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Il voto per le città: si prenda esempio da Calvino


Romanzo  di un grande scrittore  del 900, Le città invisibili,  viene pubblicato nel  1972.  Non è un caso l’anno di uscita. Il libro nasce durante la prima parte del lungo soggiorno parigino di Italo Calvino, che in quegli anni trascrive le turbolenze del clima culturale francese.
Di realtà non c’è traccia ne “Le città invisibili”. Tutto è mentale, dal rapporto spazio/tempo,  alle città, appunto, “invisibili”.  Nasce da ricordi di viaggi, memorie di città visitate e annotazioni spesso poetiche di impressioni ricevute in un dato momento e in un certo luogo, a seconda degli stati d’animo dello scrittore. “ Il libro – precisa Calvino in una conferenza tenuta a New York nel 1983 – è nato un pezzetto per volta, a intervalli anche lunghi, come poesie che mettevo sulla carta.”  
Marco Polo, immagina  Calvino, presenta a  KublaiKan, imperatore dei Tartari, una serie di relazioni sui suoi viaggi in Estremo Oriente. Prende così corpo la struttura dell’opera che comprende 55 descrizioni di città, tutte chiamate con un nome femminile (Isidora, Dorotea, Zaira, Leonia,  Fedora, Ipazia, Cloe, Ottavia, Smeraldina etc.). Le città descritte da Marco Polo diventano simbolo della complessità e del disordine della realtà;  le parole dell’esploratore appaiono come il tentativo di dare un ordine a questo caos. Perché ciò che Calvino vuole mostrare,  è che le città sono: “l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme”. Quali sono i modi per liberarsene ? : “Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”.
Ma queste città sono anche sogni, come dice Marco Polo: “tutto l'immaginabile può essere sognato ma anche il sogno più inatteso è un rebus che nasconde un desiderio, oppure il suo rovescio, una paura. Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure, anche se il filo del loro discorso è segreto, le loro regole assurde, le prospettive ingannevoli, e ogni cosa ne nasconde un'altra”
I temi affrontati sono diversi e vari: dal tema della memoria a quello del tempo, da quello del desiderio a quello della morte. Calvino invita il lettore a cercare un suo ordine nella vasta materia dell’opera.  Riporta dunque esperienze e congetture, costruendo “una struttura sfaccettata in cui ogni breve testo sta vicino ad altri in una successione che non implica una consequenzialità o una gerarchia ma una rete entro la quale si possono tracciare molteplici percorsi e ricavare conclusioni plurime e ramificate.”
Il punto di partenza di ogni capitolo è il dialogo tra Marco Polo e l’imperatore dei Tartari Kublai Khan. Marco Polo descrive città, immaginarie, frutto della sua fantasia, che colpiscono sempre più il Gran Khan.  Calvino  ha affermato, nella conferenza tenuta a New York, che: “non c’è una sola fine delle Città invisibili perché il libro è fatto a poliedro, e di conclusioni ne ha un po' dappertutto, scritte lungo tutti i suoi spigoli".  Le città impossibili create da Calvino nascono  dall’osservazione della città moderna, della metropoli che tutto copre e tutto ingloba. La città di Leonia rispecchia, forse, meglio di tutte le altre la condizione dell’odierna città. Una città che “rifà se stessa tutti i giorni”, letteralmente schiacciata da uno sfrenato consumismo, causa dei cumuli di rifiuti che la invadono.  Il risultato è che più Leonia espelle roba più ne accumula. Rinnovandosi ogni giorno la città conserva tutta se stessa nella sola forma definitiva: quella delle spazzature di ieri che s’ammucchiano sulle spazzature dell’altro ieri e di tutti i suoi giorni e anni e lustri. Il pattume di Leonia a poco a poco invaderebbe il mondo, se sullo sterminato immondezzaio non stessero premendo, al di là dell’estremo crinale, immondezzai d’altre città, che anch’esse respingono lontano da sè le montagne di rifiuti.”
Città capaci dunque di saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazi.  Reti  entro le quali si possono tracciare molteplici percorsi e ricavare conclusioni plurime e ramificate. Città capaci di non invadere il mondo con il proprio pattume, nelle quali tutto l’ immaginabile possa essere sognato, ma nelle quali anche, le congetture, vengano sottoposte a rigorose confutazioni.   


Lucia Rosa Mari