Solo il celebre e
geniale regista newyorkese, poteva ironizzare su un dato che senza paura di
esagerare si può definire minaccioso. L’allungamento della vita ha infatti contribuito all’aumento della
incidenza del cancro, quindi è proprio vero, la più bella
delle notizie, che in questo tempo ci si augura di sentire è: è benigno.
L’incarico di Responsabile dei
Programmi di Screening è stata l’opportunità più importante che abbia avuto per
misurarmi nella organizzazione di un servizio offerto a tutte le donne di
Napoli, quelle donne, cioè, che trent’anni fa’ mi hanno, a loro insaputa,
riportato a Napoli dopo la parentesi torinese. Lo Screening è un programma di
sanità pubblica che riduce le disuguaglianze all’accesso ai servizi e quindi
colloca l’equità dell’intervento sanitario al primo posto.
La letteratura scientifica
sottolinea che la sopravvivenza per cancro differisce a secondo dello status sociale del
soggetto. La sfida
era e purtroppo è ancora estremamente difficile perché la realtà campana è
problematica e quella napoletana ancora di più, sia per l’estensione del
territorio e per la sua complessità, sia perché manca nel mondo dei
professionisti della salute, quanto tra le donne, la profonda convinzione della
necessità della diagnosi precoce. Credere nella utilità degli interventi di
prevenzione è soprattutto un fatto culturale, ed anche fortemente dipendente
dal contesto economico. Infatti proprio il contesto socio-economico della
nostra regione rende difficile il raggiungimento di uno dei parametri fondamentali per la efficacia di un intervento
di prevenzione, cioè la partecipazione
delle donne. Le classi meno abbienti,
dove alla povertà si associa la esclusione sociale, aderiscono con maggiore
difficoltà agli interventi di diagnosi precoce. Problematiche quali la scarsa
scolarizzazione, il reddito insufficiente, la precarietà del lavoro, a volte anche la mancanza di una abitazione stabile,
rappresentano temi vissuti come più emergenziali se paragonati ad un rischio
percepito come lontano e immaginato come improbabile, in quella sorta di
invulnerabilità dietro la quale ci nascondiamo, tutti, per sfuggire alla paura.
“Anche per il tumore della mammella esistono
numerose evidenze che la probabilità di sopravvivere per una donna appartenente
al gruppo sociale dei soggetti relativamente deprivati è inferiore rispetto a
quella di una donna di classe sociale più elevata. Inoltre, il
differenziale di sopravvivenza tra soggetti svantaggiati e non svantaggiati,
chiamato “ deprivation gap
”, diventa sempre più marcato nel corso del tempo”.
Lo screening, cioè la diagnosi
precoce gratuita del cancro della
mammella e del collo dell’utero rappresenta una opportunità straordinaria
dunque per ridurre la disuguaglianza.
Le difficoltà incontrate nella
organizzazione del Programma sono state molte e molto diverse tra loro. La più
complessa da superare è stata quella che il poeta uruguaiano Edoardo
Galeano definisce la “dittatura del non si può”, che
subdolamente conduce alla rinuncia solo perché condizionata dal contesto,
subordinata da un colpevole quanto incomprensibile immobilismo ed infine sottomessa
ad un improprio uso del tempo. Tutto concorre a rallentare fino a bloccare
l’iniziativa, la volontà, l’entusiasmo, fino al punto in cui è chiaro che
quello che si riteneva essere il Progetto Comune, comune non è.
Pertanto mentre sul fronte sanitario
la difficoltà nell’organizzare il Programma di screening è tutta nell’
immobilismo dei più buoni e nel
disfattismo dei più incoscienti, sul fronte della comunità è invece
nell’abbattere quel pregiudizio così diffuso che esclude le strutture pubbliche
dalla garanzia del requisito e separa le
gratuità dalla affidabilità. La resistenza è ancora tanta, ma
analizzando i dati, constatiamo che le donne che aderiscono, poi restano
fidelizzate al programma.
Quindi cosa manca a questa
macchina apparentemente accurata che non riesce a partire del tutto?
Manca
la giusta informazione alle donne.
Troppe
donne campane e napoletane non danno il giusto peso alla prevenzione. Troppe
ancora le così dette morti evitabili,
cioè quelle morti che colpiscono soggetti per cause che posso appunto essere
evitate grazie ad interventi di
prevenzione primaria o secondaria.
E’
necessario che le donne comprendano che siamo in una specie di epidemia ma,
fortunatamente in molti casi abbiamo la possibilità di guarire, o quanto meno
di limitare i danni ed abbiamo quindi la responsabilità verso noi stesse di
fare qualcosa. Infatti
la morte per Cancro del collo dell’utero
è una morte evitabile perché colpisce
donne in età non avanzata, e può essere prevenuta grazie ad un test non
invasivo e non doloroso come il Pap-test.
Per le donne campane bisogna
realizzare messaggi chiari, pur senza allarmismi; devono essere messe al
corrente che la situazione della incidenza e della mortalità per quei cancri
che colpiscono maggiormente il sesso femminile come quello del collo dell’utero
e ancor di più della mammella, merita una seria attenzione sì da parte della
sanità pubblica, ma soprattutto da parte di loro stesse che rappresentano, per
adoperare un termine tecnico, “il principale gruppo d’interesse”.
Grazie alla diagnosi precoce,
mediante il pap-test il numero di nuovi casi di cancro del collo dell’utero si
è ridotto del 26,5%, purtroppo non è così per il cancro della mammella. Il
nostro meridione e quindi la nostra Campania ha beneficiato di alcuni elementi
protettivi legati alla alimentazione mediterranea, all’uso di materie prime
genuine, alla fecondità anticipata, al numero di figli e all’abitudine di
allattare al seno per periodi lunghi. Considerando il rischio relativo (RR) di
sviluppare cancro mammario uguale a 1 per le donne con un figlio che non
abbiano mai allattato, si osserva una sua riduzione proporzionale al numero di
anni della vita della donna trascorsi allattando. La riduzione stimata è 4.3% ogni 12 mesi
di allattamento. In altre parole più a lungo si allatta meglio è
sia per il bambino che per il seno delle donne. E ancora il rischio
relativo (RR) di sviluppare cancro mammario si riduce di 3% per ogni anno di
riduzione dell'età materna al primo parto. A parità di altri fattori, il RR si
riduce ulteriormente di 7% per ogni parto.
Questo vantaggio è andato via, via scomparendo
determinando una sorta di allineamento con le regioni del Nord, dove invece si
è sempre registrata una maggiore esposizione della popolazione a fattori cancerogeni.
“La relativa protezione
delle donne residenti nell’Italia Meridionale nei confronti del tumore della
mammella è presumibilmente da attribuirsi a una diversa distribuzione dei
fattori di rischio che la differenza, ancora più accentuata nei primi anni
Ottanta, ha gradualmente teso a uniformarsi nel corso del tempo, cosi come si
sta uniformando l’indice di fecondità: nel 1981 era di 2,04 nel meridione
rispetto all’1,28 al Nord e 1,41 al Centro, ma già nel 2005 le differenze si
sono notevolmente ridotte (1,32, al Sud, 1,27 al Centro e 1,32 al Nord)
“Il risultato di queste
tendenze è che la variabilità geografica che si registrava nel 1970 o nel 1990
si va progressivamente azzerando a svantaggio del Meridione, e i livelli di
mortalità nel 2007 risultano molto più omogenei. Se queste tendenze si
mantenessero stabili la mortalità per carcinoma mammario nelle aree del
Meridione potrebbe superare i livelli del Centro-Nord nei prossimi anni. Dal
momento che l’incidenza è ancora inferiore nel Sud Italia rispetto al Nord, il
progressivo annullamento delle differenze geografiche nei tassi di mortalità
per carcinoma mammario suggerisce una prognosi peggiore per le pazienti
residenti nelle regioni meridionali. Questa ipotesi trova conferma nei dati dei
Registri Tumori italiani che, pur con limiti di rappresentatività, evidenziano differenze
significative nella sopravvivenza a 5 anni a svantaggio delle aree del Sud.”. Le donne devono rivendicare, tra i
tanti diritti, quello alla diagnosi precoce e pretendere programmi di screening
di qualità. Facilitare l’accesso ai
servizi di quelle donne che sono inserite in contesti a forte esclusione, è
compito della organizzazione sanitaria, consentire il pieno utilizzo
dell’offerta è fondamentale quanto garantire la qualità della prestazione
diagnostica in senso stretto.
dove
Rosetta Papa