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La Sibilla

Poscere fata tempus est

Il suo nome era Deifobe di Glauco e viveva nell’antro da innumerevoli e forse incalcolabili decenni. Nessuno sapeva quanti anni avesse, e molti credevano che non fosse soggetta allo scorrere del tempo, anche perché vederne il volto non era facile. Molto amata e molto temuta, era lei l’ultima risorsa, per la vita e per la morte. Quando Enea salì sul colle cercando la sede dell’oracolo la sua capacità di orientamento vacillò: tra gli antri e le gallerie, il mare e il lago, la fitta vegetazione e le ombre della sera il suo cuore si smarriva in mille domande e molte paure.  Virgilio parla di cento aditi e cento porte, cento voci a precipitare i responsi. Lei, la sacerdotessa, orrendamente invasata, pronunzia parole dal suono confuso e alterato che costringono il pio pellegrino all’ interpretazione. Custode dell’Ade, il suo mondo è sospeso tra il regno dei vivi, quello dei morti e infine quello degli dei; attraverso di lei Apollo muove le fila delle azioni umane, attraverso di lei il futuro prende forma nell’antro selvaggio e illumina il cammino con qualche possibile speranza. Quando la ragione, l’esperienza e l’intelligenza non bastano alle scelte e il viaggio della vita diviene un doloroso e labirintico vagare l’unica soluzione è ricorrere alla profezia, abbandonarsi alla volontà di un dio. Non è una soluzione facile: il dio si rivela e parla attraverso il furor, le sue indicazioni sibilano nel vento scritte su foglie di palma, la preveggenza può risultare oscura ed il responso – inappellabile –  può risuonare sinistro e crudele come una condanna. Enea ha bisogno di incoraggiamento perché altre sfide lo attendono, ha bisogno di sentirsi protetto dagli dei e di credere che dal sangue versato nasceranno un nuovo regno ed un mondo pacificato. Le guerre e le peripezie hanno aperto spaventose voragini: la conoscenza del male lo ha segnato e le forze non gli bastano più. Il suo eroismo umano gli ha caricato sulle spalle il dolore di un mondo tanto grande quanto incomprensibile. L’avventura di Enea è costellata dagli interventi divini…egli può superare i limiti imposti agli umani e scendere tra i morti ad incontrare suo padre, il suo futuro viaggia di profezia in profezia e le indicazioni che riceve non lo tradiscono mai. Enea riceve il premio per la sua umana pietà. Negli antri noi cercheremmo invano una sacerdotessa che sia pur controvoglia ci indichi la strada e ci riveli il futuro. Nulla più è rimasto in quei recessi di sacro e misterioso, e nessuna sibilla vi dimora. Eppure avremmo bisogno di sapere, da una voce indiscutibilmente autorevole, qual è il limite che non bisogna varcare, quanto coraggio ci occorre per continuare il viaggio, e se dopo tanta guerra una flebile pace risanerà le ferite. Ma Apollo non parla più agli uomini, e l’antro delle cento porte è immerso nel silenzio.

Maria Colaizzo