testata registrata presso Tribunale di Napoli n.70 del 05-11-2013 /
direttore resp. Pietro Rinaldi /
direttore edit. Roberto Landolfi

SUD

Il rapporto SVIMEZ 2015 non aggiunge nulla di nuovo a quanto già sapevamo: il divario tra nord e sud Italia, già molto sostanzioso,  si è acuito nel corso degli ultimi anni. Dati allarmanti. Il Nord (est) Italiano cresce più della Germania, il sud va peggio della Grecia. Inutile ripercorrere la schiera di tutti gli indicatori che rendono documentabile in maniera scientifica la situazione. Basta scorrere tutti i quotidiani d’agosto, nonché i settimanali, per riempirsi gli occhi e la mente d’informazioni, dati, indicatori; a patto di aver ben presente che, come accaduto già altre volte, tra qualche mese non se ne parlerà più.
Riprendo un solo dato, tra i più allarmanti (già presente peraltro nei rapporti SVIMEZ degli ultimi anni) : le nascite al sud sono al minimo da 150 anni. Al sud si facevano più figli nel 1861,  anno dell’unità d’Italia, di quanti se ne facciano ora. Manca la fiducia, la speranza, i progetti, non solo i soldi e l’occupazione. È questa la realtà con cui  occorre fare i conti.
Veniamo ai commentatori autorevoli ed ai loro commenti. Saviano ci ricorda che dal sud se ne vanno perfino le mafie, cioè non i cammoristi e i mafiosi, ma i loro sporchi soldi e finanziamenti; si rivolge al Presidente del Consiglio e scrive “faccia presto, ci faccia capire che intenzioni ha, qui ormai s’è rotto anche il filo della speranza”. Il filosofo Masullo ci ricorda che “nel mezzogiorno invece è sotto gli occhi di tutti come i rappresentanti politici siano sempre e in qualsiasi caso pronti a dividersi e combattersi: è a costoro che il popolo deve intimare di assumere finalmente in solido  le proprie responsabilità”. Lo scrittore ed esponente politico Isaia Sales ci ricorda che “l’economia settentrionale non è mai cresciuta oltre una certa soglia se non cresceva anche il sud; ci sono quindi delle evidenti interconnessioni, pur all’interno di un’economia duale, tra le due parti del paese; se l’Italia vuole tornare ad essere un paese guida deve convincersi che ciò che considera oggi una zavorra può essere domani la sua principale opportunità economica”.
Chiamati in causa quindi, il Premier, gli esponenti politici del sud, gli economisti e gli imprenditori. Il Presidente del Consiglio ha indetto una direzione nazionale del suo partito sul sud, partito che, è bene ricordarlo, per la prima volta, governa tutte le regioni del sud. Ha ribadito concetti che, ormai,  stanno rendendo vecchio anche lui: rottamate la vecchia politica, meridionali non vi lamentate (qui ha ragione, quanto ci si lamenta inutilmente, al sud), rimboccatevi le maniche, fate impresa con i finanziamenti europei. Non si capisce però cosa il governo è disposto a metterci,  per la ripresa del sud, se non le solite promesse, le solite parole roboanti. Pie intenzioni  che, spesso, si sono tradotte in scarsi finanziamenti, in leggi scritte male, difficilmente applicabili. Quindi, opzione Saviano,  per ora,  poco ascoltata dal Premier.
Veniamo ai  rappresentanti politici meridionali ed al loro peso nel governo. A mio avviso, attualmente, esso è assolutamente insignificante. L’attuale classe politica si occupa sempre più del “particolare” in questo caso potremmo dire del “particolare territoriale”,  classe politica a conduzione tipicamente “familista” come nella peggiore tradizione. Essa è caratterizzata da  un governo a trazione tosco-emiliana, che guarda al nord (est) da riconquistare, più che al sud. Il peso dei politici meridionali è divenuto  del tutto marginale. Unica eccezione i 5 stelle, con 4 meridionali su 5 in segreteria (ma forse non si chiama così); troppo poco e troppo poco rilevanti i 5 stelle, per essere significativi. L’opzione Masullo andava bene forse ai tempi dei Sullo, dei De Mita, ora non si intravedono rappresentanti politici in grado di lottare utilmente per il sud, di proporre e realizzare grandi progetti di trasformazione della realtà meridionale.
Che qualcuno, a livello economico o imprenditoriale, si renda conto che,  se non cresce il sud finirà per andare male anche il nord, mi sembra ipotesi molto improbabile. Questa opzione è risultata valida per l’unificazione economica delle due Germanie, dove il divario tra est ed ovest è stato in pratica risolto nel giro di pochi anni. Ma quello fu  il frutto dello spirito e della cultura di derivazione prussiana, caratterizzata da grande coesione nazionale ed, al tempo stesso, capacità di marginalizzare i paesi del mediterraneo, a partire dalla Grecia. Questa condizione di politica economica, attenta ai territori del sud,  è impraticabile nell’Italia dei cento campanili dove, dopo 150 anni, l’unità nazionale è ancora tutta da costruire; dove l’inno di Mameli viene  fischiato sonoramente in quasi tutti gli stadi di calcio (in particolare al sud). Quindi opzione Sales inapplicabile per “impraticabilità del campo”.
Al fine dunque,  poche illusioni, prendiamo atto della realtà, attendiamoci che sempre più giovani (braccia ed intelletti) meridionali vadano altrove; lavoriamo perché le tante cose buone del sud continuino ad esistere e vengano potenziate, smettiamo di chiedere ed impariamo anche noi a prendere ciò che ci spetta.  

RML