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La giostra dell’infanzia


Il tempo rotola sempre più veloce. Non c’è molto da recriminare, che le cose cambiano lo sappiamo da quando siamo scesi dalla giostra dell’infanzia.
Nessuna metafora, intendo proprio la giostra coi  cavallucci di legno impennacchiati e la musichetta zuccherata. Lassù il tempo si avvolgeva su sé stesso, orbitava fuori dal mondo, era un cerchio magico, puro movimento immobile, incantesimo, stordimento, felicità senza motivo.
I bambini esitavano un attimo prima di salire sulla giostra, sceglievano con cura e trepidazione il veivolo che li avrebbe portati nella grande danza cosmica: una carrozza dorata, un cigno cavo, una piccola astronave rossa, una grande tazza di caffè, una diligenza impolverata. Erano mezzi di trasporto quasi immateriali, lievi forme della fantasia, piume celesti su cui il bambino si sedeva per volteggiare ancora un poco fuori dal tempo. E accanto alla giostra c’era il vecchietto che vendeva palloncini gialli, rossi, azzurri e anche lui pareva sul punto di abbandonare le quotidiane nefandezze della terra e perdersi con un sorriso tra le nuvole, aggrappato ai suoi globi volanti. Insomma: le giostre precedevano il tempo, lo ignoravano, forse lo temevano e per questo se ne tenevano distanti. 
L’infanzia non chiedeva nulla al mondo, ne aveva uno suo, invulnerabile, favoloso, assoluto. I bambini erano magri e luminosi come alieni differenti alle tentazioni del mondo. 
Ebbene: in pochi anni tutto è cambiato. Il tempo ha espugnato quella breve eternità, gli adulti sono entrati nelle terre circolari dei bambini, le hanno conquistate e sottomesse e i loro figli sono diventati grassottelli, esigenti schiavi dell’attimo e delle mode. Ora sulla giostra si contendono a ceffoni repliche di Smart e di elicotteri Apache; la musica ipnotica dei carillon è sostituita dalle canzonette sudamericane dell’estate, salse e macarene da villaggio turistico: e il venditore di palloncini offre enormi telefonini gonfi d’elio, gialli rossi azzurri, pronti a scappare dalle manine paffutelle nel cielo delle comunicazioni. E le nonne non hanno più i capelli bianchi o turchini, ma le chiome biondo platino, le labbra rifatte e le carni frolle strizzate in jeansetti adolescenziali e qualcuna mostra sulla pelle grinzosetta contorti tatuaggi tribali. E così, per capire come girano le cose, basta sedersi un minuto accanto a una giostra: la favola è finita, il cerchio è rotto, le merci del presente hanno travolto anche il mondo sospeso dei bambini.

Marco Lodoli (novembre 2005)

Lucia amava conservare articoli di giornali ritagliati. Quello di Marco Lodoli, sopra riportato, che abbiamo ritrovato tra i suoi libri, proviene da un ritaglio da cui non è stato possibile risalire al nome della testata giornalistica (NdR).