustizia, prima di fare colazione segnala al <i>New
York Times</i> un errore nelle parole crociate e – in segreto – partecipa
alle riunioni degli alcolisti anonimi. La cura non c’è. Le persone dipendenti
sono in trattativa perenne con l’oggetto della loro dipendenza. Non si
guarisce. Ci sono periodi di astinenza più o meno lunghi. È la situazione in
cui ci troviamo con il nostro smartphone.<o:p></o:p></span></p><div>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Scrive Juan
Carlos De Martin nel libro-manifesto </span><a href="https://www.addeditore.it/catalogo/juan-carlos-de-martin-contro-lo-smartphone/" target="_blank"><i><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-decoration-line: none;">Contro lo smartphone</span></i></a><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"> (add,
2023): “lo smartphone è una macchina che è stata esplicitamente progettata,
anche con l’apporto di neuroscienziati e di psicologi, per creare dipendenza”.
Nel 2014 l’iPhone era più </span><a href="https://time.com/2837247/most-profitableproducts/" target="_blank"><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-decoration-line: none;">redditizio</span></a><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"> delle sigarette Marlboro, un prodotto incessantemente pubblicizzato
che contiene una sostanza in grado di dare assuefazione fisica. Le applicazioni
dello smartphone sono costruite per non essere abbandonate e, a differenza
delle sostanze, si adattano alle modalità d’uso creando un percorso di
rafforzamento basato sulle abitudini individuali, osserva lo psicologo Matthias
Brand su <i>Science</i>, in un </span><a href="https://www.science.org/doi/10.1126/science.abn4189" target="_blank"><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-decoration-line: none;">articolo</span></a><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"> sulla dipendenza da internet. Siamo dipendenti dal telefono e non c’è
cura, solo periodi più o meno lunghi di astinenza.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Torno nelle aule
in cui seguivo le lezioni all’università con più curiosità che nostalgia: sto
andando al Laboratorio di disconnessione digitale, primo piano, aula 22,
Palazzo Nuovo, Torino. È la terza sessione del seminario, si discutono le
regole dell’esperimento di auto-etnografia condotto da Simone Natale,
professore di storia e teoria dei media oltre che autore di </span><a href="https://www.einaudi.it/catalogo-libri/scienze-sociali/media/macchine-ingannevoli-simone-natale-9788806254063/" target="_blank"><i><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-decoration-line: none;">Macchine ingannevoli</span></i><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-decoration-line: none;"> </span></a><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">(Einaudi, 2022).
Una settimana di disconnessione da cosa? Instagram e TikTok, innanzitutto. Gli
studenti hanno l’età di mio figlio e riconosco la dieta priva di Facebook, le
mail considerate spam, la navigazione web utile per le ricette della cena. Dopo
il giro sull’uso del telefono mi sembra manchi qualcosa e chiedo: e i giochi,
le notizie? Sto pensando alle <i>mie</i> dipendenze, alle abitudini
che vincono l’autocontrollo. Penso a quando avevo tentato di cambiare
comportamenti. Natale me lo aveva spiegato presentandomi il Laboratorio: lo
scopo è fare guardare agli iscritti la tecnologia che usano ogni giorno con un
occhio diverso, più consapevole. A questo serve la distanza.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">La cura non c’è:
le persone dipendenti sono in trattativa perenne con l’oggetto della loro dipendenza.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Qualche anno fa
avevo disinstallato Facebook dal telefono, tolto quasi tutte le notifiche. In
poco tempo mi ero reso conto che il tempo guadagnato finiva nelle notizie
selezionate da Google e Apple. Ho disinstallato anche quelle e provato a
dedicare ogni micro-momento sul telefono a un’applicazione che sceglievo
attivamente, non seguendo il principio del “mi fa sentire meglio” o “devo
farlo”. I micro-momenti sono un’unità di misura del marketing: porzione di
tempo sospesa, pausa tra un’attività e l’altra, dove si insinua l’uso
compulsivo del telefono. I principi del “mi fa stare meglio”, “devo farlo”,
sono quelli che guidano i comportamenti di dipendenza da internet, secondo
Matthias Brand.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Per un periodo
c’ero riuscito, avevo scoperto che si possono leggere libri da seicento pagine
sullo smartphone, in molti micro-momenti. Ma non c’è una cura: i giochi, gli
aggiornamenti degli amici, le notizie. “Le notizie stanno su Instagram”, mi
risponde una studentessa. L’esperimento di disconnessione dura una settimana.
Bisogna tenere un diario da compilare in due momenti della giornata. Per motivi
personali non riesco a completare il Laboratorio, e penso a quanto sarebbe
difficile per me seguire la disconnessione, un esperimento che andrebbe fatto
in condizioni abituali. Però mi accorgo che basta disattivare le notifiche di
WhatsApp per far scendere il tempo di utilizzo dello smartphone.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Dai racconti
degli studenti Instagram è il posto della rappresentazione pubblica di sé,
TikTok una televisione privata, WhatsApp l’indispensabile contatto con il resto
del mondo. È il social che </span><a href="https://webboh-lab.it/wp-content/uploads/2023/11/WEBBOH-LAB-Le-Gen-Z-ESTESA.pdf" target="_blank"><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-decoration-line: none;">mancherebbe</span></a><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"> di più alla Generazione Z, se i social
scomparissero. Mark Zuckerberg ha comprato WhatsApp dieci anni fa, per circa 19
miliardi di dollari, lasciando così com’era qualcosa che funzionava bene. Quel
tempo è finito: “ora che tutti hanno un telefono e lo usano per creare
contenuti e si scambiano messaggi tutto il giorno”, ha </span><a href="https://www.nytimes.com/2023/11/08/technology/mark-zuckerberg-whatsapp.html" target="_blank"><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-decoration-line: none;">dichiarato</span></a><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"> Zuckerberg, “penso si possa avere qualcosa di
meglio, di più intimo di un feed con tutti i tuoi amici”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">L’intimità è
cambiata da quando ci sono gli smartphone, è la cosa che è cambiata di più.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">L’intimità è
cambiata da quando ci sono gli smartphone, è la cosa che è cambiata di più. “Lo
porto con me al bagno, guardo una serie mentre mi lavo i denti o se ceno a casa
da sola”, dice una studentessa. “Lo prendo per rilassarmi, dopo un’ora lo poso
e sono esausta”. I principi “mi fa stare meglio” e “non posso non farlo” si
intrecciano nei resoconti delle partecipanti al Laboratorio; il senso di
perdere un’infinità di tempo, avendone in cambio frustrazione e stanchezza
incrocia la consapevolezza del fatto che non se ne può fare a meno. Non c’è una
cura. Quando parla di intimità è probabile che Zuckerberg si riferisca alla
possibilità di monetizzare ancora di più i micro-momenti: la nostra intimità è
più redditizia del Metaverso.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Nessuno pensa di
fare a meno del telefono. La mia banca ha cambiato mansioni agli impiegati e ha
smesso di sviluppare i servizi via browser, le operazioni si fanno sull’app
dello smartphone. Lo stesso vale per le biglietterie di treni e concerti, le
prenotazioni di aerei, ristoranti, alberghi e ospedali. Nessuno pensa di fare a
meno del telefono per giocare, socializzare, lavorare, stare in società. È però
in corso una negoziazione continua su cosa postare, l’età in cui consentirlo, le
pause, le astinenze. De Martin affronta con approccio analitico la consistenza
dell’oggetto che ha monopolizzato gli ultimi quindici anni della vita degli
umani, per porsi domande di etica della tecnologia: è giusto dipendere così
tanto da un unico oggetto? Deve per forza essere fatto così, com’è oggi? Con
due aziende che controllano i sistemi operativi e i negozi delle applicazioni,
le condizioni delle fabbriche della Foxconn in Cina, gli effetti ambientali
dell’estrazione di terre rare e dello smaltimento delle batterie, le
conseguenze sulla psicologia delle persone. L’estenuante trattativa per fare
quello che vogliamo fare col telefono e non quello che il telefono vorrebbe
facessimo con lui, applicazione dopo applicazione, micro-momento dopo micro-momento.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Da un punto di
vista storico lo smartphone è sempre stato un oggetto di sintesi, a cominciare
da quella proposta da Steve Jobs nel gennaio del 2007, lancio del primo iPhone:
mette insieme la musica, la connessione a internet e il telefono. Tutto in uno:
intrattenimento, affari personali e lavoro. Anni prima, nel 1992, Frank Canova,
progettista dell’IBM, senza saperlo stava lavorando a uno smartphone. Doveva
inserire una radio nel telefono e aveva pensato di installare un computer in un
prototipo chiamato Simon. Il suo team, per convincere gli investitori, esibiva
il contenuto di una valigia piena degli oggetti che facevano le cose che anche
Simon poteva fare. Nella valigia c’erano una calcolatrice, una radio GPS, un
libro, una mappa. Simon è stato sul mercato un solo anno, dal 1994 al 1995, poi
è diventato un oggetto da museo della tecnologia, scrive </span><a href="https://www.hachettebookgroup.com/titles/brian-merchant/the-one-device/9780316546119/" target="_blank"><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-decoration-line: none;">Brian Merchant</span></a><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"> nel suo libro sull’iPhone, dove racconta come
Jobs ha assemblato tecnologie esistenti in un pacchetto rivoluzionario, creando
il prodotto che ha portato la Apple dalla quasi bancarotta degli anni ‘90 a 90
miliardi di fatturato.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Nessuno pensa di
fare a meno del telefono, ma è in corso una negoziazione continua su cosa
postare, l’età in cui consentirlo, le pause, le astinenze.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Secondo Kate
Eichhorn, autrice di <a href="https://www.einaudi.it/catalogo-libri/problemi-contemporanei/content-kate-eichhorn-9788806260385/" target="_blank"><i><span style="color: windowtext; text-decoration-line: none;">Content</span></i></a> (Einaudi, 2023), i contenuti
gratuiti hanno contribuito in maniera essenziale alla diffusione degli
smartphone, producendo bisogni che prima non sapevamo di avere. Quei bisogni
sono ora consolidati e portano a un tale assorbimento nel telefono da far
sfumare i contorni della realtà. Il concetto di “</span><a href="https://www.ilpost.it/2021/09/18/collasso-contesto-social-network/" target="_blank"><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-decoration-line: none;">collasso del contesto</span></a><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">” nasce negli anni
2000: </span><a href="https://krex.k-state.edu/bitstream/handle/2097/6302/WeschEME2009.pdf" target="_blank"><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-decoration-line: none;">Michael Wesch</span></a><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"> ne parla a proposito dei video caricati su
YouTube e <a href="http://www.castelvecchieditore.com/prodotto/its-complicated/" target="_blank"><span style="color: windowtext; text-decoration-line: none;">danah boynd</span></a> (minuscolo per scelta dall’autrice) per i
contenuti degli adolescenti sui social network. </span><a href="https://journals.sagepub.com/doi/10.1177/20563051211041646" target="_blank"><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-decoration-line: none;">Collisione del contesto</span></a><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"> e </span><a href="https://journals.sagepub.com/doi/10.1177/2056305118763349" target="_blank"><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-decoration-line: none;">collasso del
tempo</span></a><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"> diventano strumenti per analizzare gli effetti
dei social media sulle persone: il tratto comune delle varie formulazioni dei
“contesti collassati” è la scomparsa di un pubblico, di un tempo e di un luogo
di riferimento per la fruizione di un contenuto, che una volta su internet può
arrivare a chiunque, essere frainteso, venire dimenticato o godere di
un’improbabile popolarità. Mentre usiamo lo smartphone il contesto intorno
scompare, il mondo collassa dentro il telefono.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Nel frattempo lo
smartphone assume la funzione di accesso a tutto, tanto che ci possiamo
chiedere se il telefono connesso non sia un’estensione delle persone.
Estensione sensoriale, visiva, uditiva e tattile, attraverso la quale percepire
la realtà. Si pensi all’impulso di registrare o fotografare momenti
significativi: è come se il supporto dello smartphone rafforzasse la sicurezza
di aver vissuto l’esperienza. Può darsi che nessuno guardi quel video, in ogni
caso l’abbiamo registrato. Lo smartphone può essere considerato come
un’estensione della mente: gli oggetti con cui effettuiamo operazioni mentali
sono parte della mente per i filosofi </span><a href="https://www.jstor.org/stable/3328150" target="_blank"><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-decoration-line: none;">Andy Clark e
David Chalmers</span></a><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">, e non in senso metaforico: il foglio di carta con la
lista della spesa scritta a matita e la rubrica del telefono con decine di
numeri che non dobbiamo più ricordare sono estensioni della memoria. Google
Maps, in </span><a href="https://www.youtube.com/watch?v=Jg00gK43Id4" target="_blank"><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-decoration-line: none;">quest’ottica</span></a><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">, è un’estensione della capacità di orientarsi.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Secondo il
filosofo Alva Noë, che in </span><a href="https://www.raffaellocortina.it/scheda-libro/alva-noe/perche-non-siamo-il-nostro-cervello-9788860303455-1144.html" target="_blank"><i><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-decoration-line: none;">Perché non siamo il nostro cervello </span></i></a><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">(Raffaello Cortina, 2010) fa un passo in più, il pensiero non è prodotto
dal cervello, ma dall’interazione dinamica del corpo, nel suo insieme, con
l’ambiente. Umani e animali creano significati dal coinvolgimento nel mondo che
li circonda. Questa teoria, che implica il rifiuto dell’idea che il cervello
sia un elaboratore di informazioni, spinge a fare attenzione a come
trascorriamo il nostro tempo, perché è così che si forma la coscienza. Se
mettiamo insieme l’idea di mente estesa e di coscienza relazionale – per quanto
possa suonare banale – possiamo dire che lo smartphone ci rende più
intelligenti, non più stupidi, a patto di sapere quando smettere.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Mentre usiamo lo
smartphone il contesto intorno scompare, il mondo collassa dentro il telefono.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Steve Jobs ha
detto, quel </span><a href="https://www.youtube.com/watch?v=x7qPAY9JqE4" target="_blank"><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-decoration-line: none;">9 gennaio 2007</span></a><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">: “metteremo nelle vostre mani qualcosa di
meraviglioso”. Marshall McLuhan aveva già </span><a href="https://www.armandoeditore.it/catalogo/la-galassia-gutenberg/" target="_blank"><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-decoration-line: none;">scritto</span></a><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"> nel 1962: “e nel rimirare questa nuova cosa,
l’uomo è costretto a trasformarsi in essa”<i>.</i> Dobbiamo fare
attenzione a come ci trasformiamo, per esempio resistendo ai tentativi di
monetizzazione della nostra intimità. Nessuno pensa di fare a meno dello
smartphone, ma è lecito chiedersi, come fa De Martin, a che condizioni
accettiamo lo smartphone come oggetto indispensabile per la vita in società. A
partire dal fatto che non dovrebbe essere costruito per “creare più dipendenza
possibile”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">“Identificare i
meccanismi psicologici e neurobiologici specifici delle dipendenze online è la
sfida degli studi futuri”, scrive Brand nell’articolo sulla dipendenza da
internet, sempre ammesso che questi meccanismi esistano. Simar Bajaj </span><a href="https://www.theguardian.com/lifeandstyle/ng-interactive/2024/jan/03/what-is-phone-addiction-definition-science-debate" target="_blank"><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-decoration-line: none;">si chiede</span></a><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"> se insistere sul concetto di dipendenza per
smartphone e internet non finisca per patologizzare condizioni spiacevoli ma
normali della condizione umana, come la solitudine e l’emarginazione. Anche
questa prospettiva di cautela diagnostica approda all’idea che la cura, più che
in farmaci e ricoveri, sia in telefoni che non somiglino a delle slot-machine.
Nel frattempo, sotto le pressioni del Senato americano, Mark Zuckerberg </span><a href="https://www.youtube.com/watch?v=ZnBZ6-D7paA" target="_blank"><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-decoration-line: none;">si è scusato</span></a><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"> pubblicamente per le sofferenze causate ai minorenni dall’uso
patologico di Instagram e Facebook.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Ero curioso di
ascoltare i diari della settimana di disconnessione, purtroppo non ho potuto
essere presente. Ripensando all’aula 22 di Palazzo Nuovo realizzo che la mia
generazione è stata l’ultima ad avere attraversato l’adolescenza senza i
computer che telefonano. Gli anni ‘90 sono il prima e il dopo della tecnologia
di massa portatile. Mi torna alla mente l’estate del 1995, quando l’IBM ritirò
Simon dal mercato, due anni prima che la Ericsson usasse per la prima volta la
parola “smartphone”. Mi ero accodato a una vacanza con compagni di scuola più
grandi. Ricevevo lettere di carta. Andavo nella discoteca degli studenti
europei fingendomi iscritto all’università. Avevo sedici anni. Soprattutto
ricordo una notte in cui cantavo “September’s coming soon | I’m pining for the
moon”, durante un bagno notturno.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Ho molti ricordi
di quell’estate. In parte sono inventati, perché mi vedo dall’esterno, una
visuale possibile dalla rielaborazione della mia mente, nessuno mi stava
riprendendo<i>.</i> Dell’estate del 1995 ho molti ricordi e nessuna
fotografia. La canzone che cantavo è dei R.E.M. e i R.E.M si sono sciolti:
potrebbero fare come gli U2 e suonare </span><a href="https://www.internazionale.it/magazine/charlie-warzel/2023/12/14/gli-occhi-di-tutti-sulla-sfera" target="_blank"><span style="color: windowtext; font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-decoration-line: none;">concerti-nostalgia</span></a><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"> nella Sfera di Los
Angeles, per un mese di seguito; suonare sotto un cielo di schermi, davanti ai
telefoni del pubblico. Invece hanno smesso.</span></p></div></div>
Associazione ArticoloNovehttp://www.blogger.com/profile/02971488276373760014noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3249454643756201524.post-44633735127781427272024-02-14T01:46:00.000-08:002024-02-14T01:47:55.567-08:00<div style="line-height: 105%; margin-bottom: 8pt; mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;"><div style="text-align: center;"><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;">ISTITUTO CAMPANO PER LA STORIA
DELLA RESISTENZA DELL’ANTIFASCISMO E DELL’ETÀ CONTEMPORANEA</span></b></div><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><div style="text-align: center;"><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;">“VERA LOMBARDI”</span></b></div><div style="text-align: center;"><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;"><br /></span></b></div></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif";"><o:p> <br /><div style="text-align: center;"><b><span style="font-size: 14pt; line-height: 105%;">I CRUCIALI ANNI NOVANTA.
Seminario-convegno</span></b></div></o:p></span><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><div style="text-align: center;"><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;"><i>“Leggere il tempo negli spazi”</i></span></b></div></b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><div style="text-align: center;"><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;">22-23 febbraio 2024</span></b></div><div style="text-align: center;"><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;"><br /></span></b></div></b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;"><o:p> <br /></o:p></span></b><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;">Giovedì 22, ore
15.00</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;">:<span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span></div><div style="line-height: 105%; margin-bottom: 8pt; mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;"><o:p></o:p></span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;">Saluti
(Guido D’Agostino)<br /></span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;">Paolo
De Marco, Francesco Soverina (quadro nazionale e internazionale)<br /></span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;">Giuseppe
Iglieri (Molise)<br /></span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;">Antonio
Leuzzi (Puglia e Basilicata)<br /></span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;">Rocco
Lentini, Nuccia Guerrisi (Calabria)<br /></span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;">Salvo
Di Stefano (Sicilia)<br /></span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;"><o:p> <br /></o:p></span></i><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;">Venerdì 23, ore
9.30</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;">:</span></div><div style="line-height: 105%; margin-bottom: 8pt; mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;">
<o:p></o:p></span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;">Giulia
Buffardi (vita e attività dell’ICSR)<br /></span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;">Erminio
Fonzo (Benevento e Sannio)<br /></span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;">Felicio
Corvese, Giuseppe Venditto (Caserta e Terra di Lavoro)<br /></span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;">Silvio
de Majo (Salerno e Salernitano)</span></i></div><div style="line-height: 105%; margin-bottom: 8pt; mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;"><b>ore 13.30</b>: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">BUFFET</i></span></div><div style="line-height: 105%; margin-bottom: 8pt; mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;"><b>ore 14.30</b>:</span></div><div style="line-height: 105%; margin-bottom: 8pt; mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;"><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;">Il Caso Napoli – introduce Gianni Cerchia<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;">Antonio
Bassolino (Vita politica)<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;">Guido D’Agostino,
Enzo Mauriello (Elezioni)<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;">Laura
Capobianco, Silvana Rinaldi (Femminismo)<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;">Gianluca
D’Agostino (Musica)<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;">Roberto
D’Avascio, Imma Colonna (Cinema)<br /></span></i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;"><i>Mario Rovinello
(Letteratura</i>)<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 105%;"><o:p> <br /><div style="text-align: center;"><b><span style="font-size: 14pt; line-height: 105%;">sede
dei lavori: </span></b></div><div style="text-align: center;"><b><span style="font-size: 14pt; line-height: 105%;">Istituto Campano per la Storia della Resistenza, </span></b></div><div style="text-align: center;"><b><span style="font-size: 14pt; line-height: 105%;">Via Costantino 25,
Napoli (Fuorigrotta)</span></b></div><div style="text-align: center;"><b><span style="font-size: 14pt; line-height: 105%;"><br /></span></b></div><div style="text-align: center;"><b><span style="font-size: 14pt; line-height: 105%;"><br /></span></b></div></o:p></span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif";">(segnalato da Rosanna Conte)</span></i></div>
Associazione ArticoloNovehttp://www.blogger.com/profile/02971488276373760014noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3249454643756201524.post-59956312065809127062024-02-14T01:39:00.000-08:002024-02-14T01:39:06.146-08:00Grazie Amadeus per averci dato la canzone napoletana<div style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">tratto da Avvenire del 11 febbraio 2024<br /> </span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">di Massimiliano Castellani<br /></span></i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><o:p> <br /></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">A noi
generazione Happy Days hanno insegnato che solo due cose uniscono da sempre il
Paese: la Nazionale di calcio e il Festival di Sanremo.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><br /> </span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Questo Festival,
chiude con una grande novità: il presunto razzismo all’Ariston. I fischi per la
vittoria della serata delle cover al rapper napoletano Geolier, sono state
lette come un episodio di razzismo. Noi, propendiamo per un semplice quanto
plateale dissenso di gusti espresso dal pubblico in sala. Sugli attacchi di
violenza verbale e di intolleranza gratuita fonte social, che vanno da “Geolier
napoletano di m….” e “togliete il televoto ai napoletani”, invece possiamo
scendere nel terreno fangoso del razzismo.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><br /> </span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Sull’argomento
si è espresso ampiamente in musica e parole il rapper Ghali. Da figlio di
tunisini, cresciuto nel popolarissimo quartiere milanese di Baggio, rivendica
da sempre «sono un italiano vero» tanto quanto Totò Cutugno. E dopo la canzone
di protesta antisalviniana Cara Italia a Sanremo ha presentato una sorta di
sequel, Casa mia, introdotta da un saggissimo: «Non esistono paesi razzisti, nè
persone razziste. Esiste intolleranza e ignoranza». </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Ecco la parola chiave che
spiega gli insulti rivolti a Geolier: ignoranza. </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Le parole dell’odio travasate
nel serbatoio della gara canora, in cui le fazioni che assistono partigiane
assai ballerine si combattono a colpi di mouse e di FantaSanremo. È paradossale
ammetterlo, ma il popolo della Rete è vittima di troppa libertà di espressione.
Ci sono tribù virtuali, che vigliaccamente non ci mettono neanche la faccia e
si nascondono puntualmente nei loro dieci-cento nickname. La loro vita è uno
stupido carnevale in cui indossano sempre una maschera diversa che
all’occasione gli serve per colpire e ferire a morte. Piovono pietre virtuali
che feriscono pesantemente tutti i giorni su poveri anonimi, figurarsi che
pioggia di meteoriti sono costretti a subire e schivare i ricchi e famosi. A
questa categoria appartengono ovviamente anche i big di Sanremo che vengono
ascoltati per cinque giorni da quasi tutto il Paese reale, ma poi c’è la solita
manovalanza che opera alla macchina del fango, che giudica e processa per
direttissima come sta facendo in queste ore con Geolier. Il quale, da tifoso
del Napoli ricorderà che il signor Malaussène dei nostri stadi per anni è stato
il difensore franco-senegalese Koulibaly. Qui non c’è di mezzo neppure il
colore della pelle, il nero Koulibaly, ma quell’ignoranza che collega sempre il
napoletano e qualsiasi espressione del talento partenopeo a Gomorra.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;"><br /> </span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Geolier è di
Secondigliano a un passo da Scampia è cresciuto un una famiglia operaia che si
ispira all’unico vero “clan” di Napoli, quello della “legalità” che fa capo
alla Palestra Judo Star a O Mae’ Gianni Maddaloni. Ringraziamo di una sola cosa
Amadeus, di aver ammesso alla gara un testo in napoletano come I p’me tu p’te.
A Geolier auguriamo una lunga carriera e di poter dire ai suoi detrattori
quello che disse un altro illustre napoletano del bel canto, Enrico Caruso: «I
miei dischi saranno la mia biografia». </span></div>
Associazione ArticoloNovehttp://www.blogger.com/profile/02971488276373760014noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3249454643756201524.post-54375641073799319032024-02-12T02:28:00.000-08:002024-02-12T02:28:23.107-08:00I poeti russi ci strappano il cuore. Sul capolavoro di Angelo Maria Ripellino<div style="text-align: left;"><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT; mso-font-kerning: 18.0pt;">tratto da Pangea,<br /></span></i><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT; mso-font-kerning: 18.0pt;">Editoriale del 7.2.24</span></i></div><div style="text-align: left;"><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT; mso-font-kerning: 18.0pt;"><br /></span></i></div><div style="text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; font-style: italic; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjEoJm4RKsy1KQqgrOqWihqVhHCdBDL8LRrZ4kl05G-5b5X1F5k4zVng04su-Cq_KP0H1MDZJbzWKeym7QcKX3stvGOW_9Lj1Q0DY9MNhAQzZEdseyCo9l1cDqn17t6AY6putoXKA2IZzzvxN1QJB9fdzEHEj0_y_XRA8qzP6EFkmKR6CIWh4vMVbwBA6NM/s1200/1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="867" data-original-width="1200" height="376" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjEoJm4RKsy1KQqgrOqWihqVhHCdBDL8LRrZ4kl05G-5b5X1F5k4zVng04su-Cq_KP0H1MDZJbzWKeym7QcKX3stvGOW_9Lj1Q0DY9MNhAQzZEdseyCo9l1cDqn17t6AY6putoXKA2IZzzvxN1QJB9fdzEHEj0_y_XRA8qzP6EFkmKR6CIWh4vMVbwBA6NM/w522-h376/1.jpg" width="522" /></a></div><div style="text-align: justify;"><p class="MsoNoSpacing"><span style="color: #333333; font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Nel
1954 Angelo Maria Ripellino pubblica il suo capolavoro. Stampata da
Guanda, Poesia russa del 900 racconta – così nella bandella
esplicativa – “cinquanta anni di poesia russa… nel più vasto panorama sinora
apparso in Europa”. Dal 1960, l’antologia è ripresentata da Feltrinelli, con
una ‘quarta’ firmata da Eugenio Montale, in cui il poeta tenta, bonariamente,
di ridurre il cataclisma della poesia russa a un’appendice di quella del resto
d’Europa (ad esempio, quando dice di Mandel’štam e di Pasternak che sono
“liristi ‘puri’” e “presentano qualche affinità coi nuovi decadenti o ermetici
o puristi di altri paesi europei”). Poesia russa del 900, che
Ripellino dedica “a mio padre”, viene costantemente ristampata da Feltrinelli
fino al 1979, per poi uscire, di fatto, dalla scena editoriale.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="color: #333333; font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Allievo
di Ettore Lo Gatto, nel ’54 Ripellino aveva 31 anni, era nato il 4 dicembre del
1923, a Palermo. Amico di Vladimir Holan, il grande poeta ceco, insegnava tra
Bologna e Roma, aveva tradotto le poesie di Anna Achmatova quando Stalin le
aveva messe al bando.<i><o:p></o:p></i></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: center;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjcBP2jDe3aoShRW7MY0LcLOSBes-wsS6FSMcW4ooE4K3oziUOBSTJCFjjpYFSHIFnxWYLVEpLCbLTd7HriEqN13pcZ9knkwR0viZlDcqSy9lELDvAlOn65NuYnvo7FhrJTw74heT5N6S3b9blAyCMkLAwxj6KlJ7GuQd0fTjomUsoLYDLrz578QBDjqwWj/s1024/2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1024" data-original-width="661" height="398" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjcBP2jDe3aoShRW7MY0LcLOSBes-wsS6FSMcW4ooE4K3oziUOBSTJCFjjpYFSHIFnxWYLVEpLCbLTd7HriEqN13pcZ9knkwR0viZlDcqSy9lELDvAlOn65NuYnvo7FhrJTw74heT5N6S3b9blAyCMkLAwxj6KlJ7GuQd0fTjomUsoLYDLrz578QBDjqwWj/w257-h398/2.jpg" width="257" /></a></div><p></p><p class="MsoNoSpacing"><span style="color: #333333; font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Benché
di Ripellino venga, di anno in anno, rimarcato il genio – anche lirico,
proprio: leggete <i>Lo splendido violino verde</i> –, egli non esce
mai, di fatto, dall’angolo di due libri, <i>Praga magica</i> e <i>Il
trucco e l’anima </i>(quest’ultimo, noto per lo più agli ‘specialisti’).
Il centenario dalla nascita, editorialmente, non ha mutato il consueto
paradigma. Resta un mistero la scomparsa, dal consesso culturale, di <i>Poesia
russa del 900</i>, libro di urticante bellezza, una vera camera delle
meraviglie. Con quel libro, Ripellino ha spostato l’asse della
‘geopolitica poetica’: ha dimostrato, cioè, che il meridiano lirico non passa
per la Francia – il dominio di Baudelaire, Verlaine, Rimbaud, Valéry,
Apollinaire – e che non cede il campo all’anglomania (la tirannia di Eliot,
Auden, Pound e poi dei beatnik) o agli abbagli spagnoli (le decisive traduzioni
di Federico García Lorca ad opera di Carlo Bo).<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing"><span style="color: #333333; font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Più
semplicemente, Ripellino ha mostrato che la poesia russa, in ogni sua gamma –
lirica “contadina” e metropolitana, enigmatica e “futurista”, di piccole cose e
di vasti universi, umilissima o imparruccata di neologismi – è il centro del
mondo: più di altre tradizioni liriche, ha detto l’uomo, nella sua disintegrata
integrità, e gli ha strappato il cuore. Già: la poesia russa va <i>mangiata</i>;
la poesia russa ti assale, a notte, fa funi delle tue arterie. E come ci è
riuscito? Miracolo del traduttore, certo – Ripellino è un rabdomante del
linguaggio, sa auscultare i remoti moti verbali di chi traduce, ne intercetta
l’anima. Soprattutto, però, talento del critico. I testi critici di Ripellino
sono un capolavoro di audacia stilistica: antiaccademici, prediligono toni
narrativi, se non epici (in questo, il suo maestro è l’inarrivabile Viktor
Šklovskij, fautore della critica come opera d’arte – ma non di fatui gargarismi
retorici dell’autore-oratore).<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing"><span style="color: #333333; font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">I
poeti russi, così, sono personaggi del vasto romanzo intitolato <i>Poesia
russa del 900</i>: mettiamo di lato i principi – Majakovskij e Pasternak,
nell’ottica di Ripellino, sono analoghi, in poesia, al ruolo che Dostoevskij e
Tolstoj hanno avuto nel romanzo europeo – e spigoliamo tra i ‘minori’. Dunque,
ecco Nikolàj Kljuev (1885-1937), “nipote d’un cantastorie
ammaestratore di orsi” che “si vedeva per le vie di Pietroburgo simile a un
personaggio d’opera, con un cilindro di feltro rustico e un’assisa
pseudocontadina: il suo appartamento pietroburghese era adorno come un’izbà,
con il soppalco intagliato, le imposte dipinte e uno scrigno di icone
dell’epoca anteriore al patriarca Nikon”. Questa è una poesia di ‘abbà’ Klujev,
poeta contadino (in cui si legge, nell’aurora dei versi, il lirismo di
Ripellino):</span></p><p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; letter-spacing: -.75pt; mso-fareast-language: IT;">“Il crepuscolo silvestre è un
monaco<br />
dietro un libro d’ore arabescato,<br />
splendono di antimonio le vignette<br />
nell’oro purpureo dei fogli.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; letter-spacing: -.75pt; mso-fareast-language: IT;">E i frati-ceppi con devozione<br />
prestano ascolto ai suoni del breviario.<br />
L’estrema luce, smorzando i suoi fuochi,<br />
si appanna come l’aureola di un’icona”.</span></p><p class="MsoNoSpacing"><span style="color: #333333; font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">E
poi c’è Eduard Bagrickij (1895-1934), che “amava Stevenson, i
racconti di viaggio e la lirica inglese”, le cui simpatie “vanno ai fuorilegge,
non alle guardie né ai personaggi che incarnano l’ordine e la disciplina”, e
vide nella Rivoluzione – come altri poeti del suo stampo, più propensi
all’immaginazione che al rigore del soldatino – “un riscatto della fantasia;
perciò, trascorso il periodo della guerra civile, la sua concezione romantica
stentò ad abituarsi alle minuzie quotidiane, all’imborghesimento della vita
sovietica”. I <i>Versi sull’usignolo e sul poeta</i> hanno un
gagliardo viavai:</span></p><p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; letter-spacing: -.75pt; mso-fareast-language: IT;">“L’amore degli usignuoli è la
mia specialità,<br />
capisco il senso delle diverse inflessioni:<br />
dopo un faunesco piffero un ticchettio sbandato,<br />
la canzone del cuculo ed un trillo venduto a peso…<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; letter-spacing: -.75pt; mso-fareast-language: IT;">Io con la gabbia in mano aspetto
il tram.<br />
Mosca rifulge di croci e di stelle<br />
e ci attornia con chiese e bandiere!<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; letter-spacing: -.75pt; mso-fareast-language: IT;">Siamo in due:<br />
io, vagabondo, e tu, usignuolo,<br />
occhiuto uccello, precursore dell’estate”.</span></p><p class="MsoNoSpacing"><span style="color: #333333; font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Il
criterio generale di Ripellino è quello di dare risalto alle storie individuali
dei poeti in contrasto con la visione del comunismo sovietico, che voleva
poeti-falange, poeti in squadriglia tesi, con boccucce uccelline, a cantare in
odi i fasti della Rivoluzione e la bellezza dell’Urss. Così, di Nikolaj
Tichonov (1896-1979), cauto discepolo di Pasternak, Ripellino esalta la
lirica degli esordi ma ne dileggia gli ultimi esiti – “le ultime cose di
Tichonov, oggi troppo distratto dalle ricompense, dalle decorazioni, dai premi,
dagli incarichi ufficiali, hanno perduto la calda vivezza che animava le prime
raccolte” –, dimostrando che l’ardore politico (Tichonov sarà, per diverse
legislature, deputato del Soviet dell’Unione) annienta il valore poetico, che
l’obbedienza partitica annacqua in niente il ribellismo verbale. Ecco alcune
lasse dalla meravigliosa <i>L’uomo del Nord</i>, scritta nel 1922:</span></p><p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; letter-spacing: -.75pt; mso-fareast-language: IT;">“Essi credevano che la gioia fosse
un uccello,<br />
e la gioia batteva la sua grande ala,<br />
si torceva sotto i piedi come una volpe nera,<br />
si levava in cespugli, si stendeva come ghiaccio…<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; letter-spacing: -.75pt; mso-fareast-language: IT;">In un Venezuela liquefatto dal
sole<br />
narrerò un giorno agli uomini di palma<br />
dei cuori, dei grandi occhi irrequieti,<br />
del mio paese dov’è soltanto inverno, inverno,<br />
dell’acqua che si può come gioia terrena<br />
ficcare in tasca a pezzetti turchini”.</span></p><p class="MsoNoSpacing"><span style="color: #333333; font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Ripellino,
a volte, sembra preferire i personaggi di contorno, vuole dare rilievo agli
irrilevanti. È ai miei occhi magnetico il modo in cui descrive Vasilij
Kamenskij (1884-1961), sodale ‘futurista’ di Majakovskij: la sua poesia,
“tutta clangori e barbagli festosi”, contrasta con il collasso fisico:<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; letter-spacing: -.75pt; mso-fareast-language: IT;">“benché paralitico, Kamenskij dipinge gioiosi pastelli che raffigurano con
lo stile fanciullesco della sua poesia d’allora spiagge, navi, barche,
cacciatori, aeroplani, anatre fra canneti. E con ottimismo straziante afferma
d’avere ancora vent’anni”.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing"><span style="color: #333333; font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">In
assoluto, a voler trovare rilievi in un panneggio critico impeccabile, Ripellino
non ha compreso fino in fondo Osip Mandel’štam, la cui importanza, nei decenni
successivi, si sarebbe dimostrata impareggiabile (eppure, che bello questo
cammeo: “Senza piegarsi ai temi della contingenza politica, devoto sempre
a un ideale di armoniosa bellezza, egli ha guardato la realtà come dall’alto di
un’acropoli, intendendo persino la Rivoluzione come un ritorno al classicismo.
Ma tutto ciò non significa fredda indifferenza per l’età in cui è vissuto.
Sotto il suo fatalismo talvolta l’immagine tortuosa e delirante del nostro
tempo è più viva che n tanti sonatori d’oricalchi”). Allo stesso modo, nella
gerarchia di Ripellino, ha altra luce, rispetto a quella che oggi la folgora,
la poesia di Marina Cvetaeva, “carica di elettricità, di enfasi, di passione
come certe pagine degli espressionisti”.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: center;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjXFhh2ORVX4Ue_xcAalz4gWrxSfGH2warihwP4k0CgQH6AeNPJIffKHUtIUCowgqs9UCnH_3x-J-NDs7qHfFAcZWoz5TB8RqO3_ag3utAZkXgoKBZKM-N6NXa-YlQwRX7Qxm5I9EeBWBKxx2nD3dBt9RiBasnDAKzNaqiDiZjsTE2NgB-g6hGvHS5i3JIu/s1000/3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1000" data-original-width="608" height="418" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjXFhh2ORVX4Ue_xcAalz4gWrxSfGH2warihwP4k0CgQH6AeNPJIffKHUtIUCowgqs9UCnH_3x-J-NDs7qHfFAcZWoz5TB8RqO3_ag3utAZkXgoKBZKM-N6NXa-YlQwRX7Qxm5I9EeBWBKxx2nD3dBt9RiBasnDAKzNaqiDiZjsTE2NgB-g6hGvHS5i3JIu/w255-h418/3.jpg" width="255" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><p></p><p class="MsoNoSpacing"><span style="color: #333333; font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Aveva
confidenza con Boris Pasternak, che ha tradotto in maniera insuperabile. Si
incontrarono, quasi inaspettatamente, a Peredelkino, nel 1957. Il poeta, ormai
ossessionato dal passato – “Ci narrò di Marina Cvetaeva…”, ricorda Ripellino –
non capiva perché il traduttore italiano idolatrasse le sue prime poesie, dando
poco credito al romanzo, <i>Il dottor Zivago</i>, ancora inedito.</span></p><div class="separator" style="clear: both;">
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; letter-spacing: -.75pt; mso-fareast-language: IT;">“Paragonò la figura del poeta ad un albero che stormisca nel vento… Benché
a poche verste da Mosca, Peredélkino era in realtà più remota di un villaggio
in Siberia. In quella dacia Pasternak coltivava, come una fragile pianta, la
sua solitudine, contrapponendo all’effimero brulichío degli «slogans» la ferma
meditazione dei problemi eterni. Eppure questa solitudine era fertile,
esemplare, ed agiva sui giovani stanchi delle false fanfare”.</span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="color: #333333; font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Il
capolavoro, per così dire, ‘politico’ di Ripellino è però l’antologia dei <i>Nuovi
poeti sovietici</i>, che in qualche modo conclude <i>Poesia russa del 900</i>.
Stampata da Einaudi nel 1961 – e ristampata con costanza, finché anche questa,
con dolo, è finita fuori dai radar editoriali – l’antologia è introdotta da una
lettera di Ripellino al “Caro Giulio”, l’editore. La lettera, in realtà, è un
atto d’accusa contro la tracotanza politica – quella del Soviet, in questo caso
– che mette a tacere l’estro lirico; è un tiro al bersaglio contro le “legioni
di usignuoli impagliati” che inneggiano alla letteratura ‘di parte’, di
partito, che optano, senza indugio, per il ‘realismo socialista’ pur di trovare
un cantuccio e un pasto caldo, galoppini del potere, inclini a inginocchiarsi
al trogolo di Stato.</span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; letter-spacing: -.75pt; mso-fareast-language: IT;">“Finita la rigogliosa stagione di Esenin, di Majakovskij, di Mandel’štam,
di Pasternak, gran parte dei poeti superstiti, nell’età staliniana, scivolò per
la china dei concettini morali, dei panegirici, delle formule di benemerenza.
Le raccolte apparse subito dopo la guerra mescolavano fanfare di gloria e di
trionfo a sciatte composizioni oleografiche, a versucoli per cartoline postali,
a mottetti da giornale della domenica”.</span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="color: #333333; font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Ne
viene fuori, in sostanza, un inno alla libertà del poeta, alla poesia come
estrema arte per divincolarsi dalle pastoie del potere. La scelta di Ripellino,
dunque, registrava quei poeti “sovietici” – da Nikolaj Zabolockij a Boris
Slickij e Aleksandr Tardosvkcij – in grado di evadere dal tema, eroi della
propria scassinata personalità. Tra costoro, spicca Evgenij Evtušenko, “il
giovanissimo poeta, dagli occhi irrequieti, arruffato e
impetuoso”. Ripellino lo conosce che ha 25 anni: è lui ad accompagnarlo a
far visita a Pasternak (“E a un tratto entrò nel dialogo la magica immagine di
Pasternak. Decidemmo d’un colpo di fargli visita senza preavviso, a
Peredélkino, il giorno seguente”).<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing"><span style="color: #333333; font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-fareast-language: IT;">Come a dire che la poesia, al di là
delle angherie della Storia, è soprattutto una questione di amicizie, una
questione di lignaggio.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: center;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh0hOd9U-gKPKcEnzn6GR3qy7ginUATesAqOFIZaJGK21WaeUVo940Veluu9AZ1-USHWfWzmh2VLyAzByE_VuvJDEvaMKAUyglm7zcect3uej7c-rnFdL2QsqO_l2xBWE8I7bicKroLMaPYfkOP8xEiqw1OAKH1dMoVB6lQ9RjlusnfoS3S4iove4j7FdAE/s1024/4.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1024" data-original-width="685" height="391" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh0hOd9U-gKPKcEnzn6GR3qy7ginUATesAqOFIZaJGK21WaeUVo940Veluu9AZ1-USHWfWzmh2VLyAzByE_VuvJDEvaMKAUyglm7zcect3uej7c-rnFdL2QsqO_l2xBWE8I7bicKroLMaPYfkOP8xEiqw1OAKH1dMoVB6lQ9RjlusnfoS3S4iove4j7FdAE/w261-h391/4.jpg" width="261" /></a></div></div></div></div>
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