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Burocrazia e ricerca scientifica


Continuiamo a occuparci di “mala burocrazia” con alcune riflessioni sulla ricerca (RL)


I ricercatori italiani circa trenta anni fa cominciarono a soffrire della necessità di scrivere progetti di ricerca i cui presunti risultati avessero un riscontro applicativo immediatamente prevedibile. Infatti, in quegli anni era possibile ricevere finanziamenti di discreta entità dallo stato, sempre che i progetti fossero, oltre che di buona qualità scientifica, anche di chiara applicabilità. La polemica dilagò negli ambienti scientifici. L’assurda e pericolosa restrizione imposta agli scienziati, che rendeva difficile lo studio di fenomeni riconducibili alla ricerca di base di indiscusso valore, fu da più parti condannata. Alla luce della mortificazione subita dalla ricerca scientifica in anni più recenti, le condizioni in cui si operava in quegli anni appaiono più accettabili.
Oggi il male grave di cui soffre la ricerca scientifica è la mancanza di finanziamenti, e di procedure giuste e adeguate per accedere ai pochi fondi disponibili. La discussione su quanto la burocrazia italiana stia affossando quel residuo di ricerca scientifica sopravvissuta alla almeno decennale penuria di fondi, è su tutti i media e i social-network. La causa primaria della disastrosa situazione in cui versa la ricerca scientifica è frequentemente imputata alla cecità dei governi succedutisi negli ultimi anni. La penuria di fondi ha fatto sviluppare metodi di selezione farraginosi e spesso preclusivi a gruppi di ricerca di piccole dimensioni e di scarso potere accademico, ma non per questo di scarso valore scientifico. Un esempio è rappresentato dalla quota di cofinanziamento spesso necessaria per accedere alla richiesta di finanziamento di progetti di ricerca, che è indice di un meccanismo premiale per gruppi di ricerca già affermati. Inoltre, l’iter per l’utilizzo di fondi di un progetto finanziato è spesso pieno di insidie e di pericoli. Qui di seguito sono elencati esempi di disfunzione burocratica nella gestione di finanziamenti ministeriali, europei e privati per la ricerca scientifica:
·      la gestione di fondi ministeriali a volte ne rende difficile l’utilizzo, fino a farli “volatilizzare” per perenzione amministrativa. È quello che è successo per milioni di euro di finanziamento per progetti Firb (Fondo degli investimenti per la ricerca di base) che sono stati riassorbiti dal ministero nel 2009 per mancata rendicontazione, alla scadenza di tre anni dallo stanziamento, e mai più riassegnati ai gruppi di ricerca che non hanno potuto né rinnovare i contratti di ricerca a giovani ricercatori, né portare a termine ricerche già giudicate di indiscusso valore scientifico dai valutatori preposti alla selezione dei progetti finanziati. Non si è tenuto conto del tempo necessario per far partire la ricerca, fra emissione di bandi ed espletamento di concorsi; 
·      la poco illuminata gestione di fondi privati per la ricerca scientifica spesso ne rende difficile o impossibile l’utilizzo. Un esempio è rappresentato dalla richiesta da parte del ministero della disponibilità anticipata di fondi a copertura di tutto il percorso triennale per lo svolgimento di un dottorato di ricerca. Direttori e amministratori di istituti di ricerca privati o di industrie, che metterebbero a disposizione fondi per l’alta formazione (dottorati di ricerca), sono quindi frenati dall’iter burocratico che prevede una sostanziale anticipazione di fondi, con l’impossibilità da parte delle università di provvedere a tale anticipazione;
·      la catastrofica gestione dei fondi europei per la ricerca da parte di alcune regioni, fra cui la Regione Campania, rende molto inefficiente il loro utilizzo. I finanziamenti erogati dalla Comunità Europea nell’ambito del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale 2007-2013, e già assegnati alle università e agli istituti di ricerca, non sono stati ancora completamente erogati. L’effetto di questa disfunzione burocratica è catastrofico. L’ultima tranche di fondi che in alcuni casi sarebbe servita a emanare bandi per il rinnovo di assegni di ricerca per giovani ricercatori già impegnati sui progetti finanziati, non potrà essere completamente utilizzata a questo scopo a causa della data di scadenza della rendicontazione del progetto. Al posto degli assegni di ricerca si potranno attivare dei contratti di ricerca per un tempo più breve, ma anche questi hanno sofferto di ritardi dovuti alla solo recente concessione da parte della Regione Campania di rendere rendicontabile su questi fondi l’IRAP per i contratti di ricerca.
Gli esempi descritti fanno parte di una disfunzione burocratica diffusa sul territorio nazionale, che rende abbastanza ininfluente la capacità e la buona volontà degli amministratori locali, laddove è presente. La ricerca italiana fa quindi i conti con la penuria di fondi, la fuga di cervelli, un sistema di valutazione spesso autocelebrativo, poco obiettivo e scarsamente aperto alle new entry e infine una burocrazia farraginosa e obsoleta che rallenta, complica e a volte blocca progetti di indiscusso valore scientifico.     
                                                                                  Margherita Sacco