Possono
somigliare a racconti, ma possono essere
resoconti di storia vera. Agosto 2015. Sono tre anni che ho abbandonato l’idea
e la scrittura di un diario, la pratica di scrivere sugli eventi più
significativi del giorno o del periodo, quelli che, se non li fissi, ti passano
di mente. Torno a farlo oggi, rendendo
pubbliche alcune mie riflessioni. Se non
scrivi, perdi tutti gli avvenimenti, i
piccoli fatti che contribuiscono a
formare o cambiare il carattere, che ti fanno mutare senza che neanche te ne
accorga. Cambiamo tutti, ci evolviamo, involviamo, diventiamo giovani, adulti,
invecchiamo, cambiamo modi di essere ed agire; non cambiamo il nocciolo duro del nostro io che, col
tempo, acquisisce esperienza,
concretezza ma diviene sempre più conservatore, brontolone e timoroso. Ci
sembra tutto naturale, ma non lo è. È frutto della nostra e/involuzione,
dell’impatto con l’ambiente esterno, dell’influenza della famiglia, del lavoro,
delle relazioni con altri/e, del tempo obbligato e del tempo libero, man mano
che la vita incide tra l’altro, con il peso insostenibile degli inevitabili
lutti. Quando si avanza negli anni si assiste ad un fenomeno fisiologico:
s’invecchia mentre altri muoiono. E’ un
brutto affare; più s’invecchia e più muoiono persone care, affetti che se ne
vanno, chiusura di storie. La memoria è utile, va tenuta viva ed in esercizio,
ma è necessario anche saper dimenticare. Come potremmo sopravvivere, senza
elaborare il lutto, alla perdita di una persona cara? D’altra parte quando incontriamo
un amico, un parente stretto, che non vedevamo da anni e passiamo una serata
insieme, cogliamo i cambiamenti che sono avvenuti negli anni in lui/lei; chi è con
noi, se è ancora interessata a noi, coglie i nostri cambiamenti, avvenuti nel tempo: i peggioramenti, i
miglioramenti, se è aumentata in noi la tristezza, la gioia di vivere, la
capacità di riflettere e comunicare. Siamo cambiati non c’è dubbio, chi non
cambia nel corso di 3, di 5 anni? Sono evidenti i cambiamenti ma non gli
episodi che ci hanno portato a cambiare.
Ecco a che serve scrivere un diario, un pro memoria, una raccolta di episodi
significativi, serve a fissare fatti del giorno; poi,
rileggendoli a distanza di tempo, serve a far tornare alla memoria i
fatti che hanno caratterizzato alcune nostre giornate. Ti ricordi che ti è
successo il 23 marzo del 2012, il 15 giugno del 2013, il 18 novembre 2014?
Certo che no. Non arriva, il cervello umano,
a tanto. Se avessimo un computer al posto del cervello, basterebbe
mettere una password, formulare una domanda corretta e, se, in automatico il PC
avesse memorizzato i dati e le informazioni, non avremmo problemi a scoprirlo.
Ma, per grazia di Dio, non abbiamo un computer al posto del cervello. Siamo
fatti di biologia e materia, ma anche di emozioni, sentimenti, ragione e
follia, incomprensibili sensazioni che determinano il nostro essere, la nostra
persona, la nostra personalità. Tutto quel coacervo di “cose” che, gli esperti
dicono, tendono a dare un senso alla nostra esistenza. Ecco perché è utile
scrivere sugli episodi che caratterizzano alcune nostre giornate, fissare
alcuni accadimenti. Non un diario quotidiano che assomiglia ad un obbligo, ad
una prescrizione medica, una fatica inutile e noiosa. Ma, fissare alcuni
accadimenti, fare una rassegna di quanto d’importante ci accaduto in un mese, può forse
contribuire al difficile mantenimento
del nostro equilibrio psichico. Una
forma di analisi spontanea senza l’aiuto di esperti. Certamente aiuta a
combattere la solitudine che è cosa ben diversa dall’isolamento, aiuta a
riflessioni solipsistiche che, quando eccessive, corrono il rischio di
diventare masturbazioni intellettuali. Ma, fermiamoci al livello base:
scrivere, rappresenta per quanti abbiano tempo e voglia per farlo, un genere di
conforto, un momento di equilibrio.
Ascolto molta
radio ed anche ora, mentre scrivo ascolto la consueta radio tre. Qualcuno,
mentre scrivo, alla radio, ci ricorda che la cultura è tuttora roba
da ricchi, che ai più poveri, a coloro che devono industriarsi per come
sopravvivere, giorno dopo giorno, è di certo più difficile scrivere. Sacrosanta
verità con le debite eccezioni. Allora, si potrebbe insegnare a scuola, ai più
piccoli, perché, come e quando scrivere
un “diario sensato”, una rassegna degli avvenimenti da non dimenticare, una
riflessione scritta utile per sé, ma
forse anche per altri. Un’ esercitazione per la psiche, dai costi molto
contenuti, utile per la sopravvivenza e, talmente semplice, che è molto difficile a farsi.
Lucia Rosa Mari