Perché furono danneggiati nell'esplosione al porto di Beirut del 2020: ora sono esposti in California e a Napoli.
tratto da “Il Post” del 6.6.25
Ercole e Onfale di Artemisia Gentileschi durante il restauro
ai laboratori del Getty Museum di Los Angeles,
21 ottobre 2022 (Brian Guido/The
New York Times via Contrasto)
La devastante
esplosione al porto di Beirut dell’agosto 2020 uccise più
di 200 persone e provocò danni enormi a migliaia di edifici tra cui il palazzo
Sursock, la villa dell’omonima famiglia libanese nota per aver dato il nome al
vicino museo d’arte contemporanea. L’esplosione ferì la 98enne Yvonne Sursock
Cochrane, che morì pochi giorni dopo, e danneggiò gravemente le opere della
collezione privata di famiglia, compresa una versione di Ercole e
Onfale e una Maddalena di cui fino ad allora si
sapeva poco o niente.
Sottoposte a diversi
studiosi per la ricostruzione e il restauro delle parti rovinate, entrambe le
opere sono state attribuite ad Artemisia Gentileschi, l’apprezzata pittrice
italiana del Seicento e forse l’artista donna più famosa del tempo in Italia.
Dal 10 giugno Ercole e Onfale verrà esposto al pubblico per la
prima volta dopo almeno un secolo, al J. Paul Getty Museum, in California.
La Maddalena invece è esposta ancora per pochi giorni nel complesso monumentale di
Santa Chiara a Napoli.
Il dipinto di cui si è parlato di più dopo l’esplosione di Beirut è Ercole e Onfale: dei due è il più grande (2 metri e mezzo per 2) e ambizioso. Raffigura il celebre eroe della mitologia greca sottomesso alla regina di Lidia, che invece è in posizione dominante. I due erano amanti, ma secondo la leggenda Ercole era stato costretto a diventare suo schiavo per aver commesso un omicidio: per questo lo si vede filare la lana, un compito solitamente riservato alle donne, mentre a indossare la pelle di leone da eroe è proprio Onfale.
I frammenti di vetro delle finestre esplose a causa del disastro avevano provocato fori e squarci nella tela, come quello in corrispondenza del ginocchio destro di Ercole, particolarmente vistoso; in altre zone il dipinto aveva perso colore. La stessa cosa è successa alla Maddalena, nota anche come Maddalena Sursock, per distinguerla dalle altre dipinte sempre da Gentileschi.
Il dipinto di cui si è parlato di più dopo l’esplosione di Beirut è Ercole e Onfale: dei due è il più grande (2 metri e mezzo per 2) e ambizioso. Raffigura il celebre eroe della mitologia greca sottomesso alla regina di Lidia, che invece è in posizione dominante. I due erano amanti, ma secondo la leggenda Ercole era stato costretto a diventare suo schiavo per aver commesso un omicidio: per questo lo si vede filare la lana, un compito solitamente riservato alle donne, mentre a indossare la pelle di leone da eroe è proprio Onfale.
I frammenti di vetro delle finestre esplose a causa del disastro avevano provocato fori e squarci nella tela, come quello in corrispondenza del ginocchio destro di Ercole, particolarmente vistoso; in altre zone il dipinto aveva perso colore. La stessa cosa è successa alla Maddalena, nota anche come Maddalena Sursock, per distinguerla dalle altre dipinte sempre da Gentileschi.
Lo strappo sul ginocchio di Ercole nel dipinto
durante il restauro ai laboratori del Getty Museum di Los Angeles,
21 ottobre 2022 (Brian Guido/The New York Times via Contrasto)
durante il restauro ai laboratori del Getty Museum di Los Angeles,
21 ottobre 2022 (Brian Guido/The New York Times via Contrasto)
Ercole e
Onfale e la Maddalena furono attribuiti per
la prima volta a Gentileschi dallo storico dell’arte libanese Gregory
Buchakjian, che ne aveva parlato in una ricerca per l’università Sorbona di
Parigi nel 1996. Di fatto però la sua scoperta rimase inedita fino
all’esplosione al porto di Beirut: un mese dopo Buchakjian visitò la villa
parzialmente distrutta e scrisse un articolo per denunciare la perdita del patrimonio artistico della città, in
cui ribadiva le proprie conclusioni sull’attribuzione a Gentileschi. L’anno
dopo partecipò a un convegno a Firenze in cui presentò una serie di prove a
favore della sua tesi.
Ancora prima di
vederlo di persona la storica dell’arte Sheila Barker, esperta di
Gentileschi, disse di non avere dubbi sul fatto che Ercole e Onfale fosse
della pittrice. Ne è convinto anche Davide Gasparotto, curatore esperto di
dipinti del Getty Museum, dove il dipinto fu mandato per il restauro.
Parlandone con il New York Times nel 2022 l’aveva
definito uno dei lavori più ambiziosi di Gentileschi, per
le dimensioni e la complessità delle figure.
Dopo
l’esplosione il proprietario, Roderick Sursock Cochrane, lo mandò ai laboratori
di restauro del Getty Museum, dove per oltre due anni ci lavorò il restauratore
Ulrich Birkmaier, con la collaborazione dell’italiano Matteo Rossi Doria.
Birkmaier, conservatore capo del museo, ne ha parlato come di uno dei danni più gravi che abbia mai visto, e di «uno dei
progetti più impegnativi ma anche più gratificanti» a cui abbia lavorato. Ha
raccontato che ripristinare i colori originali, gestire l’integrazione con i
restauri precedenti e soprattutto ricostruire le parti rovinate dal disastro è
stato come «assemblare un enorme puzzle».
Maria Maddalena
invece è una delle sante più raffigurate nella pittura occidentale e nell’opera di
Gentileschi è raffigurata nel momento della conversione,
mentre si libera da una collana ormai sfilata e volge lo sguardo verso l’alto
in un momento di dialogo con il divino. Lo storico dell’arte Costantino
D’Orazio, curatore della mostra in corso a Napoli, lo definisce «un dipinto molto importante nella carriera di Artemisia Gentileschi»,
perché fu uno dei primi che realizzò appena arrivata in città, tra il 1630 e il
1635, quando era già famosa.
L’attribuzione
della Maddalena a Gentileschi è stata confermata dallo storico
dell’arte italiano Riccardo Lattuada, uno dei suoi massimi esperti. Per
secoli la Maddalena fece parte di collezioni private, fu
acquisita a fine Ottocento dalla famiglia Sursock e prima di essere restaurata
e portata a Napoli era stata esposta a Milano, in occasione di una mostra sulle pittrici di Cinquecento e Seicento.
Date le
similitudini con altri suoi lavori del periodo, Gasparotto ritiene che
anche Ercole e Onfale sia stato dipinto dopo il 1630 a Napoli.
A giudicare dalla ricevuta, la famiglia Sursock l’aveva acquistato circa un
secolo fa da un mercante d’arte napoletano: l’opera non era attribuita, era di
proprietà della famiglia nobile degli Spinelli ed è probabile che fosse rimasta
in suo possesso per secoli, senza essere mai stata esposta in pubblico.
La Maddalena di Artemisia Gentileschi
durante l’allestimento della mostra a Palazzo Reale a Milano, 2 marzo 2021
(Ansa/Matteo Corner)
Artemisia
Gentileschi fu una delle poche pittrici a ottenere riconoscimento in un settore
dominato dagli uomini, e in tempi recenti è stata ampiamente rivalutata e
apprezzata per i suoi soggetti, molto diversi dalle nature
morte o dai paesaggi dipinti di solito dalle donne al tempo. Nacque a Roma l’8
luglio del 1593 e visse tra Firenze, Venezia e l’Inghilterra, ma soprattutto
trascorse la seconda parte della sua carriera a Napoli, dove perfezionò uno
stile caravaggesco, caratterizzato da luci e ombre che esaltano la profondità
dei personaggi.
Proprio come nel
caso di queste due opere, dipinse spesso figure femminili potenti tratte dalla
mitologia greca e romana o dai racconti biblici. Probabilmente la sua opera più
nota è Giuditta che
decapita Oloferne, interpretata come una reazione allo stupro che subì
dal suo maestro di prospettiva Agostino Tassi (peraltro al centro di una
recente mostra al Palazzo Ducale di Genova, accusata di aver spettacolarizzato in una sala la violenza sessuale).
Ercole e
Onfale verrà esposta per circa tre mesi in una mostra dedicata alla pittrice al Getty Museum, e in seguito al museo d’arte
di Columbus, in Ohio. Quando i lavori di restauro saranno completati l’opera
tornerà infine al palazzo Sursock a Beirut. La Maddalena invece
sarà esposta a Napoli fino al 15 giugno.