tratto da Pangea del 17 ottobre 2025
Hugh MacDiarmid
Si svolge a Londra ed è la storia di un uomo che, dopo una lunga malattia, esce per la prima volta e si mette a osservare la folla da dietro le vetrate di un caffè. Comincia a guardare i passanti prima in modo impersonale, poi a poco a poco, attraverso i vestiti, il modo di incedere, l’espressione dei volti, cerca di capire a quale categoria sociale appartengano. A un tratto un vecchio dall’aspetto cupo e singolare cattura la sua attenzione e, spinto da un bisogno irrinunciabile di saperne di più su quella figura, l’uomo esce dal caffè e si mette a seguirlo attraverso le strade della città. Da lì ha inizio una furibonda cavalcata che dura tutta una notte e una giornata intera, con il vecchio sempre immerso tra la folla e terrorizzato all’idea di rimanere anche per pochi istanti da solo. L’inseguimento è tanto assillante quanto vano e terminerà senza nessun risultato se non la consapevolezza dell’impossibilità di capire il segreto dell’uomo della folla.
«Annientato dalla fatica com’ero, al cader della seconda sera, affrontai risolutamente lo sconosciuto e lo fissai negli occhi. Ma egli fece la vista di non accorgersene. E riprese, d’un subito la sua solenne andatura, mentre io rimanevo immobile a guardarlo, e a seguirlo non mi bastava più l’animo. ‘Questo vecchio – dissi allora a me stesso – è il genio caratteristico del delitto più efferato. Egli non vuole rimanere solo, è l’uomo della folla. Sarebbe invano che io continuassi a seguirlo, giacché non riuscirei a sapere di lui e delle sue azioni nulla più di quanto egli già non mi abbia fatto sapere’.»
Con il suo racconto Poe dimostra di essere ben consapevole del destino crudele e beffardo a cui sembra costretta in modo inesorabile l’esistenza umana. Una folle corsa in fondo alla quale cerchiamo disperatamente di scorgere un barlume di luce, ma che invece ci vede già condannati in partenza alla sconfitta. Poe parla al nostro cuore. La sua angoscia non può non essere anche la nostra. A questo serve la letteratura. Quella vera si intende. Come il protagonista di Un uomo tra la folla siamo spinti da forze misteriose e a noi del tutto sconosciute a muoverci, ad agire, a parlare, ad andare sempre avanti senza sosta sotto la spinta inesorabile della nostra perenne ansia, piccole rotelline di un meccanismo infernale di cui non riusciamo a capire né l’origine né la fine.
Per tornare alla vita di Poe di cui si diceva all’inizio, va detto che anche la sua fine fu tragica e misteriosa, avvolta in una imperscrutabile miserevole grandezza, una scena che sembra uscire da uno dei suoi racconti. La mattina del 3 ottobre 1849 un uomo in preda al delirium tremens venne trovato in una lurida stanza di un alberghetto da due soldi di Baltimora. Nessuno lo conosceva, venne trasportato d’urgenza all’ospedale della città dove morì dopo qualche giorno senza riprendere conoscenza. Le ipotesi sulla causa della morte sono tutto un programma: cardiopatia, epilessia, sifilide, meningite, colera e, tanto per non farsi mancare niente, rabbia. Era Edgar Allan Poe, un uomo tra la folla.
