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I Ben Pensati

Sabato tre maggio 2014  l’Italia ben pensante  scopre di nuovo che c’è violenza negli stadi e nelle strade prima delle partite di calcio, che i fiorentini sono (appaiono) educati  e  corretti ed i napoletani sono (appaiono) scostumati e scorretti;  che gli ultras (non i tifosi) di Roma e Napoli si assomigliano e quindi si odiano da tempo, ed ogni occasione è buona per scatenare violenza e sfogare in strada gli istinti più bestiali di queste persone (giovani e meno) con , purtroppo,  il solito corollario di feriti (anche uno molto grave questa volta). La finale di Coppa Italia, Fiorentina Napoli, del 3 maggio ore 20,45, allo stadio Olimpico di Roma è stata tutto questo ed anche di più. Il calcio si sa è una metafora dell’Italia. I difetti ed i pregi dei tifosi sono i difetti e i pregi degli Italiani ed allora perché meravigliarsi ? I giornali, le televisioni fanno a gara a commentare queste notizie. A chiedersi perché succedono cose del genere, come è possibile che  prima della partita i giocatori debbano discutere con i tifosi se si possa giocare o meno (è già successo altre volte), perché tanti fischi all’inno d’Italia, come mai in Spagna, Germania o Inghilterra, le nazioni più avanzate calcisticamente, queste cose non succedono.  Mundo Deportivo scrive : “ un hijo de un camorrista ha  decidido que se jugara la Final de Coppa Italia entre la Fiorentina y el Nàpoles”. Succede prima e dopo le partite di calcio, in maniera esasperata e violenta, quello che succede nell’Italia divisa tra sud e nord, tra ricchi e poveri, tra maschi e femmine, nell’Italia delle differenze, delle disuguaglianze, dei cento comuni che fa difficoltà a pensare in maniera unitaria. Allo stadio Olimpico di Roma si scontravano la Firenze di Machiavelli (e di Renzi) con la Napoli Borbonica di sole, pizza e fantasia, nella Roma della “Grande Bellezza” e dei Ministeri. Realtà che non si incontrano nella quotidianità  e trovano nel calcio la loro esasperazione. E mancavano all’appello la Milano “da bere” di Inter e Milan,  la Torino dei Savoia e della Juve, la Palermo insulare ed autonoma. I Ben Pensanti si meravigliano e si indignano. Dovrebbero però indignarsi  tutti i giorni quando negli ospedali, negli uffici, nelle scuole del sud e del nord va in gioco un’Italia differente e divisa. Servizi, organizzazioni, imprese, istituzioni  diverse,  per cittadini tutti di nazionalità italiana, che, ormai, neanche più la nazionale di calcio riesce ad unire. In questi casi, poiché si tratta di cose ritenute “normali” nessuno s’indigna.  Eppure molti  sociologi e esperti di comunicazione si affanno a dire che le disuguaglianze sono il problema principale dell’Italia attuale. Problemi che non interessano più la politica da quando la “questione meridionale” è passata di moda e la “questione settentrionale” è divenuta roba da leghisti.   Allora il calcio diviene esasperazione di queste contraddizioni. La metafora del calcio è uno dei  segni più evidenti del declino politico e culturale, nell’Italia degli anni 10 del secolo ventunesimo.

                                                                                         Rocco Maria Landolfi