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Consigliera di Parità


Nel 2010 La Commissione Europea ha presentato  la Strategia Europa 2020 per uscire dalla crisi e preparare l’economia dell’UE ad affrontare le sfide del prossimo decennio attraverso gli obiettivi di ricerca e sviluppo, inclusione, lotta alla povertà, nuove fonti di energia, efficienza energetica.
La previsione di un espresso obbligo in capo agli Stati membri dell’Unione Europea di creare organismi per la promozione della parità di trattamento è contenuta nelle direttive  n. 2000/43 (art. 13), n. 2002/73 (art. 8 bis), n. 2004/113 (art. 12), nonché nella più recente direttiva n. 2006/54 (art. 20). La pluralità e l’ampiezza dell’impegno, non solo normativo, delle istituzioni dell’Unione Europea,  sono state  imposte dal Trattato di Amsterdam che ha fatto della non discriminazione e delle pari opportunità il quarto pilastro dei piani nazionali di azione, con la previsione della destinazione di fondi strutturali.  La centralità dell’obiettivo ha fatto sì che nel 2007  sia stata creata   la prima rete  “Equinet”  (rete europea delle istituzioni di parità avente il preciso scopo di mettere a fuoco il ruolo degli organismi istituzionali specializzati nei singoli stati membri) ed infine l’Istituto Europeo per l’Uguaglianza di genere.
Accanto agli obblighi provenienti dalle fonti ed istituzioni dell’Unione Europea va segnalata, a livello internazionale, la Conferenza di Pechino del 1995, promossa dall’ONU, sulla condizione femminile, dalla quale sono sortite dichiarazioni d’impegno specificamente centrate sull’eliminazione delle disuguaglianze di genere, quale obiettivo assunto  dagli Stati che vi hanno partecipato.
Tra le raccomandazioni fatte ai Governi  è indicata “la Salute delle Donne”.  Non solo incentivare  la partecipazione delle donne nei ruoli dirigenziali della medicina riservata agli uomini, ma anche di sviluppare  la ricerca sulla medicina di genere, affrontare i problemi della disuguaglianza nelle condizioni di salute e nell’accesso, nonché l’inadeguatezza dei servizi sanitari, tra donne e uomini.  I Governi e le altre parti  interessate devono promuovere una politica attiva e visibile allo scopo di inserire la problematica uomo-donna in tutte le politiche e programmi così che, prima che le decisioni siano prese, un’analisi venga condotta, sugli effetti previsti sulle donne e sugli uomini rispettivamente.
Il rilievo dell’impegno comunitario ed internazionale e la decisa opzione per la centralità dello strumento rappresentato da organismi (specialized equality bodies) caratterizzati da un ruolo di promozione e controllo e dotati di autonomia di risorse e mezzi sufficienti, è di fondamentale importanza per il raggiungimento delle pari opportunità  
Dal punto di vista delle fonti interne, l’intera materia della non discriminazione di genere, sia in ambito lavorativo che in tutti gli altri ambiti di esplicazione, è raccolta nel testo unico del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 (Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, emanato  a norma dell'articolo 6 della legge delega 28 novembre 2005, n. 246).
La Consigliera di parità,  è la figura preposta ad intervenire in modo specifico sulle tematiche  delle pari opportunità legate al mondo del lavoro e intraprende “ogni utile iniziativa nell’ambito della competenza di stato, ai fini del rispetto del principio di non discriminazione e della promozione e controllo di pari opportunità” per lavoratori e  lavoratrici. Le consigliere di parità si occupano della  trattazione dei casi di discriminazione di rilevanza provinciale in maniera integrata con gli organi istituzionali preposti, sullo stesso territorio,  alla tutela delle lavoratrici e lavoratori.
Tra le competenze attribuite alle consigliere dalla legge, figurano le seguenti attività:
- rilevazione delle situazione di squilibrio di genere, al fine di svolgere le funzioni promozionali e di garanzia contro le discriminazioni nell’accesso al lavoro, nella promozione e nella formazione professionale, ivi compresa la progressione di carriera, la retribuzione, nelle condizioni di lavoro, le violenze nei luoghi di lavoro comprese le molestie sessuali;
- promozione delle politiche attive del lavoro, comprese quelle formative sotto il profilo della promozione e realizzazione delle pari opportunità, delle azioni positive;
- scambio di buone prassi, verifica dei risultati dei progetti inerenti azioni positive; 
- collegamenti con gli assessorati del lavoro e comitati pari opportunità;
Nell’esercizio delle funzioni sono pubblici ufficiali ed hanno l’obbligo di segnalazione all’autorità competente dei reati di cui vengono a conoscenza, di fronte ad atti, patti o comportamenti discriminatori;  possono, dopo aver espletato il tentativo obbligatorio di conciliazione, promuovere azioni in giudizio o interventi ad adiuvandum nei giudizi eventualmente promossi dalle lavoratrici.
Il 20 febbraio 2010 è entrato in vigore il Decreto Legislativo 25 gennaio 2010 n. 5 che ha dato finalmente attuazione alla Direttiva 2006/54/CE relativa al principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego. Viene rafforzato ed ulteriormente precisato il ruolo di pubblico ufficiale della Consigliera di Parità nell’esercizio della tutela giudiziaria, e viene estesa la legittimazione ad agire anche a soggetti collettivi quali organizzazioni, associazioni e sindacati che rappresentano il soggetto discriminato.
Questo processo,  iniziato  in Italia con la Costituzione 3-37 , si è sviluppato in questi ultimi decenni con la produzione di una ricca normativa  a favore delle donne compreso la modifica all’art.51 della Costituzione. Nonostante le leggi, continuano a perdurare però condizioni sfavorevoli alla realizzazione di una effettiva parità uomo-donna nell’ambito lavorativo,  sia per l’accesso al lavoro e le retribuzioni, che per la progressione di carriera e la qualificazione professionale. Questo riguarda sia il  pubblico che il  privato.  La presenza femminile diminuisce man mano che si sale ai livelli di responsabilità e di prestigio .
Ovunque le donne occupano i posti più dequalificati e peggio pagati.  Il lavoro part-time interessa quasi esclusivamente le lavoratrici, perché rappresenta l’unica possibilità di conciliare la vita professionale con quella familiare, il fenomeno del lavoro nero sta crescendo in ogni parte d’Italia, in particolare al sud. Come è risaputo le donne lavorano più ore al giorno degli uomini. Nelle statistiche ufficiali, a livello internazionale, il lavoro domestico viene  escluso dagli indici di rilevazione dell’attività economica e di produzione. La maternità, il matrimonio, la genitorialità, vengono visti come ostacoli e non come  ricchezza nella vita attiva.
Purtroppo, malgrado il consistente miglioramento dei livelli di istruzione e di formazione, il tasso di occupazione femminile, in Italia, resta tra i più bassi in Europa.  Nello stesso tempo si registra un persistente divario salariale tra uomini e donne e il mantenimento di segregazioni occupazionali con una crescente  non presenza delle donne nei livelli più alti delle gerarchie professionali e nei settori e qualifiche più innovativi e meglio remunerati.


Luisa Festa