Se le bufale
virali hanno minato il "vero", la contraffazione di video e voci darà
il definitivo colpo di grazia al "reale"?
tratto da
“Il Tascabile” del 12.1.24
Pietro Minto, Giornalista freelance, si occupa perlopiù di tecnologia. Ha una newsletter che si chiama Link Molto Belli. Ha pubblicato il saggio-manuale "Come annoiarsi meglio" (Blackie Edizioni, 2021).
La Brexit e la
vittoria di Trump hanno accompagnato il dibattito sulla cosiddetta post-truth
society, l’idea di una società in cui il concetto di verità condivisa –
l’insieme di eventi e personaggi che tutti consideriamo esistenti, al di là
delle nostre opinioni su di loro – è definitivamente scomparso. O meglio,
deformato per sempre: dai social network e dai loro algoritmi, per esempio, in
grado di creare e rinforzare le filter bubble in cui
un’emergenza politica può esistere o scomparire; un politico essere un eroe o
un soggetto pericoloso per la Repubblica nel giro di poche ore, a volte minuti.
I social network, infatti, confezionano un piccolo mondo personalizzato per
ciascun utente, un “feed” che contiene notizie e personaggi che l’algoritmo
ritiene possano piacerci. Così, se abbiamo messo “mi piace” su una pagina di
destra, per esempio, siti come Facebook tendono a mostrarci altri contenuti
simili, favorendo, com’è successo nelle scorse elezioni, una deriva
estremista.
Elemento
essenziale di queste bolle sono le fake news (quelle che in italiano vengono
anche chiamate bufale), qui aggiornate secondo i voleri dell’algoritmo, e
quindi scritte per fare da esca a un certo pubblico. Nei social sono
solitamente composte da un titolo forte e da un’immagine d’accompagnamento, che
può anche essere falsa. Prendiamo per esempio questa foto di Hillary Clinton con un microfono addosso,
subito diventata un piccolo scandalo circa un ipotetico “macchinario contro la
tosse” atto a mascherare le sue pessime condizioni di salute durante la
campagna elettorale.
In realtà il
dispositivo era un semplice microfono, e in questo caso la bufala non ha
nemmeno avuto bisogno di Photoshop per diffondersi: proviamo però a immaginare
cosa potrebbe succedere nella prossima campagna elettorale, quando le
paranoiche supposizioni dell’alt-right americana verranno perfezionate da nuove tecnologie.
I social network
confezionano un piccolo mondo personalizzato per ciascun utente, un feed che
contiene notizie e personaggi che l’algoritmo ritiene possano piacerci.
In questo video, prodotto dal podcast Radiolab, vediamo i primi passi di una tecnologia
destinata a fare grandi progressi e a dare a qualunque utente della rete la
possibilità di creare un video in cui chiunque può essere visto e sentito dire
qualsiasi cosa. Il secondo esempio, dotato di qualità video migliore, è un esperimento dell’University of Washington in cui da un audio
reale viene generato il rispettivo video. Una piccola startup canadese,
intanto, si dice in grado di “imitare la voce di qualunque persona”, e anche
Adobe ha presentato un programma che si presenta come “il Photoshop
per la voce”, mentre innumerevoli aziende stanno investendo per
migliorare anche la componente video. È ormai possibile, insomma, creare
reperti audio-video credibili usando un computer e un campione (sample)
della voce della persona che vogliamo incastrare.
Le conseguenze
di tutto questo per la nostra “realtà condivisa” sarebbero letali. Sempre nel
pieno della campagna elettorale statunitense venne portata alla luce una
registrazione audio rubata a Donald Trump in cui, anni prima, parlava in modo
estremamente volgare delle donne. Qualche mese fa, nel pieno dello scandalo
Weinstein e del movimento #metoo, il Presidente è tornato sull’argomento,
smentendo la veridicità dell’audio. “Quello non sono io”, ha detto. Questo rifiuto totale di una prova molto solida è –
ad oggi – poco credibile, poiché il video è reale, come ha confessato il
Presidente stesso a suo tempo; ma nel futuro a breve termine potrebbe diventare
la prassi, la reazione standard, anche legittima, a un mondo in cui chiunque
può creare audio-video incriminanti con un banale software.
Oltre la propaganda.
Le applicazioni di questa nuova tecnologia non sono solo politiche. Lo scorso gennaio Samantha Cole di Motherboard ha denunciato il proliferare su Reddit di filmati pornografici basati sullo stesso principio: tutto è cominciato dall’utente “deepfakes”, il primo a pubblicare sul sito clip del genere usando un programma intitolato face2face con cui riesce a sostituire al volto delle attrici pornografiche quello di donne famose.
In poche
settimane “deepfakes” è diventato sinonimo di questo nuovo genere di contenuto,
e siccome Reddit è un grande sito diviso per sezioni tematiche, ne è nata una a
sua nome (che è stata nel frattempo chiusa dagli amministratori),
mentre sempre più persone hanno cominciato a usare il programma per creare e modificare
video pornografici usando foto di amiche e conoscenti. Il fenomeno è
uscito dai confini di Reddit approdando nei siti porno e costringendo Pornhub
a rimuovere tutti i video di questo tipo in quanto materiale
realizzato “senza consenso”.
Ripercorrendo
questi ultimi attacchi al nostro senso di realtà, torna in mente il tweet con cui l’artista inglese James Bridle ha salutato
l’inizio del 2018, prevedendo “il completo collasso della realtà condivisa,
che presenta già brecce in molti punti. La realtà non è mai stata stabile o
universale ma la sua instabilità ora è visibile, e incontrovertibile”. Quella
di Bridle è una reazione a quanto abbiamo descritto finora ma anche a una sua
storia personale. Lo scorso novembre ha pubblicato un post intitolato “Qualcosa non va con
internet” con cui metteva in luce una serie di canali della piattaforma “YouTube
Kids” – la parte dedicata ai bambini del sito e quindi più “protetta” – in cui
comparivano migliaia di video agghiaccianti, violenti o quantomeno inadeguati
al pubblico di riferimento.
Nel futuro non
sarà più necessario esistere per esistere, e le conseguenze di questa
rivoluzione sono già visibili.
Alcuni dei video a cui faceva riferimento l’autore sono stati rimossi nel corso della purga messa in atto da YouTube in seguito alla pubblicazione del pezzo – le cui polemiche risuonano ancora oggi. Lo scandalo è cominciato con l’algoritmo di YouTube, che nell’ultimo anno e mezzo ha rivoluzionato il funzionamento e il mercato stesso del sito, scovando trend e argomenti di particolare successo e interesse pubblicitario. Si è così creato un mercato per video realizzati secondo le preferenze dell’algoritmo: ecco quindi il grande filone di video in cui persone adulte si vestono da Elsa (dal film Disney Frozen) e da Joker di Batman, e giocano, si abbracciano, danzano. Non solo: li si vedono mentre usano siringhe, si toccano e si comportano in modo davvero ambiguo. Uno di questi video, ora rimosso, aveva una presentazione colorata e innocua; il suo titolo, però, era “BURIED ALIVE Outdoor Playground Finger Family Song Nursery Rhymes Animation Education Learning Video”. Ovvero una serie di parole chiave auto-generate secondo i voleri dell’algoritmo (“Filastrocche Animazione Educazione”) precedute da riferimenti violenti e assurdi (“SEPOLTO VIVO”).
A riguardare
tutti questi video, infatti, viene quasi spontaneo domandarsi se siano stati
realizzati da esseri umani e non da algoritmi a cui sono stati serviti i dati
sbagliati. “Questa è la produzione di contenuti nell’epoca dello scavo algoritmico”
ha scritto Bridle, “anche se sei un umano, finisci per imitare la macchina”.
Nel futuro non
sarà più necessario esistere per esistere, e le conseguenze di questa
rivoluzione sono già visibili. Recentemente il magazine Business of
Fashion ha dedicato un profilo a Miquela Sousa, nota su Instagram
come @lilmiquela,
un’influencer diciannovenne a cui piace la moda e il bel vivere che però ha una
caratteristica unica: non esiste, il suo volto è generato al computer mentre
tutto ciò che la circonda, soprattutto i vestiti di marca, sono veri. A oggi Sousa
può essere considerato un esperimento interessante nella percezione
dell’immagine femminile in un mondo così superficiale; ma è anche una delle
possibili manifestazioni di una tendenza, un profondo sciame sismico che sta
interessando da anni la nostra realtà. O quello che ne rimane.
Come hanno
scritto i due studiosi Henry J. Farrell e Rick Perlstein in un preoccupato
editoriale pubblicato dal New York Times sull’argomento, “la
Democrazia dà per scontato che i suoi cittadini condividano la stessa realtà.
Stiamo per scoprire se la democrazia può essere salvata quando quell’assunto
non sta più in piedi”.
Pietro Minto, Giornalista freelance, si occupa perlopiù di tecnologia. Ha una newsletter che si chiama Link Molto Belli. Ha pubblicato il saggio-manuale "Come annoiarsi meglio" (Blackie Edizioni, 2021).
Le applicazioni di questa nuova tecnologia non sono solo politiche. Lo scorso gennaio Samantha Cole di Motherboard ha denunciato il proliferare su Reddit di filmati pornografici basati sullo stesso principio: tutto è cominciato dall’utente “deepfakes”, il primo a pubblicare sul sito clip del genere usando un programma intitolato face2face con cui riesce a sostituire al volto delle attrici pornografiche quello di donne famose.
Alcuni dei video a cui faceva riferimento l’autore sono stati rimossi nel corso della purga messa in atto da YouTube in seguito alla pubblicazione del pezzo – le cui polemiche risuonano ancora oggi. Lo scandalo è cominciato con l’algoritmo di YouTube, che nell’ultimo anno e mezzo ha rivoluzionato il funzionamento e il mercato stesso del sito, scovando trend e argomenti di particolare successo e interesse pubblicitario. Si è così creato un mercato per video realizzati secondo le preferenze dell’algoritmo: ecco quindi il grande filone di video in cui persone adulte si vestono da Elsa (dal film Disney Frozen) e da Joker di Batman, e giocano, si abbracciano, danzano. Non solo: li si vedono mentre usano siringhe, si toccano e si comportano in modo davvero ambiguo. Uno di questi video, ora rimosso, aveva una presentazione colorata e innocua; il suo titolo, però, era “BURIED ALIVE Outdoor Playground Finger Family Song Nursery Rhymes Animation Education Learning Video”. Ovvero una serie di parole chiave auto-generate secondo i voleri dell’algoritmo (“Filastrocche Animazione Educazione”) precedute da riferimenti violenti e assurdi (“SEPOLTO VIVO”).