Quando provi a trasmettere la sensazione del guardare,
certi dettagli descrittivi scompaiono per forza di cose, argomenta Alex Katz,
pittore statunitense dal tratto con estro e con destrezza declinato sul
racconto di un’America “collettiva”. Viaggiatori sui trasporti pubblici a New
York, scene di gruppo intessute di interazioni tra le persone, altre tele
raffiguranti cieli, luci, superfici d’acqua.
Non se ne esce: o l’occhio si concentra sulla visione,
e a quella obbedisce nel tentativo ambiziosissimo di restituirne la luce,
oppure invece lo stesso occhio si sposta su dettagli, particolari anche
infinitesimali che diano volume alle raffigurazioni – di uomini e donne seduti
insieme, sdraiati a prendere il sole su prue di barche, intenti a conversare
separati dalle brevi distanze tra divani e poltrone.
Come fosse una scelta obbligata: l’occhio che si
guarda guardare non ha spazio per accorgersi di altro, e se e quando invece
sposta l’attenzione sul resto, su forme di altrove, ecco ogni consapevolezza
dell’atto della visione eclissarsi, svanire.
Vedersi nel mentre si vede comporta uno sforzo troppo
intenso, che esclude un simultaneo cogliere la completezza dell’insieme.
non prima.