testata registrata presso Tribunale di Napoli n.70 del 05-11-2013 /
direttore resp. Pietro Rinaldi /
direttore edit. Roberto Landolfi

RdC e povertà

Il reddito di cittadinanza (RdC)  è un misura imperfetta che mette insieme lotta alla povertà e accesso al lavoro. Lo abbiamo rimarcato più volte, anche sulle pagine di questo periodico. Ciò detto,  il RdC  va migliorato, non abolito. È una delle poche misure che porta più benefici al sud Italia che al nord.  È vero che c’è chi se ne approfitta e che,  questo fenomeno,  avviene più al sud che al nord. Ma allora, i controlli che ci stanno a fare? Lo Stato ha tutti gli strumenti per controllare (INPS, Agenzia delle Entrate etc.) In quest’ultimo periodo lo sta facendo e infatti  la Guardia di Finanza ha individuato e denunciato chi se ne approfitta. Gli abusi  vanno  repressi ovunque e con tutti i mezzi consentiti dalla legge.

A fronte di ciò ci sono migliaia di persone e di famiglie che, grazie al reddito di cittadinanza hanno potuto alimentarsi in maniera dignitosa e fare alcuni acquisti, non da “poveri” ma da persone “normali”. Ecco quindi che chi vuole abolire il reddito di cittadinanza parla così  perché ha “la pancia piena” ed approfitta dei furbetti del RdC  per fare propaganda politica. Costoro farebbero bene ad occuparsi dei grandi evasori, di come scovarli e controllarli. Coloro che attualmente fanno propaganda sui furbetti del RdC, sono gli stessi che, in passato, non  si sono occupati dei “grandi furboni” che sulle “quote latte” hanno potuto, per anni commercializzare il latte senza pagare tributi. Fino a quando,  nel 2015,  l’UE ha abolito la misura e si è tornati al libero mercato.

Chi vuole abolire il reddito di cittadinanza, non si interessa delle persone che vivono condizioni di disagio e povertà.

Sul tema riportiamo un interessante pezzo ripreso da “Valigia Blu” del 5.11.21 (RL)

 

Reddito di cittadinanza: il governo non ascolta gli esperti e «punisce» i poveri

 

Il 28 ottobre il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge di Bilancio per il 2022, che ora dovrà passare all’esame del Parlamento e ricevere il via libera definitivo entro la fine dell’anno. Tra le altre cose, il governo ha introdotto una serie di novità per il reddito di cittadinanza. Da un lato ha finanziato la misura con circa un miliardo di euro in più, rispetto alle risorse già stanziate, per ogni anno fino al 2029. Dall’altro lato, ha proposto alcune modifiche che, come vedremo, restringono l’accesso al sussidio, senza migliorare i suoi elementi di maggiore criticità – su cui abbiamo già scritto in passato.

In sintesi: il presidente del Consiglio Mario Draghi – che ha detto di condividere «il principio del reddito di cittadinanza», senza che sia «da intralcio al funzionamento del mercato del lavoro» – sembra aver puntato a una soluzione di compromesso al ribasso. Da mesi il reddito di cittadinanza è al centro di forti attacchi da parte della maggior parte dei partiti, alcuni dei quali ne chiedono l’abolizione, manipolando i dati su chi percepisce indebitamente il beneficio o demonizzando i giovani, che preferirebbero il sussidio pur di non lavorare.

Le novità proposte nel disegno di legge di Bilancio non rispecchiano i numerosi suggerimenti evidenziati da diversi esperti di povertà, che da tempo hanno raccolto evidenze e suggerimenti per rendere il provvedimento più equo e meno discriminatorio. 

Le modifiche annunciate sono state subito criticate da alcuni esponenti del comitato di valutazione del reddito di cittadinanza, nominato a marzo dal Ministero del Lavoro, che presto dovrebbe pubblicare un rapporto sulle sue ricerche. Con il disegno di legge di bilancio «si è voluto dare il messaggio che si sarà ancora più severi con i poveri», ha per esempio dichiarato il 30 ottobre a Il Fatto Quotidiano Cristiano Gori, professore ordinario di Politica Sociale all’Università di Trento e membro del comitato. «Dietro c’è lo stereotipo del povero come una persona che non vuole lavorare, verso cui avere un approccio coercitivo e punitivo». Su una posizione simile si è schierata lo stesso giorno su Repubblica anche Chiara Saraceno, che presiede il comitato. La sociologa ha auspicato che in Parlamento vengano apportate modifiche «basate sull’analisi dei dati e non su prese di posizione ideologiche o narrazioni senza riscontro empirico».

Nonostante questi commenti, le modifiche proposte in legge di Bilancio sono state supportate da Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 stelle, il partito che del reddito di cittadinanza ha fatto la sua bandiera politica. Il 2 novembre, ospite a Porta a Porta, Conte ha infatti dichiarato (min. 39:15) che sulle modifiche «l’equilibrio finale sia quello giusto».  

Vediamo più nel dettaglio quali sono le novità proposte dal documento approvato dal Consiglio dei ministri e quali sono le critiche arrivate dagli esperti negli ultimi giorni.

Quali sono le proposte del governo

Il testo ufficiale del disegno di legge di Bilancio per il 2022 non è ancora stato pubblicato, ma è stato divulgato da diverse fonti stampa. Nello specifico, tre articoli riguardano il «riordino della disciplina del reddito di cittadinanza», una scelta delle parole non casuale, dal momento che non siamo di fronte a una riforma o a modifiche organiche del provvedimento. Ma a interventi mirati per rendere più severi i requisiti di accesso alla misura.

Come già detto, un primo articolo ha autorizzato lo stanziamento di maggiori risorse per il reddito di cittadinanza, per oltre 9 miliardi di euro aggiuntivi, dal 2022 al 2029. Un terzo articolo invece ha aumentato di 70 milioni di euro annuali le risorse a disposizione dei centri per l’impiego.

Il secondo articolo – quello più corposo dei tre – contiene una serie di modifiche alla legge del 2019 con cui è stato introdotto il reddito di cittadinanza, in particolare per quanto riguarda le condizionalità legate alla ricerca di lavoro. Ricordiamo infatti che una parte dei beneficiari del reddito di cittadinanza è obbligato a seguire i percorsi per trovare un’occupazione, pena la perdita del sussidio. Secondo i dati più aggiornati di Anpal, al 30 settembre i beneficiari soggetti al Patto per il lavoro erano circa 1,1 milioni, su circa 3,5 milioni di persone coinvolte dalla misura. Come abbiamo spiegato più nel dettaglio in passato, la stragrande maggioranza di questi beneficiari non sono immediatamente collocabili sul mercato. 

Tra le altre cose, il disegno di legge di Bilancio ha proposto che la richiesta di percepimento del reddito di cittadinanza equivalga a una «dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro». Al momento questa disponibilità deve scattare a un mese dal riconoscimento del beneficio.

Viene poi chiesto di ridurre il numero di proposte di lavoro che si possono rifiutare prima di vedersi togliere il sussidio. Per ora chi non accetta almeno una di tre offerte congrue di lavoro – oppure, in caso di rinnovo del beneficio, non accetta la prima offerta di lavoro congrua – perde l’accesso al reddito di cittadinanza. Il concetto di “offerta di lavoro congrua” cambia a seconda di diversi parametri. Nei primi 12 mesi di fruizione del beneficio, un’offerta di lavoro è congrua, per la prima offerta, se è entro 100 chilometri di distanza dalla residenza del beneficiario o raggiungibile in massimo 100 minuti con i mezzi di trasporto pubblici; oppure entro 250 chilometri, se si tratta di seconda offerta. Se è la terza, l’offerta è congrua se arriva da qualsiasi parte del territorio nazionale.

In questo ambito il disegno di legge di Bilancio ha proposto di ridurre il numero di proposte rifiutabili a due. Dal 2022 la prima offerta congrua dovrà essere entro 80 chilometri, ma già la seconda dovrà essere accettata se arriverà da qualsiasi parte d’Italia (se si tratta di un lavoro a tempo determinato, valgono per prima e seconda offerta le condizioni degli 80 chilometri).

Per incentivare la ricerca di occupazione – almeno così sembra dalle intenzioni del governo – è stata anche ideata una riduzione mensile di 5 euro del sussidio per chi riceve il reddito da almeno sei mesi e non ha trovato lavoro. Sono esclusi dal taglio i nuclei con minori di età inferiore ai 3 anni o con disabilità gravi, e in ogni caso il valore del beneficio non può scendere sotto i 300 euro (nei casi di nuclei famigliari con una sola persona). 

Se un percettore del reddito viene assunto grazie all’intermediazione di un’agenzia del lavoro, a quest’ultima sarà riconosciuto un 20 per cento dell’incentivo spettante ai datori di lavoro. L’esonero del versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, per una durata massima di 18 mesi, sono poi estesi anche a chi assume a tempo determinato o con contratti di apprendistato.

Il governo ha inoltre proposto di restringere i potenziali beneficiari del reddito di cittadinanza, escludendo i condannati in via definitiva per una lunga serie di reati, tra cui prostituzione minorile e riciclaggio. Infine – per ora solo sulla carta – il testo dispone l’introduzione di maggiori accertamenti preventivi, per esempio sullo stato patrimoniale dei richiedenti il sussidio, con un maggiore incrocio tra le banche dati dell’Inps e controlli a campione da parte dei comuni. 

Ricapitolando: il problema più significativo è che tutte queste novità non intervengono sui limiti principali del reddito di cittadinanza nel contrasto alla povertà e non solo. Per questo non sono mancate le critiche da parte degli esperti sul tema.

Quali sono le critiche al governo

Come abbiamo già anticipato, due membri del comitato di valutazione del reddito di cittadinanza – Saraceno e Gori – hanno espresso una serie di osservazioni sugli errori commessi dal governo con le proposte nel disegno di legge di Bilancio.

Il Fatto Quotidiano Gori ha dichiarato che le modifiche avanzate «non affrontano nessuno dei principali problemi del reddito di cittadinanza e sono ispirate a una logica punitiva dei poveri». «La narrazione dei “divanisti” ignora i dati e chi sono i poveri beneficiari del reddito di cittadinanza: persone in condizione di fragilità con ridottissimi livelli di studio», ha aggiunto Gori. «E ci si dimentica che prima di tutto serve una domanda di lavoro».

In tutto questo bisogna ricordare che, come spiegato dall’economista dell’OCSE Daniele Pacifico nell’ultimo rapporto Caritas sul reddito di cittadinanza, il sussidio italiano è già tra quelli con i requisiti di ingresso più stringenti rispetto alle altre misure di reddito minimo nei Paesi più sviluppati. 

Secondo Gori, «i difetti principali del reddito di cittadinanza sono noti», e sono quelli di cui abbiamo scritto più nel dettaglio in passato. In breve: il reddito di cittadinanza – così come è concepito oggi – è discriminatorio nei confronti degli stranieri, penalizza le famiglie più numerose ed esclude una grossa parte delle persone che vivono in povertà assoluta. I collegamenti e le condizionalità con le politiche attive spesso rimangono sulla carta e non si concretizzano nella realtà, a causa anche dei forti ritardi accumulati su questo fronte su scala nazionale.

«Il reddito di cittadinanza va migliorato per renderlo più adeguato al duplice scopo di rimediare alla povertà grave, che non consente di soddisfare i bisogni essenziali, e di favorire l’inclusione sociale, vuoi tramite l’accesso al mercato del lavoro, vuoi (per la maggioranza dei beneficiari) tramite la partecipazione ad attività socialmente utili e il contrasto alla povertà educativa dei minorenni», ha invece scritto su Repubblica il 30 ottobre la sociologa Saraceno, che presiede il comitato di valutazione del Ministero del Lavoro. «Per migliorarlo occorre partire dai dati, non da narrazioni più o meno fantasiose». 

Secondo Saraceno, «fa parte di queste ultime l’idea che i beneficiari (adulti e in grado di lavorare) rifiutano offerte di lavoro, che sarebbero abbondanti, perché l'ammontare del reddito di cittadinanza che ricevono è talmente generoso da consentire loro di stare in panciolle». Come abbiamo sottolineato in un’altra analisi, il valore medio del reddito di cittadinanza per i nuclei composti da una sola persona – senza minori a carico – è di circa 550 euro: una cifra difficilmente competitiva con quella di un salario piuttosto decoroso. 

È vero però che, per come è disegnato, in diverse circostanze il reddito di cittadinanza non offre i giusti incentivi ai percettori per cercare lavoro, come hanno sottolineato a settembre su lavoce.info Stefano Scarpetta, direttore per il lavoro l’occupazione e gli affari sociali dell’OCSE, e Pacifico. Una soluzione, proposta da tempo da diversi economisti, è quella di introdurre il cosiddetto “in-work benefit”, ossia quella di permettere al beneficiario che trova lavoro di mantenere una parte del sussidio, misura in vigore in diversi Paesi europei. 

«Occorre anche modificare quelle norme che, peccando di irrealistica astrazione, identificano criteri di “lavoro congruo” lontani dall’esperienza della maggioranza dei beneficiari del reddito di cittadinanza, stante che questi spesso non hanno una esperienza pregressa di occupazione cui fare riferimento in termini di qualifiche, orario, remunerazione, durata contrattuale», ha poi aggiunto Saraceno su Repubblica. «Un’occupazione pagata secondo i minimi contrattuali, anche se a breve termine (un mese) e/o a tempo parziale può costituire un importante passo nel processo di avvicinamento al mercato del lavoro per persone che ne sono lontane. E il reddito che ne deriva dovrebbe poter essere combinato, almeno fino ad una certa soglia, con il reddito di cittadinanza, evitando scoraggianti aliquote marginali altissime che rendono poco utile lavorare (posto che un lavoro si trovi)».

Anche l’Alleanza contro la povertà – nata nel 2013, con all’interno realtà come i sindacati e ong – si è detta critica del contenuto del disegno di legge di Bilancio per il 2022. «Il reddito di cittadinanza, affinché sia davvero efficace, ha bisogno di una revisione complessiva, non solo di un “piccolo tagliando”, che ci sembra invece la direzione presa nella bozza della prossima legge di bilancio, che focalizza la sua attenzione sul percorso di inclusione lavorativa, trascurando aspetti altrettanto importanti per una misura che innanzitutto deve essere tarata in modo da sostenere adeguatamente le famiglie in forti difficoltà economiche», ha scritto l’Alleanza contro la povertà in un comunicato. Da oltre un anno l’organizzazione ha presentato otto proposte per riformare il reddito di cittadinanza, per intercettare meglio la popolazione in povertà assoluta.

In conclusione: per il momento una modifica sostanziale degli aspetti più critici del reddito di cittadinanza sembra piuttosto lontana. La legge di Bilancio era una prima opportunità di intervento, ma è andata in una direzione contraria rispetto a buona parte di quanto sostenuto dagli esperti di povertà nel nostro Paese. Entro novembre il comitato del Ministero del Lavoro dovrebbe pubblicare i risultati della sua valutazione sulla misura. Ma, viste le premesse, sembra molto improbabile che nel breve periodo si interverrà per migliorare il reddito di cittadinanza.

 

Carlo Canepa – Valigia blu – 5.11.21