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Perché l’orrore dei campi di concentramento dei nazisti non poteva accadere al popolo napoletano


articolo inserito nella sezione sociale

Alla domanda posta agli esecutori dei crimini nazisti verso gli ebrei e verso tutti coloro non graditi, se si rendevano conto di quanto facevano, la risposta più frequente è stata che loro obbedivano agli ordini e rispettavano le regole imposte

Come quasi tutti i giorni per andare al lavoro, prendo la metropolitana e scendo all’ultima fermata in quel di Scampia, quartiere della periferia napoletana, terreno della criminalità organizzata, ma anche di tanta brava gente incolpevole di vivere in un posto tanto tristemente famoso. Mentre scendo dalla scala mobile per uscire, dal varco di uscita mi vengono incontro miriadi di persone che passano da quel varco, in barba all’esistenza dei tornelli di entrata. Non solo, ma sempre mentre esco, mi accompagna la voce metallica dall’altoparlante che, in perfetto italiano “rende noto alla spettabile clientela l’obbligo di obliterare il biglietto ad ogni passaggio in stazione negli appositi tornelli di accesso”. Mentre schivo la folla dei passeggeri incrocio un addetto della metropolitana e gli chiedo contezza di quanto accade. L’addetto è giovane, sguardo diretto, atteggiamento disponibile ma determinato. Alle mie osservazioni di cittadina rispettosa delle regole e volenterosa di civiltà quale penso essere, mi spiega perché in quella stazione ci si regola diversamente. -“ signo’,- mi dice,- ma voi avete visto come è fatto l’accesso a questa stazione? Questo accesso è fatto per una stazione dove passano 30 passeggeri al giorno e non, come nelle ore di punta, centinaia di persone contemporaneamente, per cui è praticamente impossibile garantire un passaggio ordinato e scorrevole dei passeggeri, senza far succedere nessun problema”; “si, - replico io-  è vero che così garantite un accesso più fluido e sicuro, ma è anche vero che in questo modo le persone possono entrare senza pagare il biglietto." E lui -” avete ragione, ma spesso di qua passano anche tante persone per le quali i soldi del biglietto so’ soldi, se vanno a lavorare per pochi euro o si vanno a fare una passeggiata, magari con la famiglia e i bambini, vicino al mare o nelle strade cosiddette dei signori…”. Scambiamo qualche altra battuta e ci salutiamo quasi come amici.

Mentre esco rifletto che, come al solito, così facendo in questa città non si potrà mai promuovere alcuna regola nè tantomeno rispettarla e farla rispettare, non ci si potrà mai sentire come nelle altre metropolitane del mondo civile… Eppure la ragionevolezza e la pacatezza delle considerazioni dell’addetto alla metro, il suo consapevole distacco, il suo senso di realtà e la sua visone delle cose tutte partenopee, mi offrono giocoforza una prospettiva diversa, mi inducono a pensare che probabilmente il rispetto delle regole non discenda dalle stesse ma dal contesto in cui si devono applicare, rispettare e soprattutto far rispettare. L’obbedienza alle regole diviene possibile solo fino al punto in cui l’umanità trova in esse una ragione di esistere, un reale strumento di convivenza e coesione sociale, un esercizio di libertà possibile solo in presenza di relazioni; dopo rischia di diventare ottusa ed insensata  esecuzione prescrittiva.

Maria Vittoria Montemurro