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La Montagna di Sale di Mimmo Paladino, nel 1995, in Piazza Plebiscito a Napoli, ha rappresentato grandi speranze di cambiamento, non tutte poi realizzatesi. Ce lo ricorda Goffredo Fofi, nel pezzo che segue, ripreso dal quotidiano Avvenire del 12 marzo 2021. 
Con la pedonalizzazione di piazza Plebiscito e la riqualificazione del centro storico la vivibilità della parte centrale della città migliorò. Nulla o quasi è stato fatto nelle periferie.  Poi un crollo verticale. Alla montagna di sale si sostituirono montagne di rifiuti. Negli ultimi anni sono scomparse le montagne di rifiuti, Napoli ha però patito un declino progressivo. Tante promesse, pochi cambiamenti. Non può certo bastare la presenza dei turisti a rendere migliore una città. I problemi strutturali di Napoli sono tuttora presenti, tuttora irrisolti. La metropolitana con le stazioni “più belle del mondo” ed un funzionamento tra i peggiori in Europa. Ancora “miseria e nobiltà”?  l’ennesimo rinascimento napoletano è possibile? Il nuovo sindaco e la sua giunta, da cui nessuno si aspetta miracoli, dovranno fare però da subito qualcosa di concreto, nel centro come nelle periferie, per dimostrare di essere all’altezza del compito che gli è stato affidato . (NdR).
 
Il monito dei cavalli di Mimmo Paladino
 
Tra le tante e immeritate fortune della mia vita c'è anche l'amicizia con molti artisti del nostro tempo e paese, tra loro Mimmo Paladino, che è il grande pittore e scultore che tutti sanno ma che è anche regista di film di ardita sperimentazione linguistica e profondo ragionatore sul nostro tempo disperante e i modi di starci dentro non accettandone i diktat e cercando, anche con i mezzi dell'arte e di un'arte davvero di avanguardia, i modi guardare anche oltre, e sia indietro che avanti. Tra i suoi lavori, quello che è forse il più indimenticabile per il valore simbolico che immediatamente assunse è una scenografia ideata nel 1980 per uno spettacolo teatrale a Gibellina, in una piazza del terremoto: la Montagna di sale (o del sale). Una collinetta artificiale, bianca, di cemento, vetro-resina e pietrisco sulla quale si arrampicavano 30 cavalli di legno (il cavallo è una specie di marchio di Paladino, che ne ha creati davvero tanti e per gli ambienti più diversi), mostrando la fatica, la stanchezza, la sfida, la conquista. In due momenti molto significativi per la nostra storia, tra presente e passato, essa è stata ricomposta in piazza Plebiscito a Napoli nel 1995, a segnare una data importante nella storia della città, in anni di grandi speranze non tutte poi realizzatesi, e più tardi in piazza Duomo a Milano, nel 2011, per festeggiare i 150 anni della nascita della nostra nazione, l'Unità d'Italia. Dal Sud al Nord, per una volta, ma in uno spirito di vera comunione, per celebrare la fatica di una lotta. Quanti artisti hanno saputo intendere con altrettanta visionaria bellezza e intelligenza il senso di una esperienza singola e collettiva, espressa attraverso figure simboliche, di animali e non di umani? Molti ci hanno provato arenandosi nelle gore della società dello spettacolo, senza riuscire a restituire il senso e la fatica della Storia. E si vorrebbe che Paladino provasse, dal suo rifugio del Sannio, a elaborare qualcosa di altrettanto significativo per i nostri anni disperanti, di pandemia e solitudine e con tutto il loro enorme deficit di speranza.
La Montagna del sale non è stata certo dimenticata e ha trovato il suo posto nei libri di storia dell'arte, ma quel che abbiamo perduto è il sentimento di speranza che era legato alle sue occasioni, ai suoi luoghi. Quelle sfide le abbiamo dimenticate, arrabattandoci, artisti e non artisti, nell'oscura mediocrità del nostro presente, nella sfiducia verso il futuro.
 
Goffredo Fofi
Tratto da “Avvenire” 12 marzo 2021