Diciamo sempre mestieri.
Quella di avvocato, medico, insegnante è una professione; è di chi esercita
professionalmente un’attività intellettuale. Il termine mestiere è riferito di
più all’attività manuale. Nelle interviste utilizziamo “mestiere” perché
vogliamo non siano trascurate le attività più utili alle persone, anche quelle
più umili, ed intervistiamo donne ed uomini, non quelli dei “grandi studi”, ma
quelli che lavorano mettendo in risalto
gli aspetti etici, relazionali, sociali. Fatta questa breve premessa, ci
vuole tracciare una sua biografia ?
Sono nata a Napoli 42 anni fa, ho frequentato il Liceo
Classico J.Sannazaro e poi mi sono iscritta presso la Facoltà di
Giurisprudenza, Università Federico II di Napoli. Laureata , con 110 e lode, in
una tesi in Diritto dell’Impresa, dal titolo “ Tutela giuridica delle creazioni
di moda”, ho da subito cominciato la pratica forense e contestualmente
l’attività universitaria. Per molti anni sono riuscita a conciliare entrambe le
attività.. entusiasta di poter finalmente mettere in pratica anni di studio. Nel
2003 il Tribunale di Napoli mi ha assegnato una toga d’onore ed, in quello
stesso anno, pur continuando a collaborare, come cultore della materia, con la
cattedra di Diritto civile presso la Facoltà di Giurisprudenza, sottoscrivevo
un contratto di docenza presso la Facoltà di Scienze Biotecnologiche indirizzo
medico e così, per 5 anni, sono stata titolare di cattedra in “ Diritto delle
Biotecnologie”. In quegli anni “correvo” tra il Tribunale e l’Università,
sempre con il timore di non riuscire ad essere “puntuale” ai miei impegni, ma
ne è valsa la pena, perché ritengo che entrambe le esperienze siano state
essenziali per la mia formazione professionale e soprattutto mi abbiano aiutato a crescere. Lo studio continuo, affiancato ad una seria
attività forense sono, oggi, il motivo della mia grande passione per questo
lavoro, che amo profondamente, ma che a volte odio, perché spesso il “diritto”
e la “ giustizia” non riescono ad incontrarsi.
Sappiamo del suo impegno
sociale e nel volontariato. Ci racconta qualche episodio che le è capitato che
ci fa capire che ruolo può giocare il lavoro di avvocato nella difesa di
persone in difficoltà ?
Dal 2004 dedico alcuni momenti della mia attività
professionale a chi vive situazioni di disagio, soprattutto all’interno delle
mura domestiche. Sono, infatti, specializzata in Diritto di famiglia. E’ chiaro
che chi è in uno stato di indigenza spesso ritiene di dover sopportare anche
abusi e violenze, perché nella sua mente quella vita, per quanto terribile ed
umiliante, permette di avere un’apparente casa ,un apparente nucleo familiare.
Denunciare significherebbe perdere anche quel poco. Tanti i volti e le storie
che ho incrociato durante lo sportello legale della solidarietà, vi racconto
quella di Laura (nome di fantasia) e suo figlio Paolo, affetto da ritardo
psicomotorio. Laura, durante i 15 anni di matrimonio, è stata vittima di ogni
tipo di violenza fisica, perpetrata in suo danno dal marito e, a volte,
sottoposta a lunghi ricoveri ospedalieri. Mai, però, ha avuto il coraggio di
chiudere la porta di casa ed andare via con
suo figlio. Dopo ogni aggressione veniva da me per “ gridare” la sua
rabbia, ma allo stesso tempo riusciva a trovare una giustificazione alla
violenza del marito, colpevolizzando se stessa. L’ho ascoltata per ore e sempre
ho cercato di spiegarle che la violenza non ha mai una giustificazione. Un
giorno, però, durante l’ennesima aggressione del marito, il piccolo Paolo si
avventava contro il padre, procurandogli un trauma cranico. Paolo voleva solo
difendere la mamma e lo ha fatto nell’unico modo che conosceva, l’unico modo
che aveva visto usare dal papà: la violenza. Laura veniva da me disperata, ma
determinata a riprendersi la sua dignità.
Quel gesto del figlio l’ha aiutata a capire che continuare a sopportare
angherie e violenze, era ingiusto non solo per se stessa, ma soprattutto per il
suo bambino. Abbiamo intrapreso una vera “ battaglia” legale, tra mille
difficoltà, ma oggi Laura vive nella sua casa, con suo figlio, ed insieme stanno trovando la loro
serenità.Lei continua a ringraziarmi per questa sua nuova “ vita”, le ripeto che il merito è il suo, io mi sono limitata a non lasciarla
sola, a guidarla ed assisterla legalmente.. d’altronde credo sia questo il
compito ed il dovere di un avvocato.
Quali sono le prospettive future, di un
futuro immediato, del suo lavoro ?
Non ho ambiziosi progetti per il futuro, nessuna velleità,
l’unica speranza è quella di continuare a svolgere la mia professione
sempre con lo stesso entusiasmo, impegnandomi nella tutela “ delle persone” e
non “ del più ricco” o “ del più forte”.
Quali sono i primi consigli che le vengono da dare ad un/a
giovane che si è appena laureato in giurisprudenza, che vuole fare l’avvocato,
in special modo se ha l’intenzione di continuare e vivere ed a lavorare in una
città del sud Italia ?
Son certa che una seria pratica forense ed un continuo
aggiornamento professionale, facciano la differenza tra un “ buon avvocato” ed
un “ avvocato”, soprattutto in una
città, come Napoli, che annovera un così cospicuo numero di legali!! Un giovane
avvocato, a mio parere, non può iniziare la sua attività professionale per il
solo desiderio di conseguire facili guadagni, disposto a scendere a compromessi
senza avere rispetto per le ragioni dei propri assistiti.
Non credo esista il
femminile di avvocato. Avvocata viene usata solo in alcune preghiere.
Avvocatessa sembra essere dispregiativo.
Ma al di là dell’uso dei termini esiste una differenza di genere nell’attività
di avvocato ?
La differenza è che
noi donne dobbiamo essere multitasking: donne lavoratrici, mogli, mamme,
cuoche, sarte..! E’ per questo che una professione totalizzante, come quella dell’avvocato,
che non ammette part time, è per una donna oggettivamente più complessa e
faticosa..ma sicuramente non impossibile. Al contempo credo che una peculiarità
di noi che apparteniamo al “ gentil sesso” sia la
passione che sappiamo mettere in ogni cosa, anche nel lavoro; passione che,
però, deve essere mitigata dalla razionalità e dalla cortesia.
Rocco Maria Landolfi