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La giusta sanità


Qualche giorno fa è morta, a Catania, una neonata.  Doveva essere accolta in una  TIN (terapia intensiva neonatale).  Ma negli ospedali di Catania non c’era posto e durante il trasporto in ambulanza, è deceduta. Ancora un dramma in una regione del sud. Una vita che forse poteva essere salvata, una famiglia distrutta, una sanità allo sbando. Adesso assistiamo alle solite procedure del caso : la stampa che s’avventa sulla notizia, la magistratura che apre un’indagine, l’ASL e la Regione che aprono inchieste interne, il Ministero della Salute che manda i NAS e gli ispettori. Cos’altro si potrebbe fare ? Coloro cui spetta prendere le decisioni, anche in materia sanitaria, sono troppo occupati, negli stessi giorni, ad azzuffarsi in parlamento, per accordarsi sulle “riforme istituzionali” che, assolutamente necessarie per modificare le regole del gioco politico/istituzionale, non sono sufficienti a dare risposte ai tanti problemi della vita delle persone. Tra questi certamente la tutela del diritto alla salute, anch’esso costituzionalmente sancito, per i neonati, i bambini, gli adulti, gli anziani. In maniera uguale su tutto il territorio nazionale. In maniera giusta, per tutti. La scienza, la medicina non sono in grado certo di evitare che si muoia, ma hanno fatto progressi enormi, negli ultimi cinquant’anni, in tutti campi, dalla prevenzione, alla clinica, alla chirurgia, dalla ricerca, alla farmacologia. Sanità giusta per tutti, intesa come virtù sociale rappresentata dalla volontà di riconoscere e rispettare il diritto di ognuno mediante il riconoscimento, per ognuno, di quanto è dovuto secondo la legge e la ragione. Dunque, a mio avviso, per giungere ad avere una sanità più giusta e più uguale, occorre migliorare l’organizzazione dei servizi sanitari. Questo è compito, in primo luogo, della politica, a livello nazionale e regionale, poi dei tecnici, dei medici, degli infermieri che operano negli ospedali, nei servizi territoriali, nelle cliniche private.
In un’intervista televisiva, la Ministra della Sanità, al mattino presto,  nel commentare il triste evento di Catania, ha toccato, il tema centrale di ciò che non funziona in sanità, tema del quale parliamo da tempo, anche sulle pagine di questo periodico, e che però non si riesce a risolvere. La Ministra è consapevole che tutto nasce dalla modifica del titolo quinto della Costituzione, quando nel 2001, la gestione della sanità è passata alle Regioni. Dopo 14 anni abbiamo 20 sistemi sanitari in Italia, diversi per ogni regione, con le Regioni del sud, Campania, Sicilia, Calabria e Puglia in particolare,  dove il servizio sanitario nazionale funziona peggio, il sistema dell’emergenza è la prima malata, la prevenzione quasi assente, tanti ospedali sono fatiscenti, le cliniche private sono un doppione del servizio pubblico. La Ministra ha affermato che occorre porre rimedio a tale stato di cose e tornare ad accentrare al Ministero della Sanità una serie di funzioni. Ben venga. Ma quando ? Quanti anni dovremo aspettare affinché il servizio sanitario nazionale torni ad essere più uguale, più giusto ? Si passi dalle parole ai fatti, come si dice in questi casi. Non è poi così complicato. Si tratta di avere coraggio, di far dispiacere qualcuno, ma il risultato nel tempo è garantito. Se non lo fa l’attuale classe politica, fatta per lo più di quarantenni, con una prospettiva di vita lunga, innanzi, chi mai potrà farlo? Occorre smetterla di concentrarsi solo su questioni importanti ma lontane dalla vita dei cittadini. Cominciare a dialogare e trovare soluzioni innovative sulla  tutela della salute, su educazione e cultura. Non si pretende certo che si applichino le quattro virtù cardinali, secondo la dottrina cristiana, “giudicare, premiare, punire, governare con giustizia”, ma si smetta di essere ipocriti sulla vita e la morte delle persone e si faccia rapidamente, qualcosa di utile,  perché i fatti drammatici che si verificano, nelle strutture sanitarie, in particolare al sud, non avvengano più.


RML