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Alcuni esempi: per l’otto marzo 2021

 Un articolo tratto da “Avvenire” del 6 marzo che ci fa riflettere su qual è in realtà il sesso forte. 

A seguire un breve pezzo tratto da “Aracoeli”, romanzo ultimo e più misterioso di Elsa Morante la ”Maestra” del mondo salvato dai ragazzini (RL)   

 

«Le donne? Sono loro il sesso forte». Ce lo ricorda il ricercatore americano Sharon Moalem 


Perché vivono di più e si ammalano meno? Il ricercatore statunitense nel suo ultimo saggio spiega i vantaggi competitivi che favoriscono le femmine a livello genetico.

Perché su 100 centenari, 80 sono donne? Perché in 13 delle prime 15 cause di morte negli Stati Uniti gli uomini costituiscono la maggioranza delle vittime? Una spiegazione per questi vantaggi competitivi delle donne - e per molti altri - c’è, e risiede nei due cromosomi X di cui ogni cellula delle femmine è in possesso, rispetto alla singola X accoppiata a un Y dei maschi. È proprio quel doppio X a renderle più resilienti, longeve, resistenti ai virus, meno propense ad ammalarsi di cancro, e nel caso avverso, a sviluppare una migliore risposta alle cure. A descrivere La metà migliore (con sottotitolo: La scienza che spiega la superiorità genetica delle donne, Utet, pagine 258, euro 22,00) è Sharon Moalem, medico e ricercatore statunitense di fama, scopritore di due malattie genetiche rare e di un antibiotico usato per trattare le infezioni da superbatteri, autore di best seller tradotti in 35 lingue. Pubblicato in tempo per la Festa delle donne, il suo è un trattato sui vantaggi comparativi che la genetica ha regalato alle femmine. Come è noto agli scienziati ma molto meno al grande pubblico, il cromosoma X contiene quasi mille geni, mentre il cromosoma Y ne ha appena una settantina. Le donne possono impiegare i due cromosomi X (entrambi, perché il famoso secondo X 'silenziato' in realtà è attivo per un quarto dei suoi geni) contenuti in tutti i mille miliardi di cellule di cui dispongono e questo dà una «potenza genetica supplementare» a ogni cellula. «In una donna che ha ereditato due cromosomi X in ciascuna cellula, ogni cellula ha diverse opzioni. E, nelle tante prove della vita, da queste opzioni può dipendere la sopravvivenza». In definitiva, scrive Sharon Moelen, il vero sesso forte sono le donne.

 

Professore, lei ha un nome che di norma è femminile. Sembra che sia predestinato a difendere le donne. Scherzandoci un po’, potremmo forse dire che i suoi studi sulla genetica sono 'femministi'?

Le mie argomentazioni riguardo alla superiorità genetica delle donne si basano sulla scienza. Non sono dichiarazioni politiche, anche se ci sono molte importanti implicazioni politiche e sociali, perché per millenni la nostra ipotesi era che le donne fossero il sesso più debole. Gli uomini possano avere più massa muscolare e forza, ma quando si tratta di sopravvivere in ogni fase della vita, le donne dominano.

Nel suo libro ha analizzato le reazioni di maschi e femmine di fronte a diverse malattie. Poi è arrivato il Covid. Cosa dicono i suoi studi?

Ovunque nel mondo è stato riferito che gli uomini muoiono nella proporzione di 2 a 1 rispetto alle donne. Ma il vantaggio delle donne rispetto alla sopravvivenza al Covid-19 non è privo di costi significativi, poiché molte più donne (2 a 1) soffrono degli effetti a lungo termine (long-Covid). Capire le differenze è essenziale per aiutare gli uni e le altre.

Storicamente le donne sono sempre state considerate il sesso debole. Adesso possiamo dirlo: si tratta di un gigantesco equivoco?

Gli uomini hanno maggiore massa muscolare e forza, di cui si sono serviti nella storia per proteggere le loro famiglie e comunità. La scienza e la medicina hanno perpetuato l’idea che la forza fisica debba essere equiparata alla forza biologica, ma c’è un fraintendimento. Per quel che riguarda la sopravvivenza dalla nascita fino a tarda età, le femmine, infatti, hanno una superiorità genetica innata. Le implicazioni di questa realtà sono enormi: alla Facoltà di Medicina mi era stato insegnato che gli uomini sviluppano e muoiono di cancro a tassi più elevati rispetto alle donne a causa dei loro comportamenti negativi come trascurare la prevenzione, bere e fumare eccessivamente, assumere stili di vita rischiosi. Certo, il comportamento svolge un ruolo essenziale sulla salute, ma abbiamo incolpato gli uomini per i tassi di malattia più elevati, mentre in realtà sono solo più fragili dal punto di vista biologico.

In che modo la scienza medica dovrebbe cambiare per adattarsi alle evidenze descritte nel libro?

Posso fare qualche esempio. Il primo: al momento non disponiamo dei dati necessari per prescrivere la giusta dose di farmaci a una donna e a un uomo. Questa distinzione non esiste nemmeno nelle ricerche per lo sviluppo di farmaci. Il secondo esempio riguarda la maggior parte delle vaccinazioni: gli uomini richiedono una dose più elevata perché il loro sistema immunitario è più debole; di contro, se alle donne viene somministrata la stessa dose che sarebbe adeguata per un uomo, soffrono inutilmente di effetti collaterali perché il loro sistema immunitario è più forte. Perché dovremmo trattare i sessi come se fossero la stessa cosa, quando sono fondamentalmente diversi? Anche la società, che spesso lascia le donne in ombra, potrebbe trarre beneficio dagli studi genetici?

Ho scritto La metà migliore per spiegare che molte delle nostre antiche convinzioni su donne e uomini sono sbagliate e obsolete. Sebbene i sessi siano più simili che diversi, è nella comprensione delle differenze che abbiamo l’opportunità di aiutare sia le donne che gli uomini.

articolo a firma di Antonella Mariani tratto da “Avvenire” di sabato 6 marzo 2021

 

 

“.. E indietro, ancora più indietro nel tempo. Il 4 novembre di 43 anni fa, ore tre pomeridiane. È il giorno e l’ora della mia nascita, mia prima separazione da lei, quando mani estranee mi strapparono dalla sua vagina per espormi alla loro offesa. E s’è udito, allora, il mio primo pianto: quel tipico pianto di agnellino, che secondo i dottori avrebbe una semplice spiegazione fisiologica, per me balorda. Io so difatti, che il mio è stato un vero pianto, di lutto disperato: io non volevo separarmi da lei. Devo averlo già saputo che a quella nostra prima separazione sanguinosa ne seguirebbe un’altra, e un’altra fino all’ultima, la più sanguinosa. Vivere significa: l’esperienza della separazione: e io devo averlo imparato fino da quel 4 novembre, col primo gesto delle mie mani, che fu di annaspare in cerca di lei. Da allora io in realtà non ho mai smesso di cercarla, e fino da allora la mia scelta era questa: rientrare in lei. Rannicchiarmi dentro di lei, nell’unica mia tana, persa ormai chi sa dove, in quale strapiombo…”

Tratto da:  “Aracoeli” di Elsa Morante - Einaudi 1982