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Reportage scolastico di Maria Colaizzo

Napoli, 31 maggio 2041

 

Siamo oggi all’Istituto “Piero Gobetti”, un poderoso edificio di recente costruzione, nella zona orientale di Napoli, non lontano dal Centro Direzionale, su un territorio liberato dalle servitù industriali e totalmente riqualificato. Osserviamo le strutture sorte intorno alla scuola, parte integrante della stessa anche se fisicamente separate: il Museo-laboratorio, il teatro, il planetario, ampi spazi verdi. La realizzazione dei progetti risale al decennio 2021-2031, in contemporanea con la ristrutturazione degli edifici scolastici storici e la riconversione in scuole degli edifici abbandonati e fatiscenti della periferia ovest. Aspettiamo la fine delle lezioni per raccogliere testimonianze e opinioni da studenti e docenti, qui in paziente attesa, alle ore 18.00, dal momento che il plesso funziona sul tempo pieno.

Un gruppo di giovani esce rumorosamente dalle belle porte girevoli e si riversa nella piazzetta antistante alla scuola, occupa le panchine, qualcuno si scambia messaggi, libri, altri ridono, discutono, si abbracciano. Sempre bella l’atmosfera del dopo-lezioni, belli i ragazzi, e belli i docenti, giovani e vecchi, che si mescolano ai propri allievi.

Accettano quasi con entusiasmo le mie domande. 

 

Cosa ne pensate di questa scuola? E’ una scuola che forma? Che non “lascia indietro” nessuno?

Varie le risposte, qui sintetizzate: Non possiamo lamentare riduzioni di materie o di ore di lezione; da questo punto di vista le riforme degli anni 2009-2011 sono state azzerate. Non riusciamo a capire come abbiano potuto sopportarle gli studenti di trent’anni fa! Inconcepibile, poveracci! Eppure molti dei nostri docenti hanno vissuto quegli anni…. Noi disponiamo di una ampia scelta di indirizzi e la possibilità di una qualificazione professionale anche in tempi brevi e, vede? Siamo tutti qui, nessuno abbandona gli studi. Non troverà in giro analfabeti.

In effetti il “gap educativo” di cui ha sofferto l’Italia per molti, troppi anni, sembra superato. L’emigrazione giovanile si è progressivamente ridotta a partire dagli anni ’30 e anche la disoccupazione giovanile. Speriamo bene!

 

E dei vostri docenti, cosa mi dite?

Un tempo, ci hanno detto, c’erano pochi insegnanti e soprattutto poco motivati. Ora la continuità didattica è assicurata e i nostri professori sono per lo più qualificati. In verità continuano a lamentarsi dello stipendio, ma si sa che l’insegnamento non è un impiego. Qui a scuola ce ne sono tanti, e anche i bidelli non mancano, ci sono continuamente corsi e concorsi…io non vorrei mai fare l’insegnante!Insomma siamo abbastanza soddisfatti… mia nonna si lamenta ancora di certi suoi professori di liceo!

 

Ma dite la verità, vi sentite inferiori agli studenti del Nord o di altre regioni? 

I ragazzi ridono senza rispondere, ma i dati indicano una riduzione delle differenze tra Nord e Sud, anche nella scuola secondaria.

Il Consiglio Ue, nella Raccomandazione sul programma nazionale di riforma 2020, osservò che “i risultati in termini di istruzione e formazione continuano a rappresentare una sfida importate per l’Italia”. Oggi, dopo vent’anni, la sfida sembrerebbe vinta. 

 

Disponete di tutor esterni, di ore di potenziamento per le singole discipline?

No no, tutto è contemplato nel piano di studi…niente supporti occasionali, solo certezze. La didattica è una cosa seria, non si può improvvisare. Le nostre famiglie vogliono per noi sicurezza e qualità, non tappabuchi. E poi, vede, ognuno ha i suoi progetti, e si impegna per realizzarli. Se vogliono che restiamo in Italia, ci devono assicurare prospettive di lavoro.

 

 

Già, che vorrete fare “da grandi”?

Intanto alcuni di noi continueranno gli studi nelle facoltà universitarie, si dedicheranno alla ricerca, e avranno bisogno di una formazione internazionale, ma bisogna supportarli economicamente perché, vede, senza ricerca non si vive. L’ultima pandemia lo ha ampiamente dimostrato. Altri magari vorranno impiegarsi, ma il sistema produttivo deve saperli accogliere. Credo che ci siano ancora problemi in questo senso, ma siamo pronti a lottare per migliorare il sistema, quello del mondo del lavoro. 

 

Che ne pensate della didattica digitale? Delle piattaforme?

Ormai non se ne può più fare a meno ma il loro uso deve essere limitato. Magari le piattaforme sono utili per l’enormità del materiale che nel tempo vi si è accumulato. Ma, a meno che non arrivi un’altra pandemia, preferiamo l’istruzione in presenza, che ci sembra anche più indipendente e libera. 

 

 I giovani si allontanano, e li guardo quasi con ammirazione camminare vicini, disinvolti, gioiosi. I loro colori e i loro linguaggi si mescolano e non è possibile distinguere le etnie di provenienza, che sono tante. Poco distante, il gruppo dei maestri. Diresti che sono un tutt’uno, sono la scuola.

Gli stanziamenti europei per la scuola italiana nel lontano 2021 non avrebbero mai consentito la “rinascita” della scuola e la soluzione dell’eterna questione scolastica ma, per così dire, furono un piccolo punto di partenza, e questa storia è una storia di speranza per l’oggi e per il domani.