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Terremoto ed oltre


Era il 31 del mese di agosto. Calitri (*) festeggiava, in maniera inattesa,  S. Lucia.
Festeggiava S. Lucia il giorno prima della festa del santo patrono, San Canio. Una settimana prima, sulla stessa dorsale appenninica un terremoto che, fuori d’Italia, è considerato d’intensità media, aveva distrutto interi paesi, tra Lazio e Marche. Quasi 300 i morti. Nel 1980 un terremoto, d’intensità più o meno simile aveva distrutto molti paesi dell’Irpinia e della Basilicata, stessa dorsale appenninica, solo un po’ più a sud, causando migliaia di morti.
Non è sulla ricostruzione che, in questo scritto, ci si vuole soffermare. La ricostruzione è un “atto dovuto” che, tra lacrime, dolori, partecipazione, implosione di notizie da ipercomunicazione, solidarietà da sms, “deve” avvenire. Può avvenire bene, in tempi rapidi e senza ruberie. Ci sono esempi al riguardo. Può avvenire male, in tempi insopportabilmente lunghi, tra ruberie, tangenti e consuete intromissioni malavitose. Purtroppo ci sono più esempi al riguardo. Ma, la ricostruzione deve avvenire:  se la casa crolla va ricostruita.
Sarà poi proprio vero che i terremoti non si possono prevedere, prevenire? Pare proprio che nulla si possa al riguardo. Nulla, a mio avviso,  di più contestabile,  di quest’ultima affermazione.
Occorrerebbe applicare, anche alla prevenzione dei terremoti, il metodo scientifico che ci ha insegnato l’epistemologo Karl Popper: congetturare per poi confutare, imparare dagli errori. Seguire le “serie storiche” e la geografia degli eventi. Friuli, Emilia, Toscana, Abruzzo, Lazio, Molise, Marche, Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia. Basterebbe applicare la metodologia che adottano gli epidemiologi quando si occupano di ricerca e prevenzione medica, anche alla prevenzione del sisma. Dove avverrà il prossimo terremoto? Con tutta probabilità lungo la dorsale appenninica o in Sicilia, non certo in Brianza. Questo dicono le evidenze scientifiche. Quando? Non è dato sapere. Ma, nel lungo periodo, qualcosa si può, si deve fare, per prevenire gli effetti più devastanti del terremoto.
Girando per le stradine della Calitri vecchia, quasi totalmente ricostruita, si rimane colpiti dalla straordinaria bellezza del luogo. Case addobbate, nei particolari; cortili e cantine fatte di materiali grezzi e pietra; vasi di fiori multiformi, splendidi merletti e rammendi molto curati. La bellezza dei luoghi dell’Italia interna, ben descritta dal paesologo Franco Arminio,  è pari solo alla depressione ed all’abbandono di gran parte di questi luoghi. In agosto la popolazione raddoppia o triplica. Non è  turismo di massa: sono gli emigrati di “ritorno estivo”, i piccoli proprietari di seconde case economicissime. Provate a consultare uno dei tanti siti che pubblicizzano vendite di case: verificherete come un’autovettura di media cilindrata costa più di una casa nel centro storico di Calitri (ma anche di tanti paesi della più volte citata dorsale appenninica). Sono quasi tutte costruzioni vecchie venute su senza alcun criterio antisismico.  C’è il fondato rischio che il prossimo terremoto produca gli stessi drammatici lutti e distruzione,  in assenza di un serio piano di prevenzione.
La classe politica se ne deve rendere conto, ma anche tutti noi. Per mettere in sicurezza le case a rischio di subire un terremoto ci vogliono molti soldi (miliardi di euro), e principalmente molto tempo (più generazioni a detta dell’archistar e senatore a vita Renzo Piano). Ancora una volta quindi non è solo una questione di soldi (quelli tra finanziamenti europei, tassazioni varie etc., da qualche parte si trovano), ma di tempo. Serve un piano quanto meno ventennale. Il politico medio nostrano non è certo lungimirante. Vent’anni sono un impegno enorme: le elezioni, se tutto va bene, si svolgono ogni 5 anni. Dunque, per vincere, alle elezioni, si punta  su: promesse “credibili”, elargizioni (meglio se in euro), inaugurazioni. Chi si impegnerà in un piano ventennale di manutenzioni, i cui risultati, in termini elettorali, andranno al successore o a qualcun altro ancora? L’attuale premier, il più giovane Presidente del Consiglio della storia repubblicana, da poco quarantenne,  ha lanciato il progetto “Casa Italia” che dovrebbe servire a mettere in sicurezza il patrimonio edilizio pubblico e privato. Gli auguriamo che si faccia sul serio da subito. Non commissioni di accademici e ministeriali, capaci, per lo più, di interessanti studi e tante carte; ma esperti che conoscano ed  ascoltino i territori e valorizzino esperienza e cultura locale.
Ribadisco inoltre un’idea/proposta già presentata, in un editoriale di qualche tempo fa,  sulle pagine di questo periodico: si coinvolgano Associazioni, ONLUS che si occupano e gestiscono migranti. Si verifichi la possibilità che il governo acquisti case, nei paesi della dorsale appenninica (visto che costano così poco), le dia in gestione, in comodato d’uso,  a chi ne ha più bisogno, in cambio di ristrutturazioni e lavori di messa in sicurezza antisismica. Oltre alla prevenzione dei terremoti si potrebbero ripopolare tanti paesi ormai semi abbandonati e si farebbe, chi sa, anche felice la Ministra della Salute. Così forse la smetterebbe di fare insensate ed inopportune campagne di promozione della fertilità  del tipo “fate più figli che è un dovere, in particolare delle donne”. Si vedrebbero di nuovo bambini giocare e fare un po’ di casino nelle stradine di tanti paesi interni, collinari, della dorsale appenninica, ormai ridotti a gerontocomi,  dove anche i cani non abbaiano più, per non turbare la quiete.

(*) Calitri è il paese dove era nata Lucia Mastrodomenico e dove, dal 2007, riposa.

Roberto Landolfi