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Le madri di “Plaza de Majo”


Perché le donne della Commissione Pari Opportunità della Regione Campania, nelle giornate dedicate ai “Diritti Umani” (9 – 10 dicembre 2002), rendono visibili la lotta delle donne e delle madri di Plaza de Majo, e proiettano il film di Marco Bechis “Figli” che questa lotta racconta? Desideriamo discutere, specialmente con i giovani e le giovani,  sul fatto che non esiste la neutralità del diritto, non esistono i diritti dell’altro/a indifferenziati. La neutralità del diritto rischia di diventare discorso tecnico, spogliato del principio di umanità, senza il quale nessun discorso attorno ai diritti ha più senso.
Il bisogno di nominare un diritto nasce dalla comunicazione con il corpo vivente dell’altro/a, con il bisogno vivente dell’altro/a, rintracciabile come agire politico in cui riconoscersi. Le Madri di Plaza de Majo, organizzatesi in Argentina dopo il golpe del 1976, in cui scomparvero trentamila oppositori politici, i desaparecidos, non hanno mai smesso di cercare i loro figli scomparsi;  le nonne,  di cercare i propri nipoti, strappati alle figlie al momento del parto e adottati dai carnefici dei loro genitori. Le madri, con la loro tenacia, non delegano alle sole istituzioni, la legittimazione della loro lotta. Da allora, una volta alla settimana, queste madri scendono in Plaza de Majo e continuano a marciare (con un pannolino, proprio quelli che si usano per i bambini, come copricapo) certe che il loro passo non si fermerà fino al raggiungimento della vera indipendenza, quella per cui uomini e donne donarono la vita e la libertà.
L’idea del materno, come invenzione politica, si sta facendo avanti in molte parti del mondo. Noi donne, come dice Luce Irigaray  “mettiamo al mondo qualcosa di diverso dai figli; generiamo qualcosa che non è il bambino, ma amore, società, politica”. Rendere politico un ruolo “quello delle madri”, relegato tutt’oggi in un ambito privato, con tutto quello che comporta, ci fa essere vicine alle madri di Plaza de Majo,  ci fa seguire il loro coraggio perché lo sentiamo vero e simbolicamente significativo anche per noi.  Noi madri di figli che vivono in una società opulenta, consumistica, che spesso dimentica l’importanza del suo valore formativo, ci sentiamo coinvolte e responsabili, preoccupate di non riuscire ad ascoltare, a capire le loro difficoltà, le loro reali esigenze.
Consapevoli, dopo anni di lotte con le donne, rivendichiamo la competenza di aver saputo costruire “società” a partire dalla forza e dalla cura, con cui da sempre abbiamo costruito relazioni, sia esse affettive che lavorative. Tra le relazioni, c’è quella fondamentale,  madre/figlio, madre/figlia. Vogliamo continuare a dialogare anche con voi, alunne, alunni, docenti, presidi, vogliamo continuare ad avere l’opportunità di una riflessione che  inizia dai “figli delle madri di Plaza de Majo”,  per arrivare a parlare anche della scuola,  dei “nostri figli”.  La  condizione dei nostri figli, certamente  meno drammatica, non ci esonera dal compito di curare, come le donne sanno fare, la loro crescita, in una realtà culturale che  mette sempre più a rischio il loro sviluppo.

Lucia Mastrodomenico (dicembre 2002)