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Madre Teresa: “la povertà è la libertà di servire i più poveri tra i poveri”

Tratto da SIR – Agenzia d’Informazione

22 Luglio 2016 

“La speranza non è altro che gioia. Quando veramente conosceremo i poveri, potremo sperimentare la gioia che loro sanno donare”. È un passaggio del discorso tenuto da Madre Teresa nell’incontro “I poveri sono speranza” tenutosi a Milano il 18 ottobre ‘73 e che oggi viene pubblicato integralmente da “Avvenire”. Le parole di Madre Teresa, con quelle pronunciate alle religiose durante la stessa visita a Milano, sono state raccolte nel libro “Amiamo chi non è amato” (Editrice Missionaria Italiana). “La nostra attività, il nostro lavoro, il nostro servizio ai poveri – disse Madre Teresa nell’incontro meneghino – non sono che l’espressione concreta del nostro amore per Dio”. “Nell’intento di portare un po’ di sollievo alla vita dei poveri – proseguì – noi scegliamo liberamente di essere poveri come loro, in modo da poter comprendere la loro povertà. La povertà, per noi, è la libertà di servire i più poveri tra i poveri”. “Abbiamo bisogno della vita di preghiera per essere capaci di vedere Cristo sotto le sembianze del volto sfigurato dei poveri”, aggiunse la suora, per la quale “non riteniamo che sia una perdita di tempo spendere l’intera nostra vita sfamando gli affamati, vestendo gli ignudi, assistendo i malati, dando una casa ai senza tetto, insegnando agli ignoranti, amando chi non è amato, accettando chi non è voluto, perché Gesù ha detto: ‘Voi l’avete fatto a me’”. In quell’occasione, Madre Teresa parlò anche dei lebbrosi ma riconobbe che la malattia più grave, oggigiorno, non è la lebbra o la tubercolosi, ma la solitudine, il sentirsi ignorati, non amati, non voluti”. “Questa – ammonì – è la causa di tanti disordini, divisioni e guerre che oggi ci affliggono”. Per questo, aggiunse, “tutti dovremmo diventare missionari della carità e portare l’amore di Cristo prima di tutto nella nostra famiglia e poi al vicino, così da estendere la pace in tutto il mondo”.

 

Segnalato da Virginia Varriale

 

 

Al pietoso stupore s’abbandonano

d’un qualsiasi giaciglio di fortuna.

Dormono proni, come sul guanciale

di carne della madre appena nati

furono posti, e le piccole bocche

ancora si dispongono a succhiare

sognando il latte dolce della vita.

Non il latte seppur solo sognato

Bagna le tenere labbra di Aylan.

Di sabbia l’acqua amara le sigilla.

E l’onda gioca col mucchietto inerte

vestito come un bambino addormentato,

rossa la blusa, blu i pantaloncini,

le minuscole scarpe ancor calzate

per i passi che non saranno fatti.

Un cristo di tre anni assassinato

da tutte le potenze della terra.

Poesia di Aldo Masullo, scritta in onore di Aylan, bimbo migrante morto su una spiaggia in Turchia.

Segnalata da Virginia Varriale

 

 

XXVII

Schegge di conchiglie

per strada catturano la mia attenzione

sembrano pezzi di altra vita in un mondo oblioso.

Sull’asfalto luccicano

non del riverbero del mare

ma di lampioni luci nella notte

somigliano agli uomini trapiantati da altre sponde

tristi e feroci

in cerca di una casa nuova

questa non riverbera di stelle

ma di abisso inumano.

 

Tratta da Virginia Varriale “Anima sospesa” - Edizioni Libreria “Dante e Descartes” Napoli 2016