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Le lacrime di Leopardi

O graziosa luna, io mi rammento
Che, or volge l'anno, sovra questo colle
Io venia pien d'angoscia a rimirarti:
E tu pendevi allor su quella selva
Siccome or fai, che tutta la rischiari.
Ma nebuloso e tremulo dal pianto
Che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
Il tuo volto apparia, che travagliosa
Era mia vita: ed è, né cangia stile,
0 mia diletta luna. E pur mi giova
La ricordanza, e il noverar l'etate
Del mio dolore. Oh come grato occorre
Nel tempo giovanil, quando ancor lungo
La speme e breve ha la memoria il corso,
Il rimembrar delle passate cose,
Ancor che triste, e che l'affanno duri! 


O luna bella, io ricordo che - ed è trascorso un anno- io venivo su questo colle a contemplarti, ed ero pieno d'angoscia. Allora tu eri sospesa su quella selva come fai ora, che la rischiari tutta. Ma il tuo volto appariva alla mia vista annebbiato e vacillante per le lacrime che spuntavano negli occhi, perché la mia vita era piena di sofferenza; e lo è ancora, e non cambia, o luna mia cara. Eppure mi conforta il ricordo, e il riandare ai momenti di dolore. Quando si è giovani, quando la speranza ha un lungo cammino dinanzi a sé e la memoria ne ha uno breve dietro di sé, quanto è piacevole ricordare il passato, anche se è triste, anche se la sofferenza permane. Nella notte dell'anima si placano i dolori di una vita infelice grazie al conforto di una presenza eccellente. Una luna luminosissima si è fatta vicina e ascolta le parole del piccolo poeta che pure non riesce a vederne distintamente il volto: il suo sguardo è annebbiato dalle lacrime che sono il filtro e il segno della sua esistenza. Le lacrime hanno un senso liberatorio perché rivelano l'emersione della sofferenza; esse sono la compassione dovuta a se stesso, sono l'offerta del proprio io lirico all'unica creatura che può comprenderle. Le lacrime consentono l'abbandono, aprono la porta al ricordo, dando la forza di voltarsi a cercare l'attimo felice di un passato troppo breve. Le lacrime sono il velo protettivo dell'immaginazione che rende tutto possibile, che sfuma i contorni perché l'ideale prevalga sul reale, che stempera nella bellezza la bruttezza del presente, sono una confessione d'amore, la richiesta di un rapporto esclusivo tra l'uomo che racchiude in sé una forza ineffabile e la leggiadra, diletta luna.

Le lacrime sono la spia di una complicità, di un antico e profondo legame, della speranza di ricevere ancora dalla vita senso e dolcezza, sono la protesta di chi sa di non meritare l'infelicità, sono la rinuncia a mascherare con le parole la propria miseria, sono lo stupore di un innocente di fronte al male di vivere, quando egli ancora si aspetta di scoprire che non è vero che esso è legge eterna dell'universo. Le lacrime del poeta sono per noi, perché sappiamo quello che prova e lo proviamo con lui, perché possiamo amarlo autenticamente; sono l'offerta spudorata del suo cuore fanciullo ai nostri occhi ed alle nostre menti, e se ci sono offerte bisogna assolutamente che impariamo a custodirle.

 

Tratto da: Maria Colaizzo “La Scuola Marginale” ed. Millerighe – Napoli 2015