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Madri e Ritagli. Pensieri da Lucia.
Brevi frasi o poesie, dedicate alle madri, riprese da un libretto delle “Edizioni San Paolo” del 1999.
Ritagli dal libro “Io – Lo Specchio – L’altra. La Relazione tra donne” Giannini Editore 1988. (NdR)

Madri : 
“Quello che conservi per te l’hai già perduto. Quello che doni sarà tuo per sempre” – Josef Recla
“Mia madre ha avuto un sacco di guai per causa mia ma penso che in fondo si sia divertita un mondo” – Mark Twain
“La migliore cosa che un padre possa fare per i figli è amare la loro madre” – Theodore Hesburgh

Ritagli : 
“Oggi come singole donne, come gruppi, abbiamo più riconoscimenti nel mondo, siamo più consapevoli della nostra natura politica. Va quindi nominata e saputa la distanza che avvertiamo rispetto ai modelli che riconosciamo, la fatica di costruire da e per sé il proprio significato e la possibile autorevolezza dei nostri desideri. Qui sta la nostra precarietà di senso, le nostre esperienze, la nostra intimità: per questo ricerchiamo nelle nostre relazioni tutto quanto si esprime in memoria, progettualità, comunicazione, appartenenza e passione…
I rapporti tra le donne non sarebbero così rilevanti se non fossero praticati in una dimensione collettiva. Questa dimensione è capace di rimandare ad ogni donna, nel rapporto, un’immagine dell’autorevolezza che il fatto di essere in due o in gruppo dà, rispetto al sociale in senso politico…
Ho capito da tempo che il corpo di una donna costituisce una minaccia, l’assenza di uno specchio comportava il divieto di guardarsi, conoscersi, valorizzarsi. L’immaginario lo inventiamo per dar corpo a ciò che manca, ciò che non è più, ciò che non è ancora. Attraverso il solito specchio le donne di un tempo scoprivano fianchi né troppo visti né toccati, carne bianca che non conosce sole ed occhi di piacere. Uno specchio in cui guardare le forme del proprio corpo. Questo svelava misteri e smanie riconoscibili nei segni di un inappagato amore….
La bellezza oggi, non divisa dalla capace intelligenza, ci porta a rifondare il piacere, ci porta a riparlare del corpo, dell’erotismo, della felicità. La violenza non appartiene alla storia del nostro corpo, vissuta, segna i profondi solchi dell’invecchiamento. È proprio delle donne accogliere, nell’intimo di sé tutto ciò che è fuori, dare a tutto quanto un’identità, un senso di donna, consapevole che non esiste una neutralità del soggetto….
La realtà delle nostre vite si realizza all’interno dell’immaginazione come limite. La forza della mia parola-corpo mi può venire solo dall’altra, dal costruire il luogo politico delle donne, cucina in cui si elaborano, per dirla con un linguaggio maschile, linea politica e strategia. L’essere straniere nel mondo, diverse le une dalle altre, non c’impedisce di credere nella pratica di disparità fra le donne, interrogare il nostro rapporto con il potere, scommettere oggi, con lucidità e fantasia, sulla necessità di farsi valere….
Come potrei tenere in rapporto quello che sono e vivo dentro di me con le interpretazioni sociali di quello che sono e faccio? Chi potrà mai fedelmente intendere, riprendere, sviluppare e superare quello che io ho tentato di significare stretta come sono nei miei limiti personali e storici? Io ho bisogno, oggi più che mai del soggetto collettivo femminile.”

Tratto dalla relazione di Lucia Mastrodomenico al Seminario “Io – Lo Specchio - L’Altra”Aprile 1987