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Alla conferenza europea di Ventotene per la libertà e la democrazia la premio Nobel per pace Shirin Ebadi

ripreso da “Ponza racconta” del 12 Settembre 2025

Dal 12 al 14 settembre si terrà la Prima conferenza europea di Ventotene per la libertà e la democrazia, organizzata dall’Ufficio del Parlamento europeo in Italia con la collaborazione della Rappresentanza della Commissione europea in Italia. L’evento è promosso dalla Vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno.
Tra gli ospiti presenti  Julija Navalnaya, moglie di Alexei Nalvany, Premio Sacharov del Parlamento europeo e Shirin Ebadi, Premio Nobel per la Pace e simbolo della lotta per i diritti umani e delle donne in Iran (dal sito europa.eu).
 
Presa dalla pagina culturale dell’edizione di ieri de la Repubblica riportiamo l’intervista che Shirin Ebadi ha rilasciato, in occasione di questo suo viaggio in Italia, a  Gabriella Colarusso “La democrazia è un fiore da preservare anche in Europa” .

In arrivo in Italia, dove nei prossimi giorni partecipa alla Conferenza Europea di Ventotene per la libertà e la democrazia e inaugura Pordenonelegge, l’iraniana simbolo della lotta per i diritti lancia un allarme sul pericolo delle autocrazie.


Nel mondo di Shirin Ebadi non c’è posto per la resa. Non ancora 30enne, divenne la prima donna giudice nell’Iran dello scià e quando il khomeinismo la privò della sua carriera e dei suoi diritti, insieme a quelli di milioni di iraniane, decise di battersi per conquistare al suo Paese la democrazia, difendendo la legge contro le distorsioni della sharia.
Il viaggio che l’ha portata nel 2003 a ricevere, prima donna musulmana, il Nobel per la pace, continua ancora oggi sebbene Ebadi sia stata costretta all’esilio dal 2009 per non essere messa a tacere. «Sono convinta che i giovani iraniani scesi in piazza con il movimento Donna, vita e libertà vedranno un Iran democratico», dice. Ma la lotta non è solo a Teheran. «Molti giovani cresciuti in paesi democratici non apprezzano quello che hanno e non si rendono conto che potrebbero perderlo. Questo mette a rischio la democrazia». Ebadi parteciperà alla Conferenza europea di Ventotene per la libertà e la democrazia il 13 settembre e inaugurerà 17 settembre Pordenonelegge con il racconto del suo ultimo libro Finché non saremo liberi. Iran. La mia lotta per i diritti umani (Bompiani).

“Signora Ebadi, negli stati Uniti si aprono processi per reati di opinione. In Israele il governo è sotto accusa per crimini di guerra, che comprendono anche l’uccisione di giornalisti. Paesi considerati democratici mettono sotto scacco la magistratura e l’autonomia dei giudici. La democrazia sta perdendo la sfida con le autocrazie?”

«La democrazia si sta svuotando di significato non solo negli Stati Uniti o in Israele, ma in molti altri paesi, anche europei. E questo è dovuto al fatto che i giovani non credono più nella politica, ne hanno preso le distanze. Essendo cresciuti in paesi democratici non riescono ad apprezzare quello che hanno e non si rendono conto che potrebbero perderlo. Quando una persona può, in ogni momento della giornata, aprire il rubinetto dell’acqua e farsi una doccia senza preoccuparsi di quanto consuma, dimentica il valore dell’acqua. Lo stesso accade con la democrazia, dandola per scontata. E invece è un fiore che va innaffiato costantemente. Non basta votare, bisogna prendersene cura monitorando il lavoro degli eletti, partecipando alla vita pubblica. Al contrario, in Iran i nostri giovani lottano per avere la democrazia che non hanno mai conosciuto».

Quanto sono distanti dal traguardo?

“La distanza che li separa dal ritorno nelle piazze di un movimento grande e capillare come quello di Donna, vita, libertà. La situazione economica del Paese è pessima, le violazioni dei diritti umani sono aumentate moltissimo. Il popolo vive in uno stato di oppressione e il consenso al regime è crollato. C’è una distanza abissale tra chi governa e i cittadini. Se oggi ci fosse un referendum sull’esistenza della Repubblica islamica oltre l’80 per cento degli iraniani ne chiederebbe la fine. Ma perché ciò accada serve un movimento popolare. Sono sicura che qualora ci fossero nuove proteste di piazza come quelle che abbiamo visto dopo l’uccisione di Mahsa Amini il regime cadrebbe.”

Gli iraniani hanno già fatto una rivoluzione, ma non portò democrazia. Non teme che in un cambio di regime possa prendere forma un nuovo governo autoritario, magari di stampo militare?

“La rivoluzione del 1979, è vero, fu rubata. Io stessa, che vi avevo preso parte scegliendo Khomeini, mi resi conto poco dopo dell’errore enorme che avevamo commesso, e cominciai a oppormi a quel nascente regime. Ora le cose sono diverse. Il rischio maggiore è che il regime decida di resistere fino all’ultimo e di uccidere gli oppositori. Ma la maggioranza degli iraniani vuole la democrazia e crede che un referendum sotto la sorveglianza delle Nazioni Unite possa accompagnare una transizione pacifica».

Nell’ultima guerra dei 12 giorni, Netanyahu disse che i jet israeliani venivano a liberare gli iraniani. Lei che da tutta una vita si batte per la libertà e i diritti cosa ha provato sentendo queste parole?

“Ho cercato di dimenticarle perché sono convinta che né Netanyahu né nessun altro governo straniero o intervento militare esterno possano portare la libertà nel mio paese, ma solo altra schiavitù o un governo fantoccio. L’unico modo per passare alla democrazia in Iran è un movimento che conquisti le strade e le piazze. In questo momento il popolo iraniano sta combattendo una guerra su due fronti, da una parte con la Repubblica islamica e dall’altra con la guerra di una potenza straniera».

Sfidando la repressione a un prezzo altissimo, le giovani iraniane sono riuscite a conquistare spazi di autonomia. Anche la sua generazione era scesa in piazza, ma non con gli stessi risultati. Cos’ha questa generazione che la sua non aveva?

«Sanno che con la permanenza di questo regime l’Iran rischia la distruzione. Quando ai miei tempi abbiamo combattuto per la democrazia la situazione del paese non era così disastrosa. L’Iran è ricco di risorse petrolifere e giacimenti di gas naturale, ma in questo momento nella capitale tutti i giorni manca l’energia elettrica per due ore. Gli uffici pubblici lavorano soltanto quattro giorni a settimana per risparmiare. Molte industrie chiudono, l’acqua scarseggia e il governo non riesce a risolvere nessuno di questi problemi. La corruzione è a livelli storici. Non esiste più un potere giudiziario in grado di tutelare i cittadini, un organo di sorveglianza sull’economia iraniana. L’Iran rischia il collasso».


Il libro e gli eventi:

Finché non saremo liberi di Shirin Ebadi è edito da Bompiani (Trad. Alberto Cristofori, pagg. 256, euro 14)

Shirin Ebadi partecipa alla Conferenza Europea di Ventotene per la libertà e la democrazia, sabato 13 settembre (ore 21:30, Belvedere Granili) con l’evento L’Iran dopo la Repubblica islamica, introdotta dalla Vicepresidente del Parlamento Europeo Pina Picierno.

Mercoledì 17 settembre (ore 18.30) inaugura la rassegna Pordenonelegge al Teatro Verdi di Pordenone.