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Carta stampata in crisi

Dieci anni fa si vendevano cinque milioni di giornali al giorno. Nel 2014 solo 3,5 milioni. Dal 2010 al 2014 i ricavi degli editori sono crollati da 3 a 2,1 miliardi di euro. Nello stesso periodo i ricavi del digitale sono passati da 145 milioni a 204 milioni. Come si vede una perdita netta dei ricavi da carta stampata non compensati dagli aumenti legati ai giornali pubblicati sul web.
Anche i grandi giornali risentono di questa crisi.  Quello che è a rischio, ha scritto, qualche tempo fa l’Autorità per le Comunicazioni,  è il finanziamento dell’intero sistema dell’informazione. L’irrompere dell’informazione via internet ha innescato una spirale negativa, fa notare l’AGICOM: i bassissimi costi di produzione e riproduzione dei contenuti digitali su internet hanno determinato un forte aumento dell’offerta d’informazione, quasi sempre distribuita gratuitamente;  la moltiplicazione degli spazi giornalistici ha avuto effetti negativi sugli investimenti pubblicitari, distribuiti tra moltissimi soggetti; l’enorme disponibilità di informazioni a titolo gratuito ha generato nei consumatori l’abitudine a non dover pagare per leggere le notizie. Questa abitudine sta facendo crollare gli introiti degli editori. I giornali italiani quindi vendevano molte più copie 10 anni fa di quante ne vendono ora. Tutto ciò ha determinato non una crisi dei giornali, ma una crisi dell’intero sistema giornalistico. Il web non ha allargato il mercato ma ha trovato il suo spazio sottraendo quote di mercato agli altri media; come ad esempio ha fatto wikipedia nel mondo delle enciclopedie. I bilanci degli editori confermano che il rapporto costi benefici si è del tutto alterato, con l’aggravante che anche i siti web giornalistici più visitati, delle grandi testate giornalistiche, stanno ricavando molto poco rispetto alle attese iniziali.
Questa crisi non riguarda solo l’Italia. Sono anni che i giornali di tutto il mondo stanno provando ad ampliare i propri spazi di azione sul web: pochissimi possono vantare risultati positivi ed ormai nessuno si aspetta profitti elevati dal web. La prospettiva è quella di un sistema dell’informazione più povero di quello al quale eravamo abituati. Ne consegue che a rischio sono i livelli occupazionali nel settore, ed anche di tutte le imprese che gravitano intorno al mondo dell’informazione.. Qualcuno arriva a paventare che potrebbe essere messa a rischio la stessa capacità di coprire gli eventi, di assicurare un  livello accettabile di qualità dell’informazione, tipico delle democrazie. Se continua questa tendenza possono essere a rischi addirittura  l’indipendenza e il pluralismo dell’informazione.

Rocco Maria Landolfi