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Il Decalogo

Il problema dell’incontro mette alla prova la nostra capacità di capire-parlare-scambiare, perché la realtà è molto più ricca e complessa di quanto si pensi: è appunto la realtà.
È da essa che dobbiamo partire per acquisire saggezza che scaturisce anzitutto dall’esperienza.
 La saggezza non è da confondere con la sapienza, questa è troppo distante, né con la saccenza già troppo diffusa dai media, perché ciò che ci permette di capire e creare una relazione autentica con l’altro è la pratica, come dice Lucia Mastrodomenico è la conoscenza vissuta, la partecipazione di un “noi” che non è un noi generico, ma un “io” e un “tu” posti l’uno di fronte all’altro: un reciproco riconoscimento che non diventa mescolanza, bensì tolleranza, un’armonia che è tale perché composta da parti diverse, le quali solo insieme possono creare un equilibrio.
L’essere umano non può non cercare questo equilibrio, perché metterebbe in dubbio il suo stesso essere. Accogliere significa essere disposti ad ascoltare, a riconoscere nelle storie degli altri quei sentimenti, pensieri, quelle paure, speranze, quei silenzi che sono nella storia di ognuno.
Le differenze sociali, fisiche, culturali devono diventare il terreno su cui costruire relazioni nuove, basate sull’affettività, non sul profitto, perché solo la condivisione e la sincera confessione di sé all’altro possono creare vicinanza e innescare quel processo di emancipazione di chi vuole vivere con dignità i diritti fondamentali. Il pietismo e l’assistenzialismo restano pratiche vuote, non bastano, è necessario il coinvolgimento profondo con la storia dell’altro, perché scegliere di stare al fianco dei più deboli comporta anche un cambiamento di mentalità, superando i limiti del comune pensare, ricercando nel quotidiano i valori della solidarietà.
Dalle parole e dalle azioni di Lucia Mastrodomenico risulta chiara la convinzione che l’incontro tra culture è possibile, quando questo non è ridotto a mera assimilazione, quando l’incontro non è appiattimento o sfruttamento, piuttosto quando c’è scambio e si preserva a ogni costo la dignità umana.
E così mettendo insieme le sue riflessioni e le sue intenzioni diamo vita a un Decalogo della Pratica del fare insieme, affinché possa essere per i giovani d’ispirazione a una vita volta alla “pratica politica che vale la pena di  essere esercitata, perché il cambiamento della realtà può avvenire solo […] se ognuno di noi né è sempre più soggetto attivo”.

IL DECALOGO DELLA PRATICA DEL FARE INSIEME
ispirato da Lucia Mastrodomenico

1. Impariamo a essere responsabili, impegnandoci nella scelta di un’azione concreta, affidandoci non solo a norme di giustizia sociale, ma soprattutto alla nostra capacità di discernimento, per cogliere le grandezze e le miserie del mondo di cui siamo i custodi.

2. Attuiamo una  politica della relazione, rieduchiamo i nostri sentimenti affinché la segreta intelligenza del cuore possa conciliare tutte le lacerazioni e le distanze aperte dal dominio della sola ragione.

3. Diamo un respiro più ampio alla felicità, perché prima di essere un diritto, è un desiderio che appartiene a tutti e se la felicità non è collettiva, essa non può essere mai veramente di nessuno.

4. Riconosciamo che la vita che viviamo è una delle tante possibili e solo tessendo relazioni con gli altri, spogliandoci di ogni pregiudizio, possiamo arricchirci tutti delle nostre differenze.

5. Diamo fiducia, perché gli altri possano essere se stessi, senza vergognarsi delle proprie debolezze, perché se l’uno dice all’altro “puoi farcela”,  acquisti coraggio nella lotta e consola sapere che non si è soli.

6. Siamo devoti all’amore, perché c’insegna che i “confini sono tutte bugie” e se s’intende “fare mondo”, è necessario anche essere infedeli al passato, perché le conquiste accumulano eredità nel presente.

7. Non abbiamo la pretesa di capire tutto, decifriamo con umiltà le azioni e le parole di chi si ribella all’indifferenza e rivendica uno spazio di espressione e di autostima, perché ognuno è spinto dal desiderio di essere visto, ascoltato, riconosciuto dalle persone che ha intorno e che egli stesso riconosce.

8. Non siamo uguali tra noi, ma se stiamo insieme creiamo un “di più” da scambiare, cercando di valorizzare più il fare che il dire, perché attraverso gesti semplici e pieni di grazia la vita può rinascere.

9. Prendiamoci cura dell’umana presenza, accorgiamoci di quel particolare di poco conto, perché ci permette di spiegare la complessità di ciò che accade, come sanno fare i bambini e le bambine, che scartano il superfluo e sanno vedere l’essenziale.

10. Impariamo a intravedere i desideri per costruire con gli altri una cultura dello stare insieme, in cui il rispetto è meritato per quello che si è e quello che si fa nella “fecondità delle mutue differenze”.

Virginia Varriale