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Cmq parto in 3no


Buona notizia. Anche i ricercatori dell’Accademia della Crusca non storcono più il naso di fronte al “volgare 2.0” o “neolingua 2.0”, scritti che compaiono sui social network. È il nuovo italiano digitale che non ha nessuna pretesa di minare le fondamenta  della lingua nazionale. Facebook, twitter, whatsApp può darsi che non piacciano o sembrino astrusi, ma ormai sono così diffusi che, non solo i giovani,  adoperano i nuovi idiomi, armeggiano con abbreviazioni ed “emoticon”, faccine ed icone. Elementi che entrano a far parte del nuovo linguaggio, dei messaggi, che soddisfano i requisiti principali dei social network : velocità e brevità. “Sono elementi che diventano parte integrante del messaggio; alla base c’è un assunto : nelle reti sociali la lingua è scritta, ma il flusso di pensiero rimanda al parlato e quindi il registro linguistico è simile al dialogo orale” dicono gli studiosi del settore. Strumenti che servono a trasmettere online un’espressione del volto, il tono della voce, un gesto, per cercare di limitare la confusione che s’ingenera sempre quando si scrive come si parla. Docenti di semiotica dei media, linguisti, ricercatori dell’Accademia della Crusca si confrontano con i linguaggi delle reti sociali e non li respingono più “a priori”. Si confrontano con essi, ne studiano la diffusione, ne criticano i limiti, ma propongono anche aggiustamenti per migliorarne l’uso. Il che è di fatto un’implicita presa d’atto delle innovazioni e cambiamenti che, il volgare 2.0 o volgare digitale, comportano. Gli esperti della neolingua sostengono che bisogna consentire che le abbreviazioni, il colloquiale “a me mi piace”, l’utilizzo dell’imperfetto al posto del congiuntivo o del condizionale,  debbano essere tollerati. In effetti, a ben riflettere,  in nessuna epoca precedente si è assistito a tante persone che invece di parlare “scrivono”. Certo scrivono su una tastiera, abbreviano ed a volte non tengono conto di  regole grammaticali, ma scrivono. Poi i neologismi sono sempre esistiti. Oggi assistiamo a taggare, postare, belloso (bellissimo e favoloso), termini al passo dei tempi; termini che fanno risparmiare tempo e spazio, che velocizzano. Le reti sociali, ben sappiamo, comportano dei grossi rischi, ma sono troppo diffuse, e non solo tra i giovani,  per essere ignorate, troppo volute per essere demonizzate. E poi sono segno di democrazia. Non a caso la loro diffusione è vietata, oscurata,  solo nei paesi del mondo governati da dittature. Non vanno enfatizzate, ma neanche ignorate. È semplicemente impossibile ignorare la loro esistenza. Vanno quindi discusse ed analizzate per poter essere migliorate. Ecco perché ben vengano i contributi critici degli esperti; l’italiano gode di buona salute, è una delle lingue più studiate al mondo, ed è in grado “di adattarsi ai nuovi strumenti della comunicazione” come ci ricordano gli esperti dell’Università Cattolica di Milano. Ad esempio è molto interessante  analizzare  la punteggiatura della neolingua. Nella maggior parte dei casi, abbondano i punti interrogativi o esclamativi, che sono inseriti più volte consecutivamente come a voler esprimere un’emozione.  Abbondano  i puntini di sospensione che, di norma, dovrebbero essere 3. Sui social si arriva anche a 10. Ma, a ben vedere, variazioni sul tema abbreviazioni e punteggiatura sono sempre esistiti. Gli antichi romani usavano abbreviazioni per ragioni simili alle nostre : risparmiare tempo e spazio. Il grande Totò è stato maestro di innovazioni nella punteggiatura, nelle sue lettere e nei suoi filmi : “punto,  punto e virgola, e punto a capo, poi,  se vuoi, perché no,  tra parentesi, con la parentesi, o meglio ancora, con la parente…………..”


Rocco Maria Landolfi