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Tre storie di Francesco

Oggi Francesco, mio caro amico, che ha comprato qualche giorno fa il nuovo iphone, ha venduto on line il suo vecchio iphone. Lo ha acquistato un ragazzo nigeriano. Mio padre stenta a crederci. Il mercato on line è una realtà poco comprensibile ha chi ha più di sessant’anni. Mi ha detto che, se lo aiuto, proverà a vendere il suo vecchio rasoio da barba, visto che se la sta facendo crescere, la barba. Dubito ci riuscirà. Il mercato, reale o virtuale ha sempre le stesse regole: si negoziano i prodotti che vanno di moda, ben pubblicizzati. La comunicazione è solo un mezzo, il fine è sempre uguale: scambiare merci che hanno valore “di mercato”, siano di successo e stimolino la curiosità delle persone. Poi se sono anche validi è pure meglio.  
Qualche mese fa il papa Francesco, venuto da lontano e tanto amato, fece spiccare il volo ad  alcune colombe, dalla finestra di Piazza S. Pietro dove impartisce benedizioni. Drammaticamente comparve un gabbiano che, con la solita naturale voracità,  acchiappò una colomba, ammazzandola al volo, in diretta televisiva. Panico generalizzato. Nel cielo Santo di Roma, la natura, mai pacifista, si prese la rivincita nel modo più cruento. Si sa che il pesce grande mangia il pesce piccolo. Evidentemente anche l’uccello più grande mangia il più piccolo. Di che meravigliarsi. Eppure tutti ci meravigliammo, rimanemmo impressionati dalle immagini in diretta televisiva di cui s’impossessarono subito tutte le tv e i siti web. Il commento sui giornali che, quando non sono online, arriva il giorno dopo,  fu ancora più angoscioso. Quali presagi da cavalcare, quali significati desumere dall’avvenuto sbranamento in diretta? Quali ricadute sulla pace nel mondo? L’Ebola si è sviluppata a causa dell’evento  drammatico ? poi si è saputo che ebola deriva da pipistrelli. Sempre uccelli sono. Forse  Hitchcock, nel suo splendido film “Gli uccelli”,  proprio per questo  li presenta e li narra come divoratori. Nel finale del film li lascia appollaiati un po’ dovunque sui fili elettrici, sui tetti delle case, nei giardini ben curati, mentre i protagonisti del film cercano di salire in auto e di scappare via. Non si è mai saputo come è andata a finire.
Francesco, felice, mi ha detto che va a Londra a perfezionare il suo inglese. Una laurea c’è l’ha. Un lavoro no. Vive in una città del sud e va a Londra come tanti in cerca di miglior sorte. Al peggio tornerà parlando bene inglese. Chi s’immaginava invece che l’italiano è la quarta lingua più studiata al mondo. A leggere i giornali si scopre che russi e asiatici, sempre più numerosi,  imparano l’italiano. Ha un valore commerciale l’italiano? Scarso, basti pensare a quanto valgono “in soldoni” cinese ed inglese. Ha un valore fascinoso e culturale l’italiano? Certo che si. Quindi se la politica si desse una smossa ed investisse risorse, valorizzasse la nostra lingua, forse potremmo arrivare ad insegnare l’italiano, in scuole d’italiano per stranieri, in Italia. O forse  potremmo andare ad insegnare l’italiano in altri paesi del mondo avendo come sponsor, perché no, il nostro Ministero della Cultura, e come Tutor l’Accademia della Crusca. Oppure, più semplicemente, organizzare corsi di buon italiano, in Italia, per i giovani italiani. L’Italia è la patria dei dialetti, simpatici e caratteristici ma non molto più; intanto sono sempre meno le persone che parlano un italiano corretto, fluente come dovrebbe essere. Prima di comunicare occorre anche saper parlare. Imparare a comunicare bene in italiano può essere un marchio di classe, anche nei mercati internazionali

Rocco Maria Landolfi