Chi ha avuto modo di vivere e lavorare su un’isola sa quanto tutto è più complicato. Non parlo certo del mare, della bella stagione e delle gite in barca. Parlo del vivere l’isola tutto l’anno quando d’inverno, il mare in burrasca ed i venti impetuosi, rendono l’isola davvero “bella e impossibile”. Le conseguenze dell’isola/isolamento sono tante: tra le tante c’è il fatto che gli isolani sono più esigenti, più caparbi, più capaci di superare le difficoltà, ma anche più propensi al lamento e alla protesta. Piero Cerato, da Direttore Generale dell’ASL Napoli 2, ha gestito la sanità delle isole di Ischia e Procida per vari anni. Molte le realizzazioni ascrivibili al periodo in cui Piero è stato D.G.: dalla ristrutturazione del P.O. Rizzoli di Ischia, alla R.S.A. di Serrara Fontana, al P.O. di Procida.
Ne da testimonianza. un articolo del 2016 a firma di Isabella Marino, giornalista che, all’epoca, si occupava di sanità sulle isole. Buona lettura (RL)
Quei cinque anni di Pierluigi Cerato ai vertici dell’Asl Na2 che lasciarono una buona sanità
Arrivò al vertice dell’Asl Na2 in pieno agosto e in piena emergenza, appena scoppiato il bubbone della sanità ischitana in occasione della morte della piccola Ludovica Galzenati e dell’enorme risonanza mediatica che il “caso” aveva avuto. Ci arrivò da un altro ufficio di Monteruscello, attiguo a quello del direttore generale, visto che fino al giorno prima era stato direttore sanitario dell’Azienda allora solo flegrea. E proprio per questo ruolo precedente il dottor Pierluigi Cerato fu accolto con una notevole e giustificata dose di scetticismo. Soprattutto a Ischia, dove ci ritrovavamo in quell’estate in una delle stagioni più nere della nostra sanità sempre in affanno. La storia di Ludovica aveva fatto deflagrare una bomba a orologeria di cui già vi era piena consapevolezza, con tanto di accertamento di una situazione sanitaria da Terzo Mondo a cura della Commissione parlamentare che aveva indagato sui servizi per la salute sulle isole. E Ischia risultava profondamente inguaiata in ospedale e in serie difficoltà, con grandi ritardi e arretratezze anche sul territorio.
Dopo la pessima direzione del manager Agozzino, che non si è riusciti a rivalutare minimamente neppure a posteriori, il compito affidato a Cerato era di riportare a livelli qualitativi accettabili la sanità pubblica nel territorio aziendale, a cominciare dalla realtà più disastrata, ovvero la nostra isolana. Un obiettivo grande, perfino ambizioso, data la situazione di partenza disastrosa e senza nessuna garanzia che il destinatario del nuovo incarico avesse i mezzi, la possibilità e finanche la volontà e le capacità di raggiungerlo.
Ricordo la prima intervista al nuovo manager che prometteva di restituire agli ischitani una sanità degna di un Paese civile. Aveva tutta l’aria di un azzardo. Di una di quelle promesse da marinaio a cui eravamo ampiamente abituati, da anni. Invece, anche con il vantaggio dell’attenzione mediatica che si era accesa sulla (mala)sanità ischitana, un percorso di rilancio e qualificazione fu effettivamente avviato fin da subito, ben sapendo che ci sarebbe voluto tempo per recuperare il divario esistente rispetto ad una normalità accettabile.
Il massimo sforzo fu concentrato sul POTENZIAMENTO DELL’OSPEDALE, da dove tutto il disastro era partito. E in via Fundera la boccata d’ossigeno ci fu e funzionò, soprattutto sul fronte della disponibilità di personale. E poi di dotazione del presidio, che prima era arrivato a mancare anche dell’essenziale. Dopo questo primo rilancio, partì il progetto della ristrutturazione, che purtroppo già in corso d’opera doveva rimanere orfano del previsto ampliamento. Che, alla fine, è stato l’unico degli impegni assunti da Cerato a non essersi concretizzato, benchè fosse stato previsto un diretto collegamento temporale tra le due fasi – ristrutturazione e ampliamento – senza soluzione di continuità. Proprio quella che invece si è verificata e che in qualche modo prosegue ancora oggi. E vale la pena sottolineare anche che in quel periodo non c’era bisogno di insistere troppo con le richieste, affinchè a Monteruscello si preoccupassero di incrementare il personale in ospedale da giugno a settembre con adeguati rinforzi per il presidio della prima realtà turistica della Campania.
Oltre all’ospedale, il TERRITORIO. Anche lì si concretizzò un potenziamento dei servizi esistenti, a cui se ne aggiunsero altri. Il manager non si tirava indietro rispetto alla necessità di garantire sull’isola prestazioni e livelli di assistenza che non ci erano mai appartenuti. E che solitamente erano di casa in altre zone della Penisola, leggi centro-nord. Venne fuori allora, per esempio, l’esperimento di screening mammografico, che si volle cominciare proprio da Ischia: una cosa inimmaginabile nelle condizioni in cui si trovava allora la sanità pubblica sull’isola. E l’esperienza della nuova Salute mentale già così bene impostata e avviata da Alfonso Gaglio, che aveva dotato l’isola addirittura di una Sir come in nessun altro luogo della Campania, fu consolidata e sostenuta. Non a caso, il direttore generale aveva conosciuto e frequentato Basaglia ed era fuori discussione che ne condividesse l’approccio e l’impostazione. E sempre in quegli anni giunse a compimento anche il progetto della Rsa “Villa Mercede”, che aggiungeva un altro essenziale tassello alla rete di servizi socio-sanitari finalizzata a coprire le diverse esigenze di assistenza della popolazione.
Nei cinque anni di gestione Cerato, fino al 2005, non furono tutte rose e fiori. Anche allora non mancarono motivi di critica e di lamentela fondati nei confronti dell’Asl e di chi la dirigeva. E non mancarono ombre nè vicende giudiziarie. Ma, al contrario di quello che si sarebbe verificato puntualmente con tutti i suoi successori, vi era la consapevolezza di trovare sempre nel manager di allora un interlocutore intelligente, responsabile e conscio delle sue responsabilità verso la cittadinanza, i malati. Non a caso rivendicava spesso di essere un medico prima che un amministratore. Cerato era di quelli che dinnanzi a richieste e sollecitazioni fondate e utili provenienti dall’utenza, senza alcuna pregiudiziale negativa o penalizzante verso le isole, cercava per quanto gli era possibile e il sistema gli consentiva di recepirle e trasformarle in provvedimenti concreti. E la sua cacciata per aver negato alla politicucola da bassa cucina di promuovere un primario per esclusivi “meriti” di raccomandazione “politica” fu la degna conclusione di un PERIODO CHE, tanto più alla luce dello squallore degli ultimi dieci anni, E’ DIVENTATO L’INEVITABILE PIETRA DI PARAGONE POSITIVA.
Un periodo di sostanziale buon funzionamento della sanità pubblica che non meriterebbe alcun risalto per la sua normalità, se non fosse che le esperienze successive lo hanno fatto diventare una sorta di EPOCA D’ORO. Da ricordare con rimpianto. E RABBIA PER LA PROGRESSIVA DISTRUZIONE E DILAPIDAZIONE DI QUEL PATRIMONIO MINIMO E ESSENZIALE DI BUONA SANITA’ IN OSPEDALE E SUL TERRITORIO.
E a pochi giorni dalla scomparsa di Pierluigi Cerato gli va riconosciuto il grande merito di aver lasciato in ospedale e sul territorio SERVIZI E NON MACERIE, come purtroppo è diventata una costante dei tempi recenti. Ce ne fossero…
Isabella Marino (Tratto dal blog “Qui Ischia” – 2016)