Stefano
Gentile
testata registrata presso Tribunale di Napoli n.70 del 05-11-2013 /
direttore resp. Pietro Rinaldi /
direttore edit. Roberto LandolfiRelazionarsi e mobilitare: le vie del cambiamento
E'possibile cambiare la storia? E' la stessa storia a dirci di sì.
Essa è composta da onde lunghe e decise rotture, deviazioni che ne
modificano irrimediabilmente il corso. L'uomo è l' artefice dei
cambiamenti storici e proprio perché egli ha nelle sue possibilità
la capacità di migliorare il suo avvenire, avrebbe il dovere di
cambiare lo stato corrente delle cose, la forza di creare
mobilitazione, rompere irreversibilmente con un mondo corrotto ed
amorale. Omologarsi alla convenzione, a ciò che incredibilmente
appare ovvio, rispettare ed investire su un potere solo perché tale
non è il modo necessario per intervenire attivamente sulle
problematiche della società, bensì sarebbe auspicabile investire
sul potere che ognuno di noi potrebbe avere se creasse coesione,
relazione nei confronti di un potere ingiusto e solo apparentemente
superiore. E' evidente che il singolo ha forza relativa : il processo
di cambiamento deve sì partire dalla soggettività dell'individuo,
ma per poi manifestare caratteri universali che, solo allora,
potrebbero essere condivisi da altri all'interno della società. E'
la naturale tendenza a collaborare e non ad entrare in conflitto, il
principio in base al quale gli uomini si associano: ci si riunisce
per il bisogno di vivere in comunità. Platone sostiene che la
formazione di una comunità e la divisione razionale del lavoro che
ne segue costituisce una forma embrionale, ma pura, di giustizia,
poiché in questo modo le singole capacità dell'individuo sono
finalizzate al bene comune. Dal suo grande maestro Aristotele
riprende l'idea che l'uomo è naturalmente portato ad associarsi:
egli definisce l'uomo come un "animale politico",
intendendo per politica la vita comunitaria. Solo Dio può vivere
senza la collaborazione degli altri uomini e, invece, chi vive sulla
terra totalmente al di fuori di un contesto comunitario, viene
paragonato ad una bestia, poiché non segue la naturale tendenza
umana. Su questa stessa linea di pensiero, secoli dopo, si colloca il
pensiero spinoziano, secondo cui "l'uomo per l'uomo è Dio";
in aperto contrasto con Hobbes, per Spinoza nulla è più utile
all'essere umano della vita in società, che gli consente di
contrastare al meglio i pericoli che la parte oscura della sua natura
pone alla sua stessa autoconservazione e di procurarsi, molto più
facilmente, ciò di cui ha bisogno. Dal sentimento della comune
natura umana e dalla necessità di creare relazioni affettive, nasce
il concetto di "humanitas" di Terenzio, che si basa sulla
natura essenzialmente buona dell'individuo, il quale , in quanto
uomo, si approccia agli altri con benevolenza e tende a proiettare
sulla sua condizione le vicende altrui, interessandosi ai mali del
prossimo. In Cicerone, tale concetto di "humanitas", pur
evolvendosi, rimane strettamente connesso a valori quali "felicitas"
(disponibilità), "clementia" (dolcezza), e "mansuetudo"
(indulgenza). Anche Seneca, nel "De Vita Beata", giunge a
trattare implicitamente di "humanitas", ascrivendo nella
categoria dei virtuosi coloro che manifestano solidarietà nei
confronti degli altri uomini ( " la natura mi imponeva di essere
di aiuto agli altri uomini" ). In qualsiasi contesto comunitario
diventa necessario esporre liberamente le proprie idee per creare
dibattito costruttivo, anche conflitto se necessario. Relazione in
ogni caso, senza commettere l'imperdonabile errore di far soffocare e
morire gli ideali all'interno dell'individuo che li sostiene. Per
Hegel è proprio il movimento dei venti e l'incontrarsi delle diverse
correnti a salvare il mare dalla putredine. Il progresso nasce
dall'interazione costruttiva. Questa diventa proficua solo se vengono
prese in esame le considerazioni di tutte le componenti che
intervengono nel dibattito, più o meno ampio che sia: pensare a
priori che la propria opinione sia quella giusta e quella altrui
errata, è il primo passo verso la fine di qualsiasi tipo di
relazione umana. Le relazioni sociali tra uomo e donna, giovani e
anziani, diventano basilari in un mondo basato oggi sul narcisismo e
sullo smodato uso di beni naturali. In una società fredda è proprio
lo scambio interculturale fra componenti opposte a poter determinare
il miglioramento della specie umana e quindi della convivenza civile.
Non nascondersi dietro ad un potere e vivere in balìa di esso, ma
cercare una mediazione tra quest'ultimo e democrazia, tra
materialismo e idealismo. E' necessario mettere, quindi, in
discussione i capisaldi sui quali il vivere quotidiano si fonda e
attraverso tale critica arrivare al miglioramento di tutta la specie
umana. Attraverso la storia che evolve in meglio si potranno, forse,
abolire disuguaglianze ingiustificate tra individui di pari dignità
e creare forti relazioni tra quest'ultimi, che non avranno più
bisogno di manifestare tramite i mezzi di comunicazione il loro
narcisismo ed egocentrismo che, nella vita reale e non virtuale e
senza l'utilizzo di uno smartphone, si traduce in difficoltà di
inserimento nella società ed in una rinnegazione totale del proprio
essere umani.