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Salute per tutti. La medicina territoriale.

Continuiamo la discussione sulla medicina territoriale, su come essa potrà evolvere alla luce delle trasformazioni introdotte da Missione 6 del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (PNRR). Volentieri pubblichiamo un contributo del dott. Domenico Crea, Medico di Medicina Generale, che svolge la sua attività professionale a Napoli (N.d.R.)

 

I prossimi e nuovi obiettivi della medicina territoriale

 

La necessità, non più procrastinabile, di superare forme di assistenza legate a vincoli di "fiducia", di visioni cliniche superate e affossate dal tempo e dai ben differenti bisogni imposti dalle nuove patologie, da pandemie attuali e future, dalla richiesta dei pazienti di usufruire di una assistenza sanitaria certa e continua nell'arco delle intere 24 ore, ci porta direttamente a discutere di una medicina generale orientata verso efficienza e certezza di assistenza e di risposte.

Il sistema attuale, che ha avuto il merito indiscusso di traghettare intere generazioni verso condizioni di salute sempre migliori, alla luce di quanto avvenuto con il Covid-19, ha bisogno di una revisione, intesa come ulteriore miglioramento delle costanti di efficienza assistenziale sia qualitativa che quantitativa.

Il ministro della Salute Roberto Speranza lo ripete da mesi: «La parola d’ordine del Sistema sanitario nazionale del futuro sarà “prossimità”». Il territorio deve tornare al centro, per assicurare cura e assistenza a tutti in egual modo e per concentrare negli ospedali le uniche attività che davvero ne necessitano, ovvero le patologie acute e il settore dell’Emergenza-urgenza.

In questa direzione va anche il Piano nazionale di ripresa e resilienza e gli investimenti dedicati alla salute nella Missione 6, che insistono sul potenziamento dell’assistenza territoriale. L’indirizzo previsto si basa su nuovi modelli organizzativi, valorizzazione delle professioni sanitarie che ne fanno parte e la realizzazione di strutture ad hoc: quelle Case e Ospedali della Comunità che dovranno garantire la risposta di salute ai cittadini. Perché questo cambiamento di rotta si verifichi, però, la Commissione Salute delle Regioni ha voluto sottolineare la necessità di rielaborare la relazione tra professionisti convenzionati e SSN.

A tal fine, hanno sottoscritto - in un documento che punta a risolvere il vulnus - «che l’attuale medicina territoriale non è più in grado di garantire che l’investimento notevole previsto dal PNRR porti i risultati auspicati in termini di capacità di risposta ai bisogni dei cittadini». Gli accordi con la Medicina Generale, continua il documento, hanno in questi anni ricalcato quello originale del 2006 e reso i testi dell’Accordo Collettivo Nazionale (ACN) ambigui e contraddittori. Tra le maggiori carenze quella dell’assenza di un sistema di valutazione che abbia delle ricadute effettive e possa portare ad un innalzamento della qualità.

Infine, la pandemia e le sue conseguenze dalle quali non si può prescindere. Il documento delle Regioni in questo caso non lascia spazio a dubbi: MMG e pediatri di libera scelta (PLS) non hanno saputo gestire le richieste dei pazienti o gli aiuti a loro dovuti con tamponi, vaccini e test rapidi. L’istituzione delle Unità Speciali di Continuità Assistenziale (USCA) ha sopperito alla difficoltà della medicina generale di organizzarsi autonomamente per la sorveglianza attiva dei propri assistiti. Non è stato possibile per le Aziende Sanitarie affidare l’attività di sorveglianza ai MMG/PLS in quanto non esiste attualmente uno strumento contrattuale/normativo che possa permettere loro di coinvolgerli.

Per agevolare la risoluzione di problemi che, secondo le Regioni, non possono più aspettare, sonole quattro le soluzioni ritenute possibili:

-       Dipendenza dei MMG/PLS;

-       forma di accreditamento con modifica sostanziale dell’ACN;

-       forma di accreditamento e accordi (simile al privato-accreditato);

-       doppio canale: dipendenza e accreditamento con modifica ACN.

In ogni caso, a prescindere dalla forma contrattuale che verrà scelta, secondo le regioni, ci sarebbero precise necessità da garantire: l’obbligo di partecipazione a forme organizzate, la fornitura di prestazioni programmate dalla Regione e dall’Azienda Sanitaria, gli indicatori di garanzia di presa in carico (accountability), l’assistenza domiciliare come parte integrante dell’attività, il superamento del pagamento di (prestazioni di particolare impegno professionale (PIPP) e della remunerazione dei singoli interventi domiciliari, l’obbligo di inserimento nelle strutture del PNRR, la ridefinizione della Continuità Assistenziale (ex Guardia Medica) e la presenza e il ruolo dell’infermiere di comunità.

Sulla scorta di tali considerazioni appare logico e concreto quanto proposto dal Ministero della Salute con Missione 6 Salute del PNRR per la Medicina Territoriale, dove - con interventi per 7 miliardi - si intende potenziare le strutture e i presidi per la sanità territoriale, dare un maggiore impulso all'assistenza domiciliare, allo sviluppo della telemedicina e a una più efficace integrazione con tutti i servizi socio-sanitari.

 

Componenti e investimenti della Missione 6 Salute

Componente 1: Reti di prossimità, strutture intermedie e telemedicina per l'assistenza sanitaria territoriale e rete nazionale della salute

Investimento 1: Case della Comunità e presa in carico della persona     

Investimento 2: Casa della Comunità intesa come primo luogo di cura e telemedicina       

Investimento 3: Rafforzamento dell’assistenza sanitaria intermedia e delle sue strutture preposte (Ospedali di Comunità)

 

Da non dimenticare lo snodo che riguarda la formazione dei professionisti. Una delle proposte nel documento è quella di valutare - finalmente e definitivamente - il passaggio del Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale (CFSMG) all’Università. A cui si aggiunge la richiesta di definizione di equipollenze rispetto alle specializzazioni compatibili con la normativa europea.

Ciò potrebbe significare la fine del sistema degli studi medici, così come ora presente o quanto meno affiancata nel tempo, per una dilazionata sostituzione degli stessi studiin Presidi organizzati del SSN.

La discussione è appena iniziata, le posizioni sono distanti, ma la necessità di dover ricorrere ai fondi aggiuntivi previsti dal PNRR e il bisogno ineludibile di un sistema territoriale più gestibile e articolato di risposta, fa pendere la soluzione verso il superamento dell’approccio assistenziale individuale per andare incontro ad una nuova medicina territoriale, più moderna, tecnologica, di più ampio respiro, superando l’attuale approccio ancora legato ad un microcosmo assistenziale.

 

Domenico Crea