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Il mestiere di infermiere : intervista a Domenico Nardiello

Ti presenti, ci parli del tuo lavoro. So che sei anche psicologo, molto impegnato nel volontariato, ma vorrei sapere di più del tuo essere “infermiere”
Innazitutto, devo dirti che mi piace il senso che porta la parola “mestiere”. Hai fatto bene ad usarla e veicola senza dubbio le cose che in questa chiacchierata tenterò di portare alla tua attenzione. Io sono un Infermiere! Cioè, sono anche un infermiere perché, come tutti, sono essenzialmente una complessità di etichette!! Questo significa che sono una persona che, tra le altre tante cose della sua vita, ha scelto, ha deciso di dedicarsi in modo particolare all’Assistenza di altre persone.  Vedi, assistere un’altra persona che si trova in una condizione di bisogno, una condizione che supera le sue possibilità di risposta è una cosa molto particolare. E’ un “mestiere”, insomma, che ti pone in una dimensione relazionale particolare rispetto a quella persona. Pensa, pochi altri lavori arrivano a superare la soglia prossemica della sfera intima di contatto come quella dell’infermiere, cosa questa che richiede una ferrea etica professionale.  L’Assistenza è una competenza peculiare del mio lavoro, non appartiene al medico, allo psicologo, al fisioterapista ne ad altre professioni della Sanità. Io ho cominciato ad occuparmi di assistenza alla fine degli anni 80. Ho avuto esperienza di assistenza ospedaliera per i primi 5 anni e poi sono passato all’assistenza territoriale all’interno delle attività del Centro di Salute Mentale di Ischia. Per oltre 16 anni ho lavorato con il disagio psichiatrico, area nella quale la funzione educativa e di relazione dell’infermiere è davvero esaltata al massimo. Da poco più di tre anni mi interesso invece di gestione e organizzazione delle Professioni Sanitarie e Sociali del Distretto di Ischia e Procida…. Ruolo che ha ribaltato completamente il focus della mission del mio lavoro…. Potrei dirti che oggi mi trovo ad “assistere” i miei colleghi, mettendo al servizio dell’organizzazione quanto ho maturato negli anni di esperienza con l’utenza. Quindi una nuova sfida e ti assicuro che non è meno impegnativa e faticosa delle precedenti!!
Ci racconti qualcosa che ritieni significativo accaduto nella tua esperienza lavorativa di infermiere. Esperienza che dici essere così  importante,  per l’assistenza alle persone, che è il vero fine dei servizi sanitari, in particolar modo pubblici?
Si! E’ una cosa accaduta ormai più di venti anni fa…. Ma che ha significato tantissimo nella mia evoluzione professionale, tanto da farmi amplificare il valore della morale e della “partecipazione emotiva” nel mio lavoro. Nell’esperienza all’Ospedale S.Paolo di Milano, come infermiere di chirurgia oncologica, durante un turno di notte, sono stato scelto come interlocutore privilegiato, perché tale si è se una persona ti affida il racconto della sua vita, da una donna di circa 45 anni che la mattina successiva avrebbe subito una mastectomia per un carcinoma. La donna era molto angosciata e, nel cuore della notte, dopo che avevo finito le mie principali attività, passammo circa due ore seduti uno accanto all’altra. Parlò tantissimo, dapprima timidamente e poi man mano come un fiume. Compresi che il suo bisogno lì non era solo quello sanitario stretto e secco ma c’era qualcosa d’altro che come infermiere potevo fare ed essere per lei. Non la dimenticherò mai.
Quali sono le prospettive professionali che ti attendono, che attendono chi fa il mestiere dell’infermiere ?
Le prospettive che attendono personalmente me nella professione infermieristica non sono tantissime. Rivesto già una posizione e un ruolo elevato nella “gerarchia” della mia professione e a dirti il vero….. spero solo di mantenerla. Piuttosto ti posso dire quelle che intravedo quali prospettive della professione infermieristica più in generale! In futuro avremo un numero molto ridotto di infermieri per unità operativa, servizio o reparto che sia. Questo perché la professione si è enormemente evoluta dal punto di vista delle conoscenze e della ricerca. Oggi un infermiere è il professionista unico dell’Assistenza e in un reparto del futuro coordinerà e gestirà il lavoro di nuove figure che operano nel diretto contatto con l’utenza: potremmo intravedere un gruppo di 5 o 6 infermieri che ad esempio gestisce il lavoro di 15 0 20 Operatori Socio Sanitari (OSS). Gli OSS sono i nuovi operatori dell’assistenza sanitaria e sostituiscono i vecchi ausiliari sanitari. Inoltre la stessa Sanità potrebbe in futuro organizzarsi sull’Assistenza piuttosto che sulle patologie. Ad esempio, immagina un ospedale dove le persone accedono e sono suddivise a secondo dei loro bisogni assistenziali. Avremo ad esempio un piano terra con Pronto Soccorso /Accettazione e la degenza intensiva. Al primo piano tutti i casi di media gravità e al secondo piano i casi di lieve gravità. In questi blocchi gli infermieri e gli OSS operano su bisogni assistenziali simili come intensità e gravità e quindi anche in un rapporto operatore/paziente differenziato a seconda del blocco o piano. Gli specialisti medici e chirurghi portano la loro consulenza e competenza alle diverse persone nei diversi piani. Ad esempio l’Urologo visita il paziente con blocco renale al piano terra, quello con i calcoli al primo e quello con la cistite al secondo. Pensa che in Italia esiste già un ospedale di questo tipo.
Molti dicono che il ruolo dell’infermiere è centrale nell’assistenza sanitaria. Perché è così importante?
La professione infermieristica, come ti dicevo, è professione di Assistenza e non di altro!  In effetti è dell’infermiere la competenza, e oggi anche la responsabilità giuridica, della pianificazione della esecuzione e della verifica di tutte le tecniche di assistenza ad una persona. Come un paziente va mobilitato, come deve essere alimentato, come si somministrano tutte le terapie, come si prepara una persona a tutte le indagini diagnostiche, e tantissime altre attività di assistenza sono di competenza infermieristica. Immagini adesso come sarebbe la sanità senza questa figura? In effetti l’infermiere è il professionista di tutto ciò che concretamente si fa con il paziente. Queste operatività si basano sulla competenza di altre professioni, come quella medica che al contrario è l’unica che può fare una diagnosi di patologia e prescrivere una terapia.
Esistono da anni i medici di base, detti anche medici di famiglia; perché non esiste ancora la figura dell’infermiere di famiglia ?
Io immagino che si arriverà ad una sorta di infermiere di base; per ora non ci sono queste figure professionali;  è solo una questione economica e giuridica… che certo non è poco!!
Esiste una differenza di genere nell’ambito della professione infermieristica, del mestiere d’infermiere ? 
Una delle cose che più di altre, nella formazione classica, ci siamo sentiti dire è: L’infermiere non ha sesso!! E’ ovvio che ciò non è vero. Sicuramente, la nostra professione nasce “totipotente” e questa è una ricchezza che spero non perderemo. Cosa intendo?  un infermiere, dopo il percorso di studi è pronto ad assistere le persone in tutti i campi possibili, da tutte le specialità medico-chirurgiche a tutte le realtà territoriali della sanità. Al momento non esiste l’ultra-specializzazione come accade in altre discipline sanitarie. Allo stesso modo non ci sono infermieri maschi o femmine particolarmente  indicati in una specialità. Forse l’unica eccezione è la sala parto e il nido dove gli infermieri maschi sono una rarità. Per il resto direi che…. “L’Infermiere non ha sesso”.


A cura di Rocco Maria Landolfi