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Pace e Guerra

Volentieri pubblichiamo il testo della relazione che la  Prof.ssa Virginia Variale ha tenuto in occasione della Manifestazione conclusiva della IX edizione del Premio “Lucia Mastrodomenico”, Napoli, sala del Capitolo Complesso Monumentale S. Domenico Maggiore, 16 marzo 2023

(NdR)

 

Riflessioni su Pace e Guerra

Buon giorno a tutti e grazie a “Madrigale per Lucia” per avermi reso partecipe della storia e del vissuto di Lucia Mastrodomenico, persona che avrei voluto tanto conoscere e ringraziarla per l’esempio delle sue azioni, per la profondità dei suoi scritti, soprattutto per la sua straordinaria capacità di leggere la realtà delle cose in prospettiva, intuendo le derive della nostra condizione storica.
Lucia si è interrogata sulla pace, si è chiesta se resta un’utopia, se è possibile la sua realizzazione nel mondo.
Quante guerre in passato, quante guerre ancora oggi: le guerre antiche avevano la caratteristica di essere delimitate nello spazio e nel tempo; poi la raffinatezza tecnologica e la potenza distruttiva delle armi e l’egoismo dell’uomo hanno cambiato la fisionomia della guerra, ma la guerra resta “umana”, essa non è qualcosa di inumano, perché non è dovuta ad eventi fatali, ma sempre e solo a scelte umane.
Non esistono guerre giuste rispetto ad altre. Esiste l’uomo che (direbbe Quasimodo) è rimasto al tempo della pietra. Prendo in prestito i suoi versi (non saprei dirlo meglio):
 
“Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
Quando il fratello disse all’altro fratello:
«Andiamo ai campi». E quell’eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.”
 
Cosa è cambiato oggi? Quanti passi in avanti sono stati fatti rispetto agli orrori del Novecento?
Quante Dichiarazioni universali dei diritti umani devono essere ancora scritte perché l’uomo impari ad amare l’essere umano, perché i popoli siano liberi, perché tutte le donne possano sentirsi rispettate, perché gli interessi economici cedano il passo alle difficoltà sociali, evitando tragedie immani?
Lucia direbbe che l’antropocentrismo ha precise responsabilità.
Nella natura umana convivono da sempre due predisposizioni: una alla “socialità” (quindi alla cooperazione) e l’altra all’ “insocievolezza (cioè all’egoismo). Tendenze buone e tendenze cattive fanno la struttura ontologica dell’uomo e solo all’interno di una comunità civile possono trovare un accordo.
Il progetto della pace resta un progetto, perché la pace si configura come idea su cui calibrare l’agire morale e politico degli individui e degli Stati. La pace continua ad essere un fine, che non è mai completamente raggiungibile; la pace resta sempre un compito.
Kant aveva scritto un libricino “modernissimo” Per la pace perpetua che consiglierei a tanti Capi di Stato del mondo, perché possano prendere spunto. Egli aveva stilato una serie di articoli preliminari alla pace:
Nessuno stato si deve intromettere con la forza nella costituzione di un altro Stato.
Col tempo gli eserciti permanenti devono essere aboliti.
Nessuno Stato in guerra deve permettersi atti di ostilità tali da rendere impossibile la reciproca fiducia nella pace futura.
La convivenza e la reciproca tolleranza sono l’unica scelta possibile che ci orienti verso la pace.
Pace significa relazione fra i popoli, significa vicinanza rendendo il genere umano meno indifferente.
Il commercio non deve essere solo commercio di beni, ma anche di idee, costumi, culture.
La politica deve essere politica di giustizia, non politica di interessi e di conquista.
La pace non è una cosa reale, ma è pensata e progettata come ciò che è giusto, la cui costruzione dipende dalla morale e dalla politica degli uomini.
Che possiamo fare? Lavorare per la pace tutti, il singolo, la comunità, gli Stati.
Pace è ospitalità, cioè il diritto di uno straniero a non essere trattato ostilmente, perché tutti hanno il diritto del comune possesso della superficie della terra, sulla quale, essendo sferica, gli uomini non devono disperdere, ma devono imparare a coesistere.
Lucia scrive: “Non è soltanto direttamente a livello della politica, per di più di una politica internazionale, che risolveremo i problemi che l’umanità deve oggi affrontare. Questa politica comporta sempre un rischio di imperialismo, in particolare culturale, di cui i politici non sono abbastanza consapevoli. Dobbiamo per primo educarci e educare i giovani a percepire la differenza che esiste fra l’altro e noi stessi, poi imparare a con-vivere e condividere nel rispetto della nostra differenza, delle nostre differenze, grazie al desiderio e all’amore come legame universale fra noi tutti e tutte”.
Occorre allora essere attenti alle parole, al nostro modo di giudicare quanto accade.
Avere cura per gli altri, avere il coraggio e la grazia di farsi da parte, lasciare che le nostre azioni siano teatro di confronto, di arricchimento emotivo e intellettuale.
E tu, Lucia, diresti che tutto questo è necessario non per buonismo né per generosità, piuttosto è bisogno di luce.
Come spiegare questo bisogno di luce!
Far rilucere cosa? Chi è invisibile, ma vive in un mondo che non mi può essere estraneo, perché è lo stesso mondo che abito io, che abiti tu, che abitiamo tutti.
Dar luce a chi lotta per i propri diritti, ma da solo non può farcela.
Dar luce alle differenze, comprenderle e rispettarle non con formale superficialità, bensì mostrando reciproco interesse.
Dar luce a quel che si è, (scrive Lucia) essere capaci di “custodire la propria solitudine”, ma anche “coltivare insieme l’ascolto verso la parola dell’altro”.
Tutto questo è possibile solo attraverso la dialettica dell’amore, la philìa, il fatto che un essere si congiunga all’altro in un rapporto di armonia, di reciprocità, poiché sono disposti ad essere l’uno per l’altro.
Esisto perché ci sei tu, questo dobbiamo insegnare!

Virginia Varriale