di Marco Aime
tratto da Doppio Zero del 27 Ottobre 2025
È questo il fil rouge che percorre l’intero libro in cui l’autrice, con grande equilibrio, intreccia esperienze dirette, personali, incontri, dialoghi con profonde riflessioni sullo scarto esistente tra le narrazioni dominanti, e quasi sempre riduttive, e la complessità delle diverse realtà africane. E lo fa superando quel paternalismo o quell’esotismo (tralascio il razzismo che purtroppo ancora anima i molti pregiudizi) che spesso si ritrovano nei libri sull’Africa. «Non amo l’Africa», dice Chiara, non nel senso romantico, la vive, cercando di districarsi tra le mille difficoltà di questo continente.
Come, ovviamente, contribuisce a smontare certi immaginari, che vogliono un continente arretrato, votato alla fame e alla povertà, incapace di mutare, allo stesso tempo non si allinea ideologicamente con gli afrottimisti, che vedono il continente del futuro, che operano una sineddoche, facendo passare alcune esperienze di innovazioni sicuramente interessanti, per il tutto. È indubbio che oggi l’Africa sia un laboratorio quanto mai interessante, anche tenendo conto della grande energia innovativa che viene dalla demografia: il 75% degli africani ha meno di 35 anni. Il Ghana e la Nigeria, ma non solo, sono pieni di giovani che creano startup di successo, quanto mai innovative, con pochi mezzi a disposizione. Allo stesso tempo è anche vero che l’intero continente soffre ancora per le sacche di povertà, le malattie, l’analfabetismo, le guerre, il neocolonialismo.
Quello che
stride sono i contrasti, è l’immagine del giovane seduto su uno scalino per
strada, con un laptop sulle ginocchia, che sta creando una app, che verrà usata
in tutto il mondo. L’Africa è così. È Nollywood, la prolifica e ricca
produzione cinematografica nigeriana, pressoché sconosciuta da noi, ma che è
notissima in Africa e non solo. È il proliferare di scrittori che, nonostante
l’apprezzamento internazionale, continuano a essere considerati “africani”,
esponenti di una letteratura “africana”, mentre nessuno considera i libri di
Salman Rushdie o Arundhati Roy come letteratura “asiatica”.
Lo sguardo colonialista emerge anche in queste definizioni apparentemente innocue, come emerge anche nel mondo della cooperazione, che l’autrice conosce a fondo, per averci lavorato a lungo, dove si incontrano tanto progetti ben costruiti, fondati su analisi profonde, quanto iniziative basate sull’idea di carità e di aiuto, che finiscono per inferiorizzare chi li riceve.
Oltre che illuminante il libro di Chiara Piaggio è anche coraggioso, perché oltre a puntare il dito contro i numerosi, sinceramente troppi, stereotipi diffusi, trova la forza di guardare anche dentro se stessa e di riconoscere che anche il proprio sguardo non è scevro da una tradizione di pensiero che tutti noi occidentali ci portiamo dietro, anche quando facciamo lo sforzo di emanciparci. Un libro che apre gli occhi fa riflettere e da antico appassionato d’Africa non posso che dire: che, sì, l’Africa non è così: grazie!
Lo sguardo colonialista emerge anche in queste definizioni apparentemente innocue, come emerge anche nel mondo della cooperazione, che l’autrice conosce a fondo, per averci lavorato a lungo, dove si incontrano tanto progetti ben costruiti, fondati su analisi profonde, quanto iniziative basate sull’idea di carità e di aiuto, che finiscono per inferiorizzare chi li riceve.
Oltre che illuminante il libro di Chiara Piaggio è anche coraggioso, perché oltre a puntare il dito contro i numerosi, sinceramente troppi, stereotipi diffusi, trova la forza di guardare anche dentro se stessa e di riconoscere che anche il proprio sguardo non è scevro da una tradizione di pensiero che tutti noi occidentali ci portiamo dietro, anche quando facciamo lo sforzo di emanciparci. Un libro che apre gli occhi fa riflettere e da antico appassionato d’Africa non posso che dire: che, sì, l’Africa non è così: grazie!
