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La scrittura 2.0


Il linguaggio dei giorni nostri è un linguaggio universale, ma che al tempo stesso ci riporta al tempo delle caverne. Il linguaggio attuale non può prescindere e non può fare a meno di collegarsi al web 2.0, per questo si è venuta a definire una vera e propria forma di scrittura 2.0 dove disegnini, espressioni felici o tristi, cuoricini o lacrime, la fanno da padrone.
Oramai, si utilizzano migliaia di segni per accompagnare o sostituire una frase, e ad usarli sono proprio tutti,  perché catturano facilmente l’attenzione, anche di chi non costituisce  propriamente un nativo digitale. Ecco perché  si è assistito ad una diffusione cosi di massa delle varie emoticon, diffusione che è diventata virale in moltissimi ambienti, virtuali e non solo.
Gli emoji challenge, ad esempio, sono un gioco dove la persona deve assumere un espressione che, possa somigliare più possibile alla emoticon inquadrata. Un gioco molto diffuso, specialmente sui maxischermi negli intervalli delle partite della NBA.
Cosi paradossalmente, nell’era di Whatsapp, e quindi nella massima espressione dello sviluppo tecnologico, il dialogo torna alle origini. Gli smartphone si utilizzano sempre più per scrivere messaggi, mandare note audio o appunto emoji. Attualmente circa la metà dei messaggi scambiati tramite smartphone contiene emoji. L’Italia è la quinta nazione al mondo per utilizzo.
In realtà la storia di questi emoji, divenuti oggi cosi popolari parte da molto lontano. La maggior parte degli emoji sono simboli pittografici, simili ad emoticon, divenuti popolari in Giappone a fine degli anni 1990. Il nome deriva da 絵 e (immagine), 文 mo (scrittura) e 字 ji (carattere). La loro diffusione inizia tramite l'iPhone,  con l'aggiornamento del firmware 2.2, che ha appunto introdotto il supporto agli emoji. Successivamente gli emoji sono stati introdotti su tutti gli smartphone, principalmente grazie all’utilizzo di terze parti.
Secondo l’Oxford Dictionary, la parola più importante dell’anno 2015 è, un’Emoji sia per la diffusione, sia per la rilevanza comunicativa che essa ha avuto sulle persone, e non c’è da meravigliarsi.


Rocco Maria Landolfi