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Intervista a Marinella Gargiulo


Ci racconti  qual è stato il tuo impegno nella scuola ed anche  qualcosa di significativo derivante dalla tua esperienza lavorativa? 
Mi sono laureata in Lettere, indirizzo classico, presso l’Università Federico II di Napoli nel marzo 1971. Ho iniziato a insegnare nell’anno scolastico 1971/ 1972, ma come supplente, perché già in quegli anni nella provincia di Napoli esisteva una difficoltà per l’accesso all’insegnamento per i laureati in lettere (la laurea più inflazionata ) e c’era uno stallo nei concorsi che durò fino al 1976, quando furono espletate le prove di un concorso per la scuola pubblica.  Per i laudatores  temporis acti devo affermare che, per quanto noi studenti dell’università di quei tempi fossimo (forse) più preparati nozionisticamente degli studenti di oggi, eravamo completamente ignari di pedagogia, psicologia e metodologia e il primo impatto che ebbi con gli studenti degli istituti superiori fu traumatico, anche perché la contestazione studentesca dall’università era arrivata alla scuola e i presidi, la cui autorità vacillava per gli attacchi degli studenti, non esitavano a incolpare i docenti di qualsiasi problema di disciplina si presentasse            ( << Lei è incapace di “ tenere” la classe >>). Quindi la prima regola che imparai fu che bisognava cercare di interessare gli alunni ad ogni costo alle lezioni e soprattutto diffidare dei capi, i presidi in questo caso, e della burocrazia, anche perché allora esistevano ancora le note di qualifica. Però, dopo il difficile primo anno di spezzoni di supplenza, ebbi la fortuna di avere per due anni l’incarico annuale nel corso sperimentale della riforma della scuola di II grado dell’ITC “ Diaz ”, con la possibilità di frequentare vari corsi di aggiornamento organizzati dal Ministero, e per un anno l’insegnamento nei corsi delle 150 ore per lavoratori . Nel 1976, poiché mio marito insegnava all’ Università di Cosenza, decisi di fare la domanda in quella provincia ed ebbi l’incarico a tempo indeterminato all’ Istituto Alberghiero di Castrovillari, che distava 70 Km. da Cosenza dove abitavo.   Mi abituai presto al lungo viaggio quotidiano per raggiungere la scuola, ma quello a cui non riuscii mai ad abituarmi, per i due anni in cui restai lì, era il dispotismo del preside che , addirittura, nel maggio 1977 ebbe l’ardire di sospendere nell’acquiescenza generale ( fui l’unica a protestare ) i lavori dei consigli finali  degli esami di qualifica  per vedere , insieme a tutto il consiglio di classe,  la trasmissione delle partite di qualificazione ai mondiali di calcio del 1978, e poi riprendere i lavori  tranquillamente una volta conclusa la partita. Rispetto alla scuola di Napoli,fortemente scossa dal vento della contestazione e dalla nascita in quegli anni dei sindacati della scuola, lì si viveva ancora in un’ atmosfera ottocentesca. D’altronde nella scuola elementare di Quattromiglia di Rende, dove mio figlio ha frequentato la terza e la quarta elementare, la maestra usava la bacchetta per picchiare le mani dei bambini poveri, non certo quelle di mio figlio o dei bambini di famiglia borghese; naturalmente andammo a protestare dal direttore.  Mio marito nel frattempo era ritornato all’università di Napoli ed io, per avere il trasferimento, dovetti accettare la cattedra di Italiano e Storia all’Istituto Nautico di Forio D’Ischia dove rimasi altri due anni. Qui dovetti abituarmi a viaggiare per mare ogni giorno con qualsiasi tempo,le assenze erano giustificate soltanto nel caso che tutti i collegamenti marittimi fossero interrotti, però i ragazzi erano  tranquilli ed educati e tutto sommato mi trovai bene. Poiché non era possibile avere un trasferimento sulla terraferma feci domanda per un comando per l’anno scolastico 1980-81  presso il Provveditorato agli studi di Napoli dove entrai a far parte del Gruppo per l’Educazione alla salute e la prevenzione dalla droga nella scuola e dove sono rimasta, anche quando si è trasformato in Ufficio Scolastico Regionale, fino a che non sono andata in pensione il 31 agosto 2010.  Nel 1990 diventai la  referente per le iniziative scolastiche in materia di Pari Opportunità e nel 2001 entrai a far parte come esperta nella Commissione Pari Opportunità della Regione Campania dove incontrai Lucia.
Dopo la sanità, anche le scuole si stanno “aziendalizzando”;  come è cambiato nel tempo il ruolo dei Provveditorati, dei Presidi e dei Direttori Didattici? Quali sono i punti di forza e di debolezza delle ultime riforme in ambito scolastico?
 Con la riforma Berlinguer del 2000 le scuole ebbero la cosiddetta (perché non completa) autonomia, cioè una serie di poteri in materia di organizzazione della didattica, di ricerca e di sperimentazione funzionali alla progettazione e alla realizzazione dell’offerta formativa. I presidi e i direttori didattici divennero dirigenti scolastici e fanno parte di una sola graduatoria, per cui possono passare agevolmente (su nomina del Direttore Generale) da un ordine e grado di scuola a un altro. I segretari ora si chiamano DSGA (Direttori dei servizi generali ed amministrativi) , sovrintendono ai servizi amministrativo- contabili e ne curano l’organizzazione, hanno autonomia operativa e responsabilità diretta  nella definizione ed esecuzione degli atti amministrativo- contabili di ragioneria e di economato e coadiuvano il Dirigente nelle funzioni organizzative  e amministrative.   Gli Uffici scolastici da provinciali divennero regionali per cercare di uniformarli di più a quelli  degli altri paesi europei. Per quanto riguardo l’ organizzazione dell’USR (Ufficio Scolastico Regionale) potremmo dire che è di tipo piramidale: a capo c’è il Direttore Generale, che è il responsabile di tutte le scuole della regione e ha una funzione  di indirizzo e politica, da lui dipendono i capi degli Uffici Scolastici Provinciali, che egli ha il potere di nominare tra i dirigenti di II fascia del suo territorio, e il cui compito è più amministrativo. I funzionari diventano dirigenti di II fascia attraverso un concorso del MIUR, i direttori generali sono nominati direttamente dal Ministro. A proposito il Ministero della Pubblica Istruzione non si chiama più così , ma Ministero dell’Istruzione e della Ricerca scientifica ( MIUR ), da quando alle scuole private è stata data la parità scolastica. In conclusione nella scuola dal 2000 ci sono stati dei cambiamenti epocali, ma a me sembra in maniera positiva ( anche se non accetto che l’istruzione non sia più pubblica)  e trovo  che tutto il personale scolastico lavora molto di più rispetto al passato e con molta più attenzione alla didattica e al benessere degli alunni.
 Le scuole al Sud funzionano peggio. E’ una diceria o una verità ? Cosa si può fare per migliorare lo stato delle cose;  è un problema politico, sociale o riconducibile alle stesse scuole?
Al Sud non sono le scuole che funzionano peggio, ma è la società e la politica che sono in ritardo rispetto al resto dell’Italia. Abbiamo un problema riguardo all’edilizia scolastica, ma sai che fino a circa venti anni fa (prima che il Presidente Amato Lamberti cercasse di porre riparo a questo andazzo)  la Provincia (nella cui competenza rientrano gli edifici delle scuole superiori) preferiva fittare a costi salati appartamenti  come sedi di scuole per favorire privati, piuttosto che costruire nuovi edifici? Anzi penso che in certi quartieri le scuole sono degli avamposti di legalità e dirigenti e docenti lavorino in maniera eroica rispetto alle pressioni  negative che ricevono dall’ambiente circostante.
Quale pensi possa essere il ruolo della politica e del volontariato per contribuire a migliorare la funzionalità  della scuola oggi?
Tutta l’organizzazione scolastica viene sempre determinata dalle idee  della classe politica che è al potere e può legiferar. Per esempio la riforma Gentile tendeva a creare una scuola elitaria attraverso tutta una serie di esami che dovevano servire da filtro e sbarramento tra un corso di studi e l’altro: l’esame tra la seconda e la terza elementare, quello di quinta e il successivo esame di ammissione alla scuola media, l’esame di terza media, quello dopo i due anni di ginnasio, l’esame di maturità. La riforma Berlinguer mirava ad avvicinare l’Italia agli altri paesi d’Europa e a cercare di rendere la scuola  meno burocratica e rigida rispetto ai bisogni degli allievi e della società. La politica può migliorare la scuola se ne riconosce la centralità e l’importanza nella vita della nazione. Il volontariato  può fare molto se offre occasioni formative, coerenti a quelle che sono le finalità dell’istituzione e dell’offerta formativa delle singole scuole perché, come si affermava qualche anno fa, non serve una scuola di progetti ma un progetto di scuola.
 In Francia stanno ipotizzando, proprio in questi giorni,  di abolire i voti per gli alunni. Che ne pensi?
Il discorso della valutazione degli alunni è molto complesso per cui non mi sembra il caso di esprimermi in maniera favorevole o contraria, piuttosto vorrei citare un’osservazione di Lucia tratta da << Défilé>>, su cui i docenti dovrebbero riflettere molto: << Ogni osservatore/trice che descrive il mondo sta descrivendo sé stesso/a che descrive quel mondo; ogni educatore/trice che descrive la prestazione di un soggetto in formazione, cioè che ne valuta le capacità, non sta misurando qualcosa che sta dentro la sua testa, ma sta esprimendo un giudizio più o meno positivo su una relazione con lui o con lei. L’oggettività  della valutazione offre un alibi a chi non vuole assumersi la responsabilità morale dell’inevitabile soggettività delle proprie scelte >>.

Intervista a cura di Rocco Maria Landolfi