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L’esempio: “Fratelli Tutti”

Ivano Fossati, artista, musicista ha scritto, tra le tante, una canzone dal titolo “Mio fratello che guardi il mondo”, canzone della quale andrebbe prescritto un ascolto settimanale, per quanto è bella, per quanto affascina, perché rappresenta una splendida esemplificazione di ciò che significa fratellanza. 

È questa una maniera mondana di introdurre una breve riflessione su “Fratelli tutti”, ultima enciclica di Francesco.

Il papa, Francesco, ha infatti di recente pubblicato la sua terza enciclica. Dopo “Lumen Fidei” nel 2013, testo iniziato da Benedetto XVI, esteso e firmato da Francesco; dopo “Laudato sì” nel 2015, ecco ora “Fratelli Tutti”. Ancora una volta siamo di fronte ad uno scritto dal valore politico enorme. Un messaggio universale valido per tutti e non solo per il mondo cattolico. Il dialogo torna ad essere il metodo principale per vivere in armonia con gli altri e con il mondo, con l’ambiente che ci circonda.  Temi già presenti nella “Laudato sì” che vengono qui filtrati dalla fratellanza, la fraternità, il termine più difficilmente declinabile e meno storicamente declinato, tra i tre che ci ha tramandato la rivoluzione francese del 1789: “Liberté, égalité, fraternité”.

L’enciclica va letta con grande attenzione; può essere interpretata da molti punti di vista, nella sua portata teologica, terrena, politica, universale. L’aspetto terreno si presenta di grandissimo valore e apre il fianco ad innumerevoli critiche, in quanto il Papa è uomo deciso e preciso che descrive con cura e senza infingimenti gli argomenti che vuole trattare. Quindi critiche ci saranno da progressisti e conservatori; ma nessuna critica riuscirà a sminuirne l’altissimo valore.

Francesco ci indica che senza la fratellanza, senza la legge suprema dell’amore fraterno, “la libertà rischia di diventare un’apertura al mondo fittizia che in realtà nasconde un deprimente individualismo e un tristissimo ripiegamento su sé stessi; l’uguaglianza rischia di diventare un qualcosa di facciata privo di qualsiasi sostanza”, come ci ricorda Carlo Petrini, in suo pezzo pubblicato su “Repubblica”. Ad alimentare la fratellanza il Papa chiama in causa la “Gentilezza”, concetto ormai desueto. Gentilezza “non come particolare secondario o atteggiamento superficiale e borghese, ma come strumento capace di liberarci dalla crudeltà e aprire strade laddove l’esasperazione distrugge tutti i ponti”. Linguaggio semplice diretto, familiare, che ci ricorda l’appartenenza ad una stessa famiglia, la famiglia umana, dove nessuno si salva da solo, come detto da Papa Francesco, riferendosi all’attuale pandemia da Covid 19.

In “Fratelli Tutti” non c’è spazio per arrendevolezza, pessimismo, disperazione. 

La pandemia non è un castigo divino. La guerra è sempre ingiusta. I nazionalismi e populismi non ci fanno progredire, ci portano indietro. Le ombre di un mondo chiuso ci aiutano a capire quanto non serva costruire muri. Accoglienza, protezione per le vite lacerate, per coloro che sono in fuga da guerra, catastrofi naturali, trafficanti senza scrupoli. La dignità umana viene prima del mercato: il mercato da solo non risolve tutto, le stragi provocate dalle crisi finanziarie lo hanno dimostrato.

Un’enciclica solo politica e terrena. Assolutamente no. Come ci ricorda la biblista Maddalena Perroni: “Mi sento di affermare che con Fratelli Tutti il papa ha scritto una pagina di alta teologia. Con grande pazienza Francesco cerca di insistere su cosa significhi oggi pensare teologicamente e cioè stare dentro la storia, il passato il presente e il futuro, non fuori ed oltre. Come per la grande tradizione biblica, anche per lui, pensare teologicamente significa vivere lo spazio, ma soprattutto il tempo, in riferimento al Dio di Abramo e di Gesù” 

 

RL