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Alcune considerazioni sul libro di K. Popper “La lezione di questo secolo” tascabili Marsilio 1992



Con Roberto Landolfi ci ritroviamo spesso a parlare di politica e massimi sistemi. Lui con una formazione da medico del lavoro, un passato di dibattiti, assemblee e militanza; io cresciuto in epoca post-ideologica e post-industriale, appassionato di storia, laureato in Scienze Politiche, pragmatico per professione e con una cultura medio-bassa di cose di filosofia e dottrina politica.
Proprio per questa mia formazione poco elevata (mi vergogno di quello che non so), in genere esprimo opinioni ma non le scrivo. Tuttavia, Roberto mi ha provocato con le sue considerazioni sulla lettura di Popper e allora, imitando l’Americano a Roma Alberto Sordi al piatto di spaghetti che aveva di fronte: “m’hai provocato e mo’ te magno”.
Le considerazioni riportate di seguito sono in ordine sparso, rispetto ad alcune cose lette in “La lezione di questo secolo”

  1. “Gorbaciov inaugurò la borsa valori prima che un nuovo corso della giustizia”

Mi viene da dire “ovvio”!
Gorbaciov era cresciuto a pane e marxismo, quindi, dato che nella visione marxista è l’economia che determina le cose, se Gorbaciov voleva cambiare l’URSS, non poteva non partire dall’economia. 
Per questo, Gorbaciov ha inaugurato il nuovo corso non con giudici nuovi (che si sarebbero comunque formati in un ambiente culturale sovietico), ma con la Borsa Valori, convinto che quello fosse il motore per modificare radicalmente lo Stato.
Inoltre, la giustizia ed il diritto sono il risultato di un processo culturale che richiede tempo e maturazione. Il denaro di per sé è come un caterpillar, spiana strade avanti a sé anche se – molto spesso - lascia macerie.

  1. “Occorrerebbe attuare il controllo demografico”

Il controllo demografico contraddice l’idea stessa di libertà. E mi viene da pensare che a Popper piacciano i bambini, ma senza esagerare; a patto che non facciano troppo chiasso.
Una società che pianifichi le nascite, di fatto è una società in cui la libertà è limitata. Mi si potrebbe obiettare che il controllo demografico dovrebbe avvenire mediante “l’educazione” e non attraverso la “coercizione” (come ha fatto la Repubblica Popolare Cinese fino a pochi anni fa). Si tratterebbe solo di un modo gentile di imporre una costrizione, di un’interferenza nella sfera personale degli individui che contraddice uno degli aspetti più naturalmente personali della vita umana: la riproduzione. In nome di un interesse collettivo (ancorché legittimo) si limiterebbe la libertà dell’individuo.

  1. “Sulla libertà”
La libertà come limite dato dall’altro mi pare sempre e comunque un richiamo ad un’etica del vivere collettivo che definisce i ruoli di ciascuno. Personalmente sono molto più affezionato ad una definizione di Camus di libertà come scelta individuale. Per Camus la libertà è la possibilità di scegliere la propria morte, quindi la possibilità di essere individuo e di riconoscersi come tale.

  1. “Sui bambini come classe”
I bambini non sono rappresentativi di una condizione sociale, ma di una condizione esistenziale transitoria. Non tutti i bambini sono uguali e non tutti hanno le stesse esigenze. La fine delle classi sociali è avvenuta con la parcellizzazione dei bisogni. I bambini hanno come unica esigenza comune la necessità di completarsi; ma dato che i modelli culturali ed economici cui si richiamano sono diversi, ciascuno ha un’idea di completezza diversa dall’altro. In più, manca loro una coscienza di classe. Continuo a credere che Popper abbia qualche difficoltà nel rapportarsi con i bambini…

  1. “Sulle democrazie”
Le democrazie sono strutture organizzate per difenderci dalla tirannia evidente, ma dato che il potere è invisibile ed inafferrabile, la democrazia non è che un simulacro che permette al potere di gestire con più facilità il popolo.
Siamo convinti di vivere in democrazia perché celebriamo alcuni riti come le elezioni o ci infervoriamo in discussioni politiche certi di poter essere parte di un sistema in cui abbiamo valore (l’“uno vale uno” grillino!!).
Come nel “mito della caverna” di Platone, noi siamo convinti di vedere la realtà, ma in verità vediamo solo le ombre del reale; ombre costruite per tranquillizzarci.
Da questo punto di vista il sistema sa che l’educazione assume un ruolo essenziale nell’insegnare alle nuove generazioni a riconoscere quelle ombre come reali, nascondendo le vere forme che si agitano al di fuori della caverna.
In quest’ottica l’assenza di governo è governo di per se stesso, perché il potere per sua natura è eterno, al massimo si sposta, si eclissa, ma non smette di esistere. Quindi l’assenza di capacità del governo eletto è governo di entità che non hanno il diritto a governare; tipico è l’esempio dei grand commis di Stato che si assumono poteri che travalicano il proprio essere servitori dello Stato perché chi è deputato a governare non è in grado. Oppure costituzionalmente riconosciuto è il potere del Presidente della Repubblica italiano (i poteri assegnatigli dalla Carta Costituzionale sono pochi, ma si ampliano quando la politica non riesce ad esprimere un governo efficace, in ragione del proprio compito di garanzia della Repubblica).
Che differenza c’è tra una dittatura della maggioranza ed una democrazia? Forse il tempo garantito per esprimere la propria opinione? O forse il contemplare anche le posizioni minoritarie? O, ancora, il rappresentare anche le istanze delle minoranze? Ma come farebbe una democrazia a contemplare le posizioni minoritarie? E poi, se assumiamo l’idea che la democrazia è un simulacro, enfatizzare il ruolo del dialogo significa solo enfatizzare una forma che lascia la sostanza invariata. Se, invece, considerassimo la democrazia come un processo in cui si confrontano diverse posizioni per determinare una decisione unica, appare naturale che la posizione prevalente sia rappresentativa in massima parte delle forze maggiori.

Pietro Rinaldi