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Auguri di buon anno a Nemonte Nenquimo 

Nemo, come ama essere chiamata, sconosciuta ai più, in prima linea, impegnata ogni giorno nella sfida a disuguaglianza, violenza, per la tutela ambientale (NdR)

 

“Alle mamme e ai papà del mondo dico: per favore insegnate ai vostri figli a prendersi cura del pianeta. Lo stiamo assassinando e insieme a lui moriremo tutti, non solo noi indigeni.” 

Lunghi capelli nero lucente, occhi grandi sottolineati da un velo di henné rosso, forme fortemente arrotondate dai quattro mesi di gravidanza, la bellezza fiera di Nemonte Nenquimo ricorda perché i primi esploratori europei scorsero nelle fattezze indigene l’icona delle mitologiche amazzoni. E a loro dedicarono il Grande Fiume e la sterminata regione da esso abbracciata: l’Amazzonia. 

Per quest’ultima combatte Nemo, come ama essere chiamata, e che vuol dire “stella” nel linguaggio del suo popolo, gli Wuaorani. A differenza dei suoi antenati non lo fa con le frecce ma con la carta bollata: “Ho cominciato dodici anni fa, vedendo gli scempi che l’estrazione petrolifera aveva determinato nel nord dell’Ecuador” racconta l’attivista 35enne, tra i fondatori dell’Alianza Ceibo e collaboratrice di Amazon Frontilines. “Ho deciso di agire, studiando le leggi ed impegnandomi per far rispettare i diritti dei nativi”. Così, il 26 aprile 2019, ha ottenuto la storica sentenza della Corte di Giustizia con cui ha salvato, dalle trivelle,  200mila ettari di foresta;  per questo è stata insignita del Premio Goldman, il Nobel degli ambientalisti. 

“E’ un grande onore. Spesso ci definiscono selvaggi ma non lo siamo. Siamo diversi, non nemici. Il nostro territorio non è in vendita. Che vuol dire: il futuro dei miei figli non è in vendita. E nemmeno quello dei tuoi…”

 

Tratto da “Avvenire del 31.12.20 a firma di Lucia Capuzzi