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Gerusalemme, 19.4.76


Lontano Alec,
ti scrivo anche questa volta al tuo indirizzo nell’Illinois sperando che qualche segretaria si prenda il disturbo di trasmetterti la mia lettera. Non so dove tu sia….che cosa voglio questa volta? Nulla Alec, non ho alcuna richiesta…..Sono davvero impazzita ? Sono davvero impazzita come te?
Mio marito Michel è una persona rara. Non ho mai conosciuto nessuno come lui. Lo chiamo papà da prima ancora che nascesse Yifat. A volte lo chiamo figlio e stringo a me il suo corpo esile e caloroso, come fossi sua madre. Benché Michel sia non solo mio padre e mio figlio, ma soprattutto mio fratello. Se davvero abbiamo una vita dopo la morte, se davvero si arriva in qualche mondo dove non esiste la menzogna, Michel sarà mio fratello laggiù.
Mentre tu sei stato e resti mio marito. Il mio signore. Per sempre. Nella vita che verrà dopo la vita, Michel mi prenderà sotto-braccio e mi condurrà al baldacchino per la cerimonia nuziale con te. Tu sei il signore del mio odio e del mio spasimo. Il tiranno dei miei sogni notturni. Il dominatore dei miei capelli e della mia gola e dei miei piedi. Sovrano del mio seno del mio ventre del mio pube del mio utero. Come una schiava dipendo da te. Ho amato il mio signore,  non voglio essere affrancata. Anche se tu mi licenziassi nell’onta esiliandomi ai confini del tuo regno, verso il deserto, come Agar e suo figlio Ismaele, a morire di sete: avrei sete ma di te, mio signore. Anche se mi respingessi a far da gingillo per i tuoi servi nelle cantine del palazzo.
Ma tu non mi hai dimenticato, Alec empio asceta. Non puoi ingannarmi. Il tuo silenzio per me è trasparente come le tue lacrime. Il sortilegio che ho scagliato su di te ti sta smangiando sino alle ossa. Invano ti nascondi dentro una nuvola come una sterile divinità. Ci sono mille cose al mondo che sai fare meglio di me – ma non ingannare. Questo no. In questo non mi sei mai arrivato né mai mi arriverai nemmeno alla caviglia…..
Hai letto, Alec? Due volte ? Tre ? Hai avuto un brivido di piacere ? E’ finito ? Sei davvero riuscito per un istante a far fiorire uno sprazzo di gioia nella desolazione della tua solitudine ? Se è così è arrivato il momento di versarti un altro whisky. Cambiare la pipa. Perché adesso, mister dio della vendetta, avrai eccome bisogno del tuo piccolo whisky….
Devo dirti che cosa sei, Alec al confronto con gli altri che ho avuto ? Tu sei una pietraia nuda e scoscesa. Proprio come in quella canzone. Un igloo nella neve. Te la ricordi la morte nel film Il Settimo Sigillo ? La morte che vince a scacchi ? Quella sei tu.
Adesso ti alzi e distruggi questi fogli; no questa volta non li strappi metodicamente in pedanti quadratini. Li getti invece nel fuoco. E forse dopo che tutto è finito torni a sederti alla scrivania e cominci a sbattere la testa grigia contro la tavola nera; il sangue colerà dai capelli sugli occhi. E così finalmente i tuoi occhi grigi goccioleranno. Ti abbraccio….
Ora concludo. Mi vesto ed esco sola per la strada buia e deserta. Mi dirigo alla buca della posta. Ti spedisco questa lettera. Poi torno a casa, mi spoglio, sveglio Michel e mi nascondo tra le sue braccia. Michel è un uomo candido e delicato…
Di te non si può dire altrettanto. E nemmeno di me, amor mio. Siamo entrambi, lo sai, creature spregevoli. Marce. E questa è la ragione dell’abbraccio che ora la schiava manda al lontano drago di marmo.
                                                                                                         Ilana

(tratto da  Amos Oz - “La Scatola Nera”  - I Narratori – Feltrinelli 1978)

Un grande romanzo epistolare, uno dei romanzi più amati da Lucia Mastrodomenico, un viaggio nelle terre della solitudine, del desiderio fisico e della nostalgia, una meditazione eloquente sull’ineluttabilità della morte.  La potenza dell’amore di una donna. (RL)