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Prima lo stadio poi la guerra



Nel 1990 a Zagabria la partita di calcio tra la Dinamo e la Stella Rossa si trasformò in una guerra. Ad infuocare gli animi fu l’ultras Arkan che divenne in seguito spietato protagonista della guerra in Jugoslavia. Si può dire quindi che la spaventosa guerra dell’ex Jugoslavia, negli anni dal 1991 al 1995,  iniziò in un campo di calcio,  dove gli ultras delle squadre di calcio di Belgrado e Zagabria, i serbi della Stella Rossa ed i Croati della Dinamo, vennero a scontri furibondi sugli spalti; successivamente gli scontri proseguirono, anche in campo, tra i giocatori delle due squadre.
Nel 1991 i serbi della Stella Rossa di Belgrado vinsero la finale di Coppa dei Campioni, contro il Marsiglia, finale che si giocò al San Nicola di Bari. In seguito vinsero anche la coppa del mondo battendo i cileni del Deportivo Colo Colo. Mentre la squadra vinceva la coppa del Mondo, la milizia serba di Arkan uccideva in Bosnia Erzegovina ed in Croazia, contribuendo a far  riaprire, in Europa,  i lager, dove,  in pochi mesi, vennero imprigionate ventimila persone, molte delle quali furono ammazzate. In tutto ciò gli altri stati europei  assistettero inermi allo sterminio della ex Jugoslavia, tra donne violentate, bambini abbandonati, cadaveri sparsi e case ridotte in macerie.
La guerra, iniziata in un campo di calcio, si consumò mentre una squadra dell’ex Jugoslavia vinceva il campionato mondiale per club. Ma di quale Jugoslavia ? Non esisteva più. Così,  prima ancora degli stati indipendenti,  iniziarono a  delinearsi le federazioni ed i vari tornei separati: i campionati di Serbia, Croazia, Bosnia Erzegovina, Slovenia. La nazionale di calcio della Jugoslavia si sciolse nel 1992, alla vigilia dei campionati Europei di calcio. La Jugoslavia, pur avendone diritto, non partecipò alla fase finale degli europei di calcio. Al suo posto andò la Danimarca che, a sorpresa, vinse il titolo Europeo, battendo in finale la Germania per 2 a 0. Sorpresa generale e paradosso della storia.
Tragedie di una guerra devastante (95.000 vittime tra bosniaci, croati, serbi ed altri, a due passi da noi), intrecciati con vicende calcistiche,  di poco conto rispetto alle tragedie della guerra ma, a loro modo, anch’esse emblematiche. Come ci ricorda nel suo bel libro Diego Mariottini (Il comandante Alkan, le curve da stadio e le guerre in Jugoslavia – Bradipolibri), Arkan aveva accumulato, alla fine della guerra, un tesoro di cinquecento milioni di euro. Parte di quel capitale lo aveva investito nella produzione discografica della moglie, stella del turbo-folk ed in una squadra di calcio: l’Obilic di Belgrado che, nel giro di un anno, passò dalla serie B alla conquista del titolo nazionale serbo, vittoria frutto di totalitarismo,  anche nel mondo del calcio. Totalitarismo e violenza che, placati nei primi anni del 2000, tornarono a dare pessima prova di sé nella notte di follia di Marassi, a Genova, nell’ottobre del 2010, in occasione della partita Italia – Serbia, dove gli ultras di Belgrado dimostrarono che sono ancora presenti odio e rancori, violenza e follia distruttiva, pericolosi nazionalismi pronti a riesplodere.


Rocco Maria Landolfi