testata registrata presso Tribunale di Napoli n.70 del 05-11-2013 /
direttore resp. Pietro Rinaldi /
direttore edit. Roberto Landolfi

Per Lucia

In attesa del Premio “Lucia Mastrodomenico”
di Virginia Varriale

Immaginando di parlare con Lucia.
Lucia, che cosa avresti pensato e scritto di questo nostro momento storico?
Quale strada avresti indicato, perché la felicità potesse ancora essere un desiderio di felicità collettiva?
Quale “teoria politica” contemporanea o “sistema normativo” potrebbero disciplinare controversie senza che esse si trasformino in guerre e negazioni?

La storia è sempre al plurale perché plurali sono le prospettive da cui si osserva il mondo, sebbene questa pluralità, o meglio la libertà di avere una prospettiva non è mai stata garantita una volta e per sempre e per tutti. Le conquiste sono sempre da provare, perché le azioni degli esseri umani sono contrassegnate dall’imprevedibilità che tutto rende possibile, tradendo le lezioni del passato da cui bisogna saper prendere le distanze, non negandolo, bensì superandolo  e non rimanendo vittime di vincoli che condizionano il “fare” del nostro mondo.

Tu hai scritto: “Occorre guardare al presente, attenti a ogni spiraglio che si apre al movimento del pensiero e del mondo”.
Ma quale dialettica sottende oggi il mondo?
Come educare i giovani al movimento del pensiero?
Mi viene in mente una parola che hai usato: l’osservanza.
“L’osservanza di una disciplina ordina le cose, le rende possibili e belle. Ma l’osservanza è anche fatica, limita lo spazio, la capienza della propria azione, come il numero dei fiori da disporre in una brocca stretta”.

Ci vogliono buon senso, ragione pratica, esercizio, tanto esercizio, per imparare a misurare lo spazio delle proprie azioni e dei propri pensieri e rispettare quello altrui. Non devo per forza capire tutto, ma accettare con umiltà quanto ha da dirmi chi è più capace, senza provarne imbarazzo, riconoscendo che tutti siamo uguali solo a noi stessi e per questo siamo bisognosi degli altri, per cogliere più significati e liberarci dalla smania della “dominazione”.

Occorre allora essere attenti alle parole, al nostro modo di giudicare quanto accade.
Avere cura per gli altri, avere il coraggio e la grazia di farsi da parte, lasciare che le nostre azioni siano teatro di confronto, di arricchimento emotivo e intellettuale.
E tu, Lucia, diresti che tutto questo è necessario non per buonismo né per generosità, piuttosto è bisogno di luce.
Come spiegare questo bisogno di luce!
Far rilucere cosa? Chi è invisibile, ma vive in un mondo che non mi può essere estraneo, perché è lo stesso mondo che abito io, che abiti tu, che abitiamo tutti.
Dar luce a chi lotta per i propri diritti, ma da solo non può farcela.
Dar luce alle differenze, comprenderle e rispettarle non con formale superficialità, bensì mostrando reciproco interesse.
Dar luce a quel che si è, essere capaci di “custodire la propria solitudine”, ma anche “coltivare insieme l’ascolto verso la parola dell’altro”.

Tutto questo è possibile solo attraverso la dialettica dell’amore, la philìa, il fatto che un essere si congiunga all’altro in un rapporto di armonia, di reciprocità, poiché sono disposti ad essere l’uno per l’altro.
Esisto perché ci sei tu, questo dobbiamo insegnare!
So di essere al mondo, quando mi faccio carico di un Noi, che è uno, perché tutto unisce…