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La moda si fa in due


articolo inserito nella sezione moda

Anche la moda si basa sulle relazioni. Ripensare la moda in due potrebbe essere lo slogan per metterne in risalto gli aspetti positivi. Dalle grandi passerelle, ai gesti quotidiani in grigio, agli estremi di trasandatezza minore, vi è un reciproco influenzarsi. Nessuno se ne può dire indenne. Due spunti di riflessione, molto distanti, due misure molto differenti ci aiutano a riflettere sullo spazio comune che la moda, l’aspetto esteriore, gli abiti possono avere.

Egitto 1923: Sania Shaarawi Lanfranchi, nipote di Huda Shaarawi, ha pubblicato l’interessante biografia  Casting off the Vell. The life of Huda Shaarawi, Egypt’s First Femminist. Huda Shaarawi, la prima femminista egiziana che  osò togliersi il velo nella stazione ferroviaria del Cairo di ritorno da un viaggio in Europa. Nata nel 1879 Huda è divenuta un’icona del suo tempo e le sue vicende sono state raccolte in numerosi volumi sul femminismo islamico. Huda partecipò nel maggio del 1923 a Roma al congresso dell’Alleanza Internazionale per il suffragio femminile. Molte delegate vestivano gli abiti del loro paese. Huda e le sue amiche egiziane, a Roma vestirono all’occidentale e nelle tiepide giornate primaverili romane non indossavano il velo. Dal momento che, a Roma, si era mostrata a viso scoperto che senso aveva tornare a coprirsi? Decise quindi di non indossare il velo al suo rientro in Egitto. Ne parlò con la figlia e con altre donne in Egitto. Queste condivisero il gesto,   approvarono il piano di “svelarsi” ed andarono  ad accogliere Huda al porto di Alessandria, avvertendo la stampa locale. Tornarono  insieme al Cairo e fu proprio lì, nella stazione ferroviaria del Cairo che Huda e le compagne si mostrarono a volto scoperto. Questo gesto fu molto importante per il movimento delle femministe arabe. Non contribuì certo a migliorare la condizione della gran parte della popolazione che viveva in situazioni di povertà estrema, ma viene considerato un gesto fondante per la genesi del femminismo arabo.

Messico 1926: Frida Kahlo in abiti maschili. Una delle più grandi pittrici del novecento. Visse appena 47 anni ed ebbe una vita contrassegnata da sofferenze e malattie che non oscurarono la sua originale bellezza ed austerità. Bellezza derivante dallo straordinario mescolamento, nei suoi tratti, delle origini slave del padre ed indios della madre. A sei anni si ammalò di poliomielite, da cui esitarono danni alle gambe e a 17, in uno scontro stradale, riportò traumi,  fratture, lottò per mesi tra la vita e la morte. Frida si abbigliava in maniera del tutto inusuale. Non doveva certo essere facile farlo, nel centro america degli anni 20. Molti dei suoi quadri sono autoritratti che la ritraggono in abbigliamenti  eccentrici.  Frida diceva: “dipingo me stessa perché trascorro molto tempo da sola e perché sono il soggetto che conosco meglio”. Si dipinse in abiti maschili, con sopracciglia folte e folta peluria sul labbro superiore, quasi a voler sfidare gli stereotipi della donna truccata, levigata della sua generazione. Per tutta la vita Frida lottò per la difesa degli oppressi in Messico e negli altri paesi dell’America Latina. Una grande pittrice, politicamente impegnata, che seppe avere uno sguardo lungimirante sul ruolo della donna e seppe precorrere i tempi: la sua “casa azzurra”, è rimasta intatta, semplice e bellissima come lei, piena di vita e forza interiore, tuttora meta di migliaia di visitatori.

Lucia Rosa Mari