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Scegliamo chi salvare?


Il documento, elaborato dalla Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva (Siiarti), contenente alcune raccomandazioni di comportamento in situazioni di drammatica emergenza, quale l’epidemia virale in corso, pone dilemmi inquietanti che paiono metter fine al criterio di uguaglianza ippocratica.
L’epidemia in corso, nella sua drammaticità, ha sollevato questioni etiche e deontologiche enormi. In medicina si è abituati a ragionare a partire dall’uguaglianza dei malati: “tutti i pazienti sono uguali e vanno curati senza discriminazioni”.
Gli anestesisti della Siiarti però ci invitano ad un’altra riflessione in tempi di emergenza: se, ad esempio,  in terapia intensiva, vi sono due malati con polmonite virale grave ed è disponibile un solo ventilatore polmonare, a chi dei due offro la possibilità di essere sottoposto alla terapia?  Qualsiasi criterio di scelta si mostra opinabile ma anche drammaticamente attuale. 
Gli anestesisti della Siiarti hanno formulato 15 raccomandazioni che non vanno interpretate come  precetti tassativi, ma come criteri  straordinari, flessibili che vanno adattati alle diverse situazioni. Le raccomandazioni hanno un duplice obiettivo : sollevare i clinici da una parte di responsabilità delle scelte, sempre emotivamente gravose; rendere espliciti i criteri di allocazione delle risorse di fronte ad una situazione di loro straordinaria scarsità. Esempio: due pazienti gravi, un solo ventilatore polmonare: chi sottopongo a terapia? Qualsiasi scelta prendo può essere sbagliata. Come uscirne?
Il Presidente della Federazione Nazionale Ordine dei Medici (Fnomceo) ha respinto in toto le raccomandazioni formulate dalla Siiarti perché contrarie al Codice di Deontologia Medica che resta la guida insostituibile per l’operato di ogni medico. La critica principale mossa dalla Fnomceo è che le raccomandazioni poste dagli anestesisti sarebbero “un grido di dolore”, ossia una esclamazione formulata in un momento di scarsa lucidità dettata dall’estrema drammaticità del momento. “Nessun medico deve essere costretto ad una scelta così dolorosa, non possiamo permettere che si verifichino gli scenari prospettati dalla Siiarti” ha affermato il Presidente della Fnomceo, facendo balenare l’idea che ogni raccomandazione di questo genere deve coinvolgere la categoria dei medici in toto. Ha certamente ragione. Ma i pronunciamenti della Fnomceo sono lodevoli auspici che, non s’incontrano, con la brutale realtà che si stanno trovando a vivere medici ed infermieri nei reparti di emergenza, nelle terapie intensive di tanti ospedali.
Il Comitato Etico (CE) per la pratica clinica dell’Azienda Ospedaliera Policlinico (AUO) dell’Università di Padova ha redatto un documento che affronta la tematica della possibile selezione delle cure a seguito di un’emergenza sanitaria, anche in riferimento al documento Siiarti. Per il CE dell’AUO dell’Università di Padova solo quando non si trovassero disponibilità alternative, si potrà prendere in considerazione di dare priorità ai soggetti che, a parità di bisogno, si prevede possano beneficiare maggiormente del trattamento, ma sempre al di fuori di ogni automatismo.
Dopo aver rimarcato profonda gratitudine per il personale sanitario che sta facendo fronte all’epidemia con generosità, professionalità, spirito di servizio ed abnegazione, il CE auspica che si operi quanto più possibile attraverso un costante coordinamento e condivisione delle scelte di cura tra i vari professionisti coinvolti nelle varie fasi dei percorsi assistenziali dei malati affetti da Covid 19 (medici di pronto soccorso, infettivologi, pneumologi, anestesisti rianimatori, internisti, geriatri) oltre che in equipe. Presupposto fondamentale per una presa in carico che consenta di arrivare a scelte sempre eticamente sostenibili.
Auspica inoltre che in tutte le fasi della cura e dell’eventuale accompagnamento, le scelte cliniche siano improntate al rispetto dei principi fondamentali della bioetica: il principio della beneficenza che implica che i trattamenti siano clinicamente appropriati  ed eticamente proporzionati al fine di non intraprendere procedure i cui prevedibili rischi superino i benefici attesi; il principio del rispetto dell’autonomia che impone di coinvolgere, ove possibile, i malati, nelle scelte mediche che li riguardano informandoli di tutto, momento per momento; il principio di giustizia, particolarmente rilevante nelle circostanze attuali, finalizzato a garantire a ciascuno il più alto standard di cure mediche, compatibile con un’equa distribuzione delle risorse a disposizione.
Nonostante l’isolamento che la patologia richiede vanno individuate, da parte degli operatori, modalità, tecniche e condotte in grado di garantire standard elevati ed appropriati, non solo della qualità delle cure ma anche della qualità della relazione umana; la vulnerabilità delle persone malate risulta infatti aggravata dall’isolamento e dalla sconvolgente esperienza di sentirsi attorniati da persone che indossano tute da palombari o astronauti, più che da medici e infermieri.
I racconti di persone che sono vittoriosamente uscite dai reparti di terapia intensiva, in isolamento, testimoniano dell’aiuto, del conforto ricevuto dagli sguardi tranquillizzanti e dalla voce affettuosa di medici ed infermieri, cui va riconosciuto indubbio merito.
Ecco perché c’è da augurarsi che, passata la bufera, non ci si dimentichi della grande umanità mostrata dal personale sanitario. Serve dunque che ci si batta, tutti, con veemenza e consapevolezza, per il potenziamento del Servizio Sanitario Nazionale, presente in Italia dal 1978, ma svilito e finanziato al ribasso nel corso degli ultimi venti anni.

RL