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Una mattinata a scuola da Papa Francesco


È mercoledì 2 agosto, sono circa le 9.30 e fa già molto caldo. Il cellulare emette il piccolo trillo associato alla messaggistica istantanea e, con un gesto quasi rituale, lo sollevo per vedere di che si tratta. Apro l’applicazione e vedo che un mio amico d’infanzia mi ha inviato la foto di una lunga coda di persone in fila accanto al colonnato di Piazza San Pietro e subito mi ricordo che è giornata di udienza generale e che lui aveva fatto richiesta di partecipazione alla Prefettura della Casa Pontificia.
Lo prendo un po’ in giro per l’ora a cui si è presentato all’appuntamento e per il suo stupore di trovarsi in mezzo a così tante persone, poi gli propongo di fermarsi da me, al ritorno, nelle campagne dell’alto casertano e ripongo il cellulare. Verso le 18.30, me lo trovo dinanzi casa. Una bibita fresca per riaverci dall’afa, poi non resisto alla tentazione di fargli due domande improvvisate sull’evento. Quella che segue è la trascrizione sintetica della nostra chiacchierata.
Allora, Mario, come è nato in te il desiderio di incontrare Papa Francesco?
Mario: Tu sai che sto attraversando un momento difficile della mia esistenza, da tanti punti di vista, ma una cosa mi tormenta in modo particolare: l’aver incontrato nella vita molte persone – per me importanti – affette da una qualche dipendenza. Essendo credente, ho cercato di dare un senso, una spiegazione a questi incontri, non solo con l’aiuto della psicologia, ma anche della fede, cercando un dialogo con chi ha dedicato la propria vita alla ricerca spirituale…Dei tentativi fatti finora sono rimasto un po’ deluso: ho avuto l’impressione che ormai le questioni di fede e la ricerca del senso della vita non interessino più nemmeno a monaci e sacerdoti, forse troppo impegnati in attività – anche moralmente pregevoli – ma essenzialmente mondane. Allora ho iniziato a seguire Papa Francesco, il suo insegnamento… Ho pensato che avesse ancora qualcosa da dire in materia ed ho anche fantasticato di parlargli di persona, ma – nel frattempo – mi sono “accontentato” di incontrarlo in una delle sue udienze generali del mercoledì.
C’erano molte persone intorno a te, hai parlato con qualcuno? Sei riuscito a cogliere almeno in parte le loro motivazioni?
M.: Beh, non sono riuscito a dialogare molto. Puoi immaginare la confusione delle fasi che precedono l’inizio dell’udienza e la sistemazione all’interno dell’Aula Paolo VI. Comunque, la mia impressione è che, in generale, i partecipanti fossero giovani e turisti, oltre alle comitive organizzate di religiosi. La maggior parte mi sono sembrati attratti dalla figura, dal carisma del Pontefice e dal fascino della partecipazione ad un evento comunque molto suggestivo. Non mancavano, tuttavia, persone molto attente e commosse dalle parole del Papa.
Il tema dell’udienza era “La speranza cristiana – Il battesimo: porta della speranza”, c’è stato qualche passaggio in particolare che ti ha colpito?
M.: Sono rimasto colpito proprio dal passaggio in cui il Papa ha ribadito la peculiarità della speranza cristiana: «I cristiani non sono esenti dalle tenebre, esterne e anche interne. Non vivono fuori dal mondo, però, per la grazia di Cristo ricevuta nel Battesimo, sono uomini e donne “orientati”: non credono nell’oscurità, ma nel chiarore del giorno; non soccombono alla notte, ma sperano nell’aurora; non sono sconfitti dalla morte, ma anelano a risorgere; non sono piegati dal male, perché confidano sempre nelle infinite possibilità del bene. E questa è la nostra speranza cristiana». Una speranza diversa dal semplice ottimismo verso il futuro, ma anche – in tutta franchezza – difficile da vivere e conservare in tempi di grande incertezza, come quelli attuali.
C’è stato invece un momento della cerimonia che hai trovato particolarmente suggestivo?
M.: L’udienza generale è un contenitore di molti momenti cerimoniali, dai saluti in lingua straniera alle esibizioni canore (oggi è stata eseguita l’Ave Maria da Andrea Bocelli), ma uno dei momenti che ricordo con particolare simpatia, è stato quello della benedizione. Ognuno dei presenti ha sollevato in alto qualche oggetto, non solo icone, sul quale attrarre la benedizione del Pontefice: chi un rosario, chi una catenina con un ciondolo, chi uno strumento musicale… (sorride) Io avevo pensato di alzare il cellulare, ma poi ho desistito.
Proverai ancora ad incontrare il Papa, a parlargli?
M.: Non so. Credo che gli scriverò per porgli alcune delle questioni che mi stanno a cuore. Si dice che risponda senza problemi a chiunque gli scriva.


Ivo Grillo