tratto da "Ultimo Uomo" del 9 luglio 2024
L’altista di Dnipro ha battuto un record del mondo che
reggeva da 37 anni.
Il giorno dopo aver battuto un record mondiale che nel salto in alto femminile durava da trentasette anni, sul profilo Instagram dell’ucraina Yaroslava Mahuchikh sono apparse cinque storie. Nessuna di queste riguarda la Diamond League di Parigi, in cui Mahuchikh ha prima saltato per 2 metri e 7 centimetri riscrivendo il primato ucraino, e poi, al primo tentativo, ha superato l’asta dei 2 metri e 10 centimetri, battendo quello del mondo. Un centimetro in più della bulgara Stefka Kostadinova, detentrice di uno dei record più longevi della storia dell’atletica leggera femminile, raggiunto a Roma nel 1987. E ben nove in più rispetto al 2,01 che lo scorso giugno è valso all’ucraina l’oro agli europei di Roma, a cui Mahuchikh ha partecipato nonostante un infortunio pregresso.
«Prima del salto, l’allenatrice mi ha consigliato di fermarmi perché le Olimpiadi si avvicinano e sono, ovviamente, più importanti. Io sentivo di potercela fare e, a essere sincera, volevo provare a stabilire un record del mondo, e l’ho fatto al primo tentativo», racconta emozionata la ventiduenne ucraina subito dopo la competizione, felice di non aver seguito il suggerimento di Tatyana Stepanova, che fra le altre cose è pure sua suocera.
L’adrenalina della vittoria di domenica sera diventa una scarica di rabbia all’alba di lunedì – gli attacchi del Cremlino sull’Ucraina sono cominciati già nella notte. Una serie di missili lanciati su obiettivi anche civili, alcuni dei quali hanno colpito l’ospedale pediatrico Okhmatdyt di Kiev, e che hanno provocato almeno 36 morti e 137 feriti. Inevitabilmente, da quasi due anni e mezzo, la guerra è una componente inscindibile dello sport ucraino, e per gli atleti del Paese è difficile semplicemente festeggiare un record o una vittoria.
Nello stesso giorno la tennista Elina Svitolina raggiunge i quarti di Wimbledon indossando un nastro nero in memoria delle vittime, si asciuga le lacrime dopo la vittoria. La scorsa estate, al Roland Garros, aveva rifiutato di stringere la mano alla bielorussa Alina Sabalenka, ricevendo i fischi del pubblico parigino. Lo stesso che accoglierà, fra poche settimane, alcuni atleti russi senza bandiera ai Giochi Olimpici, previa dimostrazione della loro imparzialità politica (non è chiara la metodologia d’indagine).
In pochi fuori dall’Ucraina – anche fra i sostenitori del paese aggredito – capiscono fino in fondo la testardaggine con cui la maggioranza degli atleti ucraini, in discipline individuali e di squadra, spinge per l’esclusione tout court dei loro colleghi provenienti da Russia e Bielorussia. È un atteggiamento che è ancora più estremo e radicale dentro i confini ucraini, dove ogni apertura di umanità verso una persona russa viene ormai percepita come un campo minato difficile da giustificare all’opinione pubblica. Il concetto di responsabilità collettiva viene esasperato con il prolungarsi della guerra, piuttosto che affievolirsi. Pochi giorni dopo l’invasione di Mosca, l’ex centrocampista dell’Atalanta Matteo Pessina raccontava di aver visto i suoi compagni di squadra, l’ucraino Ruslan Malinovskyi e il russo Aleksej Miranchuk, abbracciarsi a Zingonia. Due anni dopo, Malinovskyi attacca il suo ex club e lo stesso ex trequartista della Lokomotiv Mosca: «La sua presenza contribuisce al terrorismo».
Da questo punto di vista anche Yaroslava Mahuchikh ha il suo scheletro nell’armadio, almeno agli occhi dell’opinione pubblica ucraina. Risale a qualche mese prima dell’invasione del 24 febbraio 2022, quando ha solo vent’anni ed è già detentrice del miglior risultato per un’altista Under 20, con i 2,04 metri raggiunti ai mondiali di Doha nel 2019, appena maggiorenne. Lo stesso anno l’European Athletic Association la premia come atleta emergente dell’anno. L’ucraina è una predestinata, sebbene ammetta che all’inizio odiasse lo stile Fosbury (di fatto l’unico stile oggi utilizzato a livello agonistico, cioè con la schiena rivolta verso l’asticella), preferendo l’anacronistica sforbiciata, che però le impediva di saltare oltre il metro e quaranta.
Alle Olimpiadi di Tokyo nel 2021 Mahuchikh è uno degli astri nascenti della disciplina: nella classifica della World Athletics è pochi punti dietro la russa Marija Lasickene, che vincerà l’oro. Pochi mesi prima aveva toccato i 2,06 nella tappa del World Indoor Tour, a Banská Bystrica, in Slovacchia, che poi era il suo record personale fino a domenica. A Tokyo Mahuchikh si accontenta però della medaglia di bronzo, il colore del comitato ucraino ai giochi giapponesi. Sono infatti dodici i terzi posti conquistati dagli atleti ucraini a Tokyo, il numero più alto al di fuori della top ten del medagliere, a fronte di un solo oro. L’Ucraina si piazza 44esima nella classifica generale, è il peggior risultato della storia del Paese.
Non è però la prestazione sportiva di Mahuchikh a suscitare lo scandalo a casa. Mancano sei mesi all’invasione su larga scala, ma i rapporti tra Ucraina e Russia sono già deteriorati in seguito all’occupazione della Crimea e all’innesco del conflitto in Donbas. La medaglia iridata Lasickene festeggia la vittoria con la bandiera del Comitato Olimpico Russo (COR), invece della solita bandiera: ancora non c’entrano le relazioni con Kyiv, bensì la squalifica della WADA per la manovre del governo russo con cui vengono manipolati i test antidoping dei propri atleti.
Il giorno dopo aver battuto un record mondiale che nel salto in alto femminile durava da trentasette anni, sul profilo Instagram dell’ucraina Yaroslava Mahuchikh sono apparse cinque storie. Nessuna di queste riguarda la Diamond League di Parigi, in cui Mahuchikh ha prima saltato per 2 metri e 7 centimetri riscrivendo il primato ucraino, e poi, al primo tentativo, ha superato l’asta dei 2 metri e 10 centimetri, battendo quello del mondo. Un centimetro in più della bulgara Stefka Kostadinova, detentrice di uno dei record più longevi della storia dell’atletica leggera femminile, raggiunto a Roma nel 1987. E ben nove in più rispetto al 2,01 che lo scorso giugno è valso all’ucraina l’oro agli europei di Roma, a cui Mahuchikh ha partecipato nonostante un infortunio pregresso.
«Prima del salto, l’allenatrice mi ha consigliato di fermarmi perché le Olimpiadi si avvicinano e sono, ovviamente, più importanti. Io sentivo di potercela fare e, a essere sincera, volevo provare a stabilire un record del mondo, e l’ho fatto al primo tentativo», racconta emozionata la ventiduenne ucraina subito dopo la competizione, felice di non aver seguito il suggerimento di Tatyana Stepanova, che fra le altre cose è pure sua suocera.
L’adrenalina della vittoria di domenica sera diventa una scarica di rabbia all’alba di lunedì – gli attacchi del Cremlino sull’Ucraina sono cominciati già nella notte. Una serie di missili lanciati su obiettivi anche civili, alcuni dei quali hanno colpito l’ospedale pediatrico Okhmatdyt di Kiev, e che hanno provocato almeno 36 morti e 137 feriti. Inevitabilmente, da quasi due anni e mezzo, la guerra è una componente inscindibile dello sport ucraino, e per gli atleti del Paese è difficile semplicemente festeggiare un record o una vittoria.
Nello stesso giorno la tennista Elina Svitolina raggiunge i quarti di Wimbledon indossando un nastro nero in memoria delle vittime, si asciuga le lacrime dopo la vittoria. La scorsa estate, al Roland Garros, aveva rifiutato di stringere la mano alla bielorussa Alina Sabalenka, ricevendo i fischi del pubblico parigino. Lo stesso che accoglierà, fra poche settimane, alcuni atleti russi senza bandiera ai Giochi Olimpici, previa dimostrazione della loro imparzialità politica (non è chiara la metodologia d’indagine).
In pochi fuori dall’Ucraina – anche fra i sostenitori del paese aggredito – capiscono fino in fondo la testardaggine con cui la maggioranza degli atleti ucraini, in discipline individuali e di squadra, spinge per l’esclusione tout court dei loro colleghi provenienti da Russia e Bielorussia. È un atteggiamento che è ancora più estremo e radicale dentro i confini ucraini, dove ogni apertura di umanità verso una persona russa viene ormai percepita come un campo minato difficile da giustificare all’opinione pubblica. Il concetto di responsabilità collettiva viene esasperato con il prolungarsi della guerra, piuttosto che affievolirsi. Pochi giorni dopo l’invasione di Mosca, l’ex centrocampista dell’Atalanta Matteo Pessina raccontava di aver visto i suoi compagni di squadra, l’ucraino Ruslan Malinovskyi e il russo Aleksej Miranchuk, abbracciarsi a Zingonia. Due anni dopo, Malinovskyi attacca il suo ex club e lo stesso ex trequartista della Lokomotiv Mosca: «La sua presenza contribuisce al terrorismo».
Da questo punto di vista anche Yaroslava Mahuchikh ha il suo scheletro nell’armadio, almeno agli occhi dell’opinione pubblica ucraina. Risale a qualche mese prima dell’invasione del 24 febbraio 2022, quando ha solo vent’anni ed è già detentrice del miglior risultato per un’altista Under 20, con i 2,04 metri raggiunti ai mondiali di Doha nel 2019, appena maggiorenne. Lo stesso anno l’European Athletic Association la premia come atleta emergente dell’anno. L’ucraina è una predestinata, sebbene ammetta che all’inizio odiasse lo stile Fosbury (di fatto l’unico stile oggi utilizzato a livello agonistico, cioè con la schiena rivolta verso l’asticella), preferendo l’anacronistica sforbiciata, che però le impediva di saltare oltre il metro e quaranta.
Alle Olimpiadi di Tokyo nel 2021 Mahuchikh è uno degli astri nascenti della disciplina: nella classifica della World Athletics è pochi punti dietro la russa Marija Lasickene, che vincerà l’oro. Pochi mesi prima aveva toccato i 2,06 nella tappa del World Indoor Tour, a Banská Bystrica, in Slovacchia, che poi era il suo record personale fino a domenica. A Tokyo Mahuchikh si accontenta però della medaglia di bronzo, il colore del comitato ucraino ai giochi giapponesi. Sono infatti dodici i terzi posti conquistati dagli atleti ucraini a Tokyo, il numero più alto al di fuori della top ten del medagliere, a fronte di un solo oro. L’Ucraina si piazza 44esima nella classifica generale, è il peggior risultato della storia del Paese.
Non è però la prestazione sportiva di Mahuchikh a suscitare lo scandalo a casa. Mancano sei mesi all’invasione su larga scala, ma i rapporti tra Ucraina e Russia sono già deteriorati in seguito all’occupazione della Crimea e all’innesco del conflitto in Donbas. La medaglia iridata Lasickene festeggia la vittoria con la bandiera del Comitato Olimpico Russo (COR), invece della solita bandiera: ancora non c’entrano le relazioni con Kyiv, bensì la squalifica della WADA per la manovre del governo russo con cui vengono manipolati i test antidoping dei propri atleti.
La bandiera del COR, in cui sono
comunque presenti il bianco, blu e rosso, e quella gialloblu di Mahuchikh si
uniscono, spinti dai sorrisi delle due atlete, che sembra siano in
buoni rapporti di stima, se non amicizia. Per parte della società ucraina
pre-invasione, forse non maggioritaria ma molto rumorosa, si tratta comunque di
un affronto: la guerra tra le l’esercito ucraino e i separatisti delle
auto-proclamate repubbliche di Donec’k e Luhans’k, finanziate da Mosca, è
aperta da sette anni. E sebbene Volodymyr Zelensky sia stato eletto due anni
prima su una piattaforma politica che proponeva il dialogo con Putin per la
pace in Donbas, lo sdegno verso la
giovane atleta è forte. Per di più, Mahuchikh formalmente è una sottufficiale
delle Forze Armate dell’Ucraina. La vice-ministra della Difesa Hanna Maljar
la convoca per un
colloquio sulla questione, sebbene chieda pure di “terminare la gogna pubblica”
nei suoi confronti.
Questa storia è oggi pressoché dimenticata: da Zinchenko a Usyk gli atleti ucraini ad aver avuto contatti con la Russia, se non addirittura averci vissuto, dopo il 2014 sono tanti da rendere infinita quanto inutile un’eventuale lista di proscrizione retroattiva. Frammenti di passato che però non scompaiono, e vengono talvolta tirati fuori nel linguaggio dell’odio in maniera populista. Una pratica che ha le radici nella tradizione sovietica del kompromat, termine usato nel contesto dell’Europa orientale per definire dossier di informazioni potenzialmente letali per la reputazione di personalità pubbliche.
La sera stessa in cui Mahuchikh ha riscritto il record mondiale, il sindaco della sua città di origine, Dnipro, pubblica un post su Facebook che descrive bene l’ambivalenza dei sentimenti nei suoi confronti all’interno delle élite ucraine. “Mi sento umiliato nel vedere decine di migliaia di connazionali urlare di gioia per il record di Yaroslava Mahuchikh. Tra questi, almeno la metà tre anni fa criticò aspramente Mahuchikh per la sua foto con l’atleta russa Maria Latsiskene. Allora ero probabilmente l’unico a sostenere pubblicamente la ‘nostra ragazza’. In tutta risposta, la ‘nostra ragazza’, appena un paio di anni dopo, ha tradito, mentito e manipolato in modo palese nelle proprie interviste. Rallegratevi. Ma non dimenticate che se saltate molto in alto ciò non significa che siete delle persone rispettabili ma delle antilopi. Ne è una dimostrazione Sergej Bubka”.
Sergej Bubka, “il Re dei cieli”: cosa c’entra in questa storia la leggenda del salto con l’asta, il primo ucraino a superare un record nel mondo nell’atletica leggera (dopo averlo fatto con passaporto sovietico)? Il celebre astista di Luhans’k ha migliorato per 35 volte il primato mondiale nella specialità del salto con l’asta maschile fra gli anni ‘80 e ‘90. Nel 2002 è poi entrato nel parlamento ucraino con il Partito delle Regioni, partito dell’ex presidente Viktor Janukovyč, destituito nel 2014 dalla rivoluzione di Euromaidan e di cui Bubka era consigliere. Soprattutto, dal 2005 al novembre 2022 Bubka è stato presidente del Comitato Olimpico Ucraino. Già prima dell’invasione era stato accusato di simpatie filorusse, rafforzatesi nel maggio 2023 dopo un’inchiesta che ha rivelato come alcune sue aziende nel Donbas rivendessero carburante alle truppe russe, tramite un’altra azienda di Bubka registrata in Russia dopo il febbraio 2022. Ciò gli è ovviamente valso l’accusa di collaborazionismo, e l’ostracismo del mondo sportivo ucraino – sebbene Bubka rappresenti la punta dell’iceberg e un facile capro espiatorio per un sistema politico-economico che continua a fare affari con Mosca sotterraneamente.
Formalmente, Bubka rimane ancora oggi membro del Comitato Olimpico Ucraino, sebbene l’ultima volta che è stato fisicamente in Ucraina risale al 4 luglio 2022. Da allora risiede a Montecarlo, come molti oligarchi e politici ucraini soprannominati dalla stampa “Battaglione Monaco”. In un’intervista a Politico, Mahuchikh ha raccontato dei suoi rapporti con l’astista ucraino, che è anche fra i 107 membri del Comitato Olimpico Internazionale. Data la sua posizione privilegiata e il suo ruolo di presidente del comitato ucraino, «insieme a molti atleti ucraini gli abbiamo chiesto di fare pressione sull’esclusione degli atleti russi e bielorussi all’inizio dell’invasione. Lo abbiamo chiamato e gli abbiamo scritto diverse volte, senza ricevere risposta,» ha raccontato Mahuchikh. «Lo rispetto come atleta, ma non come persona». Bubka, dunque, come spauracchio all’interno del mondo sportivo ucraino: un’aura di leggenda divenuta gradualmente tossica, per molti è addirittura un non ucraino, come l’ex calciatore di Shakhtar Donec’k e Bayern Monaco Anatolij Tymoshchuk, oggi vice-allenatore dello Zenit San Pietroburgo.
L’accusa del sindaco di Dnipro è riuscita solo parzialmente a oscurare il record mondiale di Mahuchikh. Un obiettivo di portata storica anche più di quello che si pensa. Mahuchikh è infatti la prima a superare Kostadinova dopo 37 anni, mentre la bulgara era stata la quarta atleta a rinnovare il primato nei cinque anni precedenti. Anche a livello nazionale, il record ha un certo peso. Mahuchikh è infatti solo la quarta tra gli atleti ucraini (di cui uno, Bubka, è quasi cancellato) a superare un record mondiale nell’atletica leggera.
I festeggiamenti hanno superato le recriminazioni di un passato in cui tutto era diverso dal presente, ma di cui la giovane atleta di Dnipro sente comunque costantemente il bisogno di doversi giustificare, anche in modo fantasioso. Dalle congratulazioni bipartisan di Dinamo Kiev e Shakhtar Donec’k, a quella delle ferrovie statali ucraine, la vittoria di Mahuchikh ha ricevuto reazioni opposte a quelle del suo sindaco. Inevitabilmente, gli auguri ufficiali si sono però tinti di una stucchevole retorica nazionalista. «Un orgoglio e simbolo nazionale ucraino», ha dichiarato la presidente della Federazione di Atletica ucraina Olga Saladukha. «Ha dimostrato al mondo intero la motivazione degli ucraini alla vittoria», ha alzato il tiro Zelensky.
Al di là della mobilitazione nazionalista, comprensibile nel contesto dell’aggressione russa, rimane il talento generazionale di Yaroslava Mahuchikh, destinato, già a ventidue anni, a rimanere nella storia dell’atletica. Fra poche settimane, a Parigi, potremmo averne ulteriore conferma.
Andrea Braschayko, nato in Transcarpazia nel 1997, laureato in Economia. Trattiene le lacrime per le sconfitte del Napoli, meno per quelle dello Shakhtar e della nazionale ucraina.
Questa storia è oggi pressoché dimenticata: da Zinchenko a Usyk gli atleti ucraini ad aver avuto contatti con la Russia, se non addirittura averci vissuto, dopo il 2014 sono tanti da rendere infinita quanto inutile un’eventuale lista di proscrizione retroattiva. Frammenti di passato che però non scompaiono, e vengono talvolta tirati fuori nel linguaggio dell’odio in maniera populista. Una pratica che ha le radici nella tradizione sovietica del kompromat, termine usato nel contesto dell’Europa orientale per definire dossier di informazioni potenzialmente letali per la reputazione di personalità pubbliche.
La sera stessa in cui Mahuchikh ha riscritto il record mondiale, il sindaco della sua città di origine, Dnipro, pubblica un post su Facebook che descrive bene l’ambivalenza dei sentimenti nei suoi confronti all’interno delle élite ucraine. “Mi sento umiliato nel vedere decine di migliaia di connazionali urlare di gioia per il record di Yaroslava Mahuchikh. Tra questi, almeno la metà tre anni fa criticò aspramente Mahuchikh per la sua foto con l’atleta russa Maria Latsiskene. Allora ero probabilmente l’unico a sostenere pubblicamente la ‘nostra ragazza’. In tutta risposta, la ‘nostra ragazza’, appena un paio di anni dopo, ha tradito, mentito e manipolato in modo palese nelle proprie interviste. Rallegratevi. Ma non dimenticate che se saltate molto in alto ciò non significa che siete delle persone rispettabili ma delle antilopi. Ne è una dimostrazione Sergej Bubka”.
Sergej Bubka, “il Re dei cieli”: cosa c’entra in questa storia la leggenda del salto con l’asta, il primo ucraino a superare un record nel mondo nell’atletica leggera (dopo averlo fatto con passaporto sovietico)? Il celebre astista di Luhans’k ha migliorato per 35 volte il primato mondiale nella specialità del salto con l’asta maschile fra gli anni ‘80 e ‘90. Nel 2002 è poi entrato nel parlamento ucraino con il Partito delle Regioni, partito dell’ex presidente Viktor Janukovyč, destituito nel 2014 dalla rivoluzione di Euromaidan e di cui Bubka era consigliere. Soprattutto, dal 2005 al novembre 2022 Bubka è stato presidente del Comitato Olimpico Ucraino. Già prima dell’invasione era stato accusato di simpatie filorusse, rafforzatesi nel maggio 2023 dopo un’inchiesta che ha rivelato come alcune sue aziende nel Donbas rivendessero carburante alle truppe russe, tramite un’altra azienda di Bubka registrata in Russia dopo il febbraio 2022. Ciò gli è ovviamente valso l’accusa di collaborazionismo, e l’ostracismo del mondo sportivo ucraino – sebbene Bubka rappresenti la punta dell’iceberg e un facile capro espiatorio per un sistema politico-economico che continua a fare affari con Mosca sotterraneamente.
Formalmente, Bubka rimane ancora oggi membro del Comitato Olimpico Ucraino, sebbene l’ultima volta che è stato fisicamente in Ucraina risale al 4 luglio 2022. Da allora risiede a Montecarlo, come molti oligarchi e politici ucraini soprannominati dalla stampa “Battaglione Monaco”. In un’intervista a Politico, Mahuchikh ha raccontato dei suoi rapporti con l’astista ucraino, che è anche fra i 107 membri del Comitato Olimpico Internazionale. Data la sua posizione privilegiata e il suo ruolo di presidente del comitato ucraino, «insieme a molti atleti ucraini gli abbiamo chiesto di fare pressione sull’esclusione degli atleti russi e bielorussi all’inizio dell’invasione. Lo abbiamo chiamato e gli abbiamo scritto diverse volte, senza ricevere risposta,» ha raccontato Mahuchikh. «Lo rispetto come atleta, ma non come persona». Bubka, dunque, come spauracchio all’interno del mondo sportivo ucraino: un’aura di leggenda divenuta gradualmente tossica, per molti è addirittura un non ucraino, come l’ex calciatore di Shakhtar Donec’k e Bayern Monaco Anatolij Tymoshchuk, oggi vice-allenatore dello Zenit San Pietroburgo.
L’accusa del sindaco di Dnipro è riuscita solo parzialmente a oscurare il record mondiale di Mahuchikh. Un obiettivo di portata storica anche più di quello che si pensa. Mahuchikh è infatti la prima a superare Kostadinova dopo 37 anni, mentre la bulgara era stata la quarta atleta a rinnovare il primato nei cinque anni precedenti. Anche a livello nazionale, il record ha un certo peso. Mahuchikh è infatti solo la quarta tra gli atleti ucraini (di cui uno, Bubka, è quasi cancellato) a superare un record mondiale nell’atletica leggera.
I festeggiamenti hanno superato le recriminazioni di un passato in cui tutto era diverso dal presente, ma di cui la giovane atleta di Dnipro sente comunque costantemente il bisogno di doversi giustificare, anche in modo fantasioso. Dalle congratulazioni bipartisan di Dinamo Kiev e Shakhtar Donec’k, a quella delle ferrovie statali ucraine, la vittoria di Mahuchikh ha ricevuto reazioni opposte a quelle del suo sindaco. Inevitabilmente, gli auguri ufficiali si sono però tinti di una stucchevole retorica nazionalista. «Un orgoglio e simbolo nazionale ucraino», ha dichiarato la presidente della Federazione di Atletica ucraina Olga Saladukha. «Ha dimostrato al mondo intero la motivazione degli ucraini alla vittoria», ha alzato il tiro Zelensky.
Al di là della mobilitazione nazionalista, comprensibile nel contesto dell’aggressione russa, rimane il talento generazionale di Yaroslava Mahuchikh, destinato, già a ventidue anni, a rimanere nella storia dell’atletica. Fra poche settimane, a Parigi, potremmo averne ulteriore conferma.
Andrea Braschayko, nato in Transcarpazia nel 1997, laureato in Economia. Trattiene le lacrime per le sconfitte del Napoli, meno per quelle dello Shakhtar e della nazionale ucraina.