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Socrates

Difficile conciliare sport, cultura, politica ed impegno sociale ? No nel caso di Socrates Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira, detto Socrates, giocatore di Corinthias,  Flamengo e Santos, della nazionale brasiliana e della Fiorentina. Socrates è morto nel dicembre 2011, all’età di 57 anni, a cause delle complicanze della cirrosi epatica, dovuta ad abuso di alcoolici, lasciando un segno indelebile nel mondo del calcio e non solo. Parlare di  Democratia Corinthiana  (1982) non è solo far riferimento a quanto accadeva in quegli anni nel Corinthias, quando tutto veniva discusso nello spogliatoio (dalle scelte del club agli orari degli allenamenti). Democratia Corinthiana è una delle eredità di Socrates, fatta propria da alcuni dei suoi seguaci tra i quali, Washington Olivetti, José da Silva Filho, da chi seppe far si che al calcio si affiancassero l’arte, la politica, la filosofia. Il coraggio di Socrates ha pagato. Lo possiamo verificare a molti anni di distanza da quando il suo “tacco di Dio” ha smesso di meravigliare il mondo sportivo. Ha pagato il coraggio di chi, può piacere o no, ha saputo prendere dei rischi, l’azzardo di uscire dal seminato del solo calcio giocato. Nei momenti difficili Socrates non ha reagito con il pessimismo ma con l’ambizione. Di chi giocava a calcio per vincere e di chi voleva portare parole nuove nel mondo del calcio. Come sempre essere ambiziosi espone di più al rischio del fallimento, della denigrazione. Ma anche di fare qualcosa che rimane.  Nell’irregolarità della sua esistenza, Socrates, ha fatto qualcosa che è rimasto. Nei suoi seguaci, nei suoi tanti ammiratori tornano i ricordi di quando Socrates, sempre sorridente, allegro si perdeva tra le parole, gli amici ed i locali della sua città. Gol, colpi di tacco, birre e sigarette, lui che, da medico, conosceva bene i rischi dell’alcool e del tabacco. Conosceva bene i rischi degli eccessi che lui amava,  di cui sembrava essere incurante. Capitano della nazionale del Brasile dal 1982 al 1986, non è ricordato solo come uno dei giocatori più forti al mondo di quegli anni, ma anche come uno dei giocatori dalla più forte personalità. Capace di essere leader in campo e fuori, capace di mettere insieme calcio e politica, arte, bellezza e filosofia. Non è poco nel mondo del calcio dove, ora come allora, dominano una passione infinita, ma anche interessi economici straripanti, giochi di potere e purtroppo anche comportamenti immorali e corruzione. Con Socrates no. Nel campo di calcio del Corinthias tutto passava in second’ordine, quando  segnava gol bellissimi e, mostrava fantastici colpi di tacco, effettuava passaggi velocissimi, a centrocampo, nonostante fosse alto più di un metro e novanta, non certo un fisico adatto a dei funambolismi.  Giocava sempre così, sempre all’attacco, anche quando, nei campionati mondiali del 1992, il Brasile giocò e perse contro l’Italia “catenacciara”.  Socrates, dopo la partita, da capitano, pose fine alle polemiche affermando: “siamo il Brasile e giochiamo all’attacco”. All’attacco della vita : tre mogli, sei figli, medico, calciatore, aveva una personalità fuori dal comune e rimase sempre fedele a se stesso, fino alla fine, quando gli eccessi della sua vita lo portarono  ad una morte precoce. Quando rifiutò la carica di Ministro dello Sport offertagli dal Presidente Lula, perché “non sono fatto per stare nelle istituzioni, rimango un ribelle”. Aveva, anni fa, predetto che sarebbe voluto morire di domenica nel giorno in cui il Corinthias sarebbe ritornato ad essere campione del Brasile. Per una crudele  combinazione del destino proprio così fu. Socrates moriva, in una clinica in cui era stato ricoverato,  per l’ennesima crisi dovuta alla cirrosi,  di domenica alle 4 del mattino.  In una domenica nella quale il Corinthias tornò a vincere, contro il Palmeiras, il titolo di campione del Brasile. I giocatori in campo lo salutarono a pugno chiuso. I tifosi sugli spalti, tra applausi e lacrime. Il mondo del calcio non dimentica Socrates, i suoi seguaci continuano ad impegnarsi nello sport, nel commercio, nelle arti, nella politica.

Rocco Maria Landolfi